King’s Bounty è una serie di nicchia che, però, ha appassionato parecchie persone per moltissimo tempo, grazie alla sapiente unione tra meccaniche ruolistiche e battaglie tattiche a turni. Il gioco, infatti, si è da subito distinto per la sua peculiare struttura, che univa la classica esplorazione di un mondo di gioco alle battaglie hardcore dove la gestione delle unità diventa fondamentale.
Con questo secondo capitolo numerato, che arriva dopo tantissimi anni (il primo King’s Bounty risale agli anni ’90!) gli sviluppatori sembrano voler modernizzare la formula di gioco, prendendo la filosofia che ha reso la serie unica, ma rendendo tutto meno “di nicchia”. Ecco quindi un’esplorazione più vicina a quella dei giochi di ruolo tradizionali, un’estetica più curata e delle meccaniche spiegate poco alla volta.
Questo King’s Bounty II, quindi, cerca di approcciarsi anche ai giocatori che non hanno mai sentito parlare della serie o degli strategici tattici, rendendo tutto più accessibile, senza rinunciare alla profondità. Ci sarà riuscito?
Un classico fantasy
La storia ci vede nei panni di un protagonista imprigionato per essere stato incolpato di aver attentato alla vita del re. Dopo diverso tempo di prigionia, però, viene liberato a una condizione: indagare su una sorta di piaga magica che sembra portare morte e distruzione, confermando l’inizio di una profezia più oscura.
Il nostro eroe, secondo un misterioso mago, è un vero e proprio prescelto in grado di contrastare questo imminente destino, se cercherà di capire cosa sta succedendo.
Non solo: subito dopo l’uscita di prigione, il nostro protagonista rimane vittima di un attentato, dove dei mercenari cercano di ucciderlo. Questo mistero si aggiunge quindi alla liste di cose da scoprire. Da queste brevi premesse, King’s Bounty II mette in scena una storia epica, con qualche colpo di scena e, in poche parole, apprezzabile da tutti coloro che amano un high fantasy dalle leggere tinte realistiche. Purtroppo, l’atmosfera di gioco pecca di eccessiva genericità, dato che si adagia troppo su classici archetipi di genere in più di un’occasione.
La scrittura delle missioni secondarie, invece, è altalenante. Troviamo infatti alcuni incarichi molto interessanti, che vantano delle sottotrame degne di nota e complesse, in grado di dirci qualcosa di più sul mondo di gioco. In altri casi, invece, siamo di fronte a incarichi banali e privi di mordente, paragonabili a delle classiche fetch quest.
Lo stesso si può dire dei dialoghi della storia principale: pur essendo generalmente interessanti, troviamo rare occasioni dove alcuni aspetti di trama sono discussi in modo sbrigativo, forzando il giocatore a ragionare su cosa stia accadendo. In ogni caso, dalle prime ore King’s Bounty II resta un fantasy epico che, pur non raggiungendo vette narrative di titoli come The Witcher 3 o Mass Effect, riesce comunque a coinvolgere il giocatore appassionato.
La vecchia scuola al giorno d’oggi
Il gameplay di King’s Bounty II ricalca la struttura vista nei precedenti capitoli della serie, che qui però viene migliorata e resa più accattivante a un pubblico moderno. Come sempre, quindi, troviamo l’alternanza di esplorazione e combattimenti tattici a turni.
In modo simile ai precedenti capitoli, l’esplorazione degli scenari si svolge soprattutto su sentieri ben delineati e le varie aree sono spesso limitate da strade ben precise, che occasionalmente si aprono su zone più larghe. Girovagando a fondo, comunque, troviamo spesso sentieri secondari o edifici che nascondono missioni o tesori.
La presenza di strade delineate in modo così rigido, però, potrebbe scontentare gli appassionati di open world, o i giocatori che si aspettano un GDR in stile The Witcher 3. Sia chiaro, King’s Bounty offre parecchie occasioni per perdersi tra i meandri di attività principali e secondarie, tuttavia le varie aree di gioco tendono ad avere dei recinti evidenti.
Gli occasionali enigmi ambientali, poi, sono estremamente semplici e, spesso, vengono superati semplicemente esplorando a fondo gli scenari e recuperando piccoli oggetti sparsi per la mappa. La situazione non migliora nei dungeon, che sono spesso poco elaborati e privi di punti d’interesse. Ci sono alcune occasioni dove si trovano luoghi più interessanti ma, in generale, nulla di sorprendente.
C’è da dire che questa scelta di level design non è necessariamente un difetto ma, appunto, una scelta. Da un lato è una direzione imposta dall’estrema cura riposta nei terreni degli scontri (di cui parleremo a breve) e dall’altra parte richiama anche le struttura dei precedenti King’s Bounty che, chiaramente, era però più limitata.
Al contrario, quando King’s Bounty II propone aree più grandi, il risultato è davvero molto bello. Le città sono davvero interessanti da visitare, grazie a una grande varietà di vicoli, salite, quartieri poveri e ricchi, e ovviamente missioni secondarie. Esplorando a fondo le aree di gioco, poi, ci imbatteremo inevitabilmente in zone più ampie, dove l’esplorazione diventa sempre più ricca. Anche qui non mancano i difetti però, dato che controlliamo un eroe dall’andatura estremamente lenta, che può rendere tediosa l’esplorazione. Anche utilizzare il cavallo è fastidioso, data l’estrema lentezza dell’animazione di salita e discesa.
Arrivati fin qui, è importante fare una precisazione: se hai apprezzato i precedenti King’s Bounty, allora questo secondo capitolo numerato ti piacerà, dato che prende a piene mani dalle classiche caratteristiche che hanno reso famosa la serie. Se però cerchi un titolo più vicino a un GDR tradizionale, allora dovresti tener conto della sua struttura particolare.
L’intramontabile strategia a turni
Come accennato poco fa, la presenza di strade ben delineate è almeno in parte necessaria per offrire degli scontri curati e bilanciati. Avendo un level design così ben definito, infatti, gli sviluppatori hanno potuto piazzare le battaglie in punti specifici, dove il terreno di scontro è stato creato appositamente per offrire determinate sfide tattiche.
In King’s Bounty II, infatti, il terreno influenza grandemente l’esito degli attacchi e delle singole tattiche: edifici alti diventano coperture per arcieri e maghi, le colline possono essere utilizzate per tiri migliori o i dislivelli possono essere superati solo da unità volanti. Queste meccaniche si concretizzano in arene sempre diverse, che costringono il giocatore a ragionare sulle posizioni delle proprie unità e su eventuali strettoie o ripari.
La scelta di posizionare gli scontri in punti determinati e, di conseguenza, di “chiudere” il mondo aperto in sentieri molto ben definiti, si rivela ottima da questo punto di vista, quindi se prendiamo in considerazione l’importanza di creare dei terreni di scontro sempre stimolanti. Certo, il gioco offrirà meno imprevisti e meno libertà di altri congeneri ma questo è bilanciato da sfide più equilibrate.
In ogni caso, ogni battaglia si svolge su una griglia esagonale, dove le unità si spostano. A ogni turno è possibile muovere le proprie unità, attaccare, utilizzare abilità o restare fermi e difendersi. Come ogni GDR che si rispetti, ogni spostamento è influenzato dalle statistiche e dalle peculiarità della singola unità. Per esempio, i cani da guerra possono muoversi prima e per un numero maggiore di caselle rispetto ai lancieri, oppure le aquile possono volare sopra burroni e dislivelli.
Inoltre, tutte le unità sono inserite in tipologie specifiche, che ne influenzano le prestazioni in battaglia e il morale. Questo vuol dire che – in una sorta di versione espansa di carta, sasso, forbici – determinati tipi di soldati sono più efficaci contro altri e spesso vengono uccisi con facilità dalla tipologia di nemico a cui sono deboli. All’inizio di ogni combattimento è infatti possibile osservare le truppe nemiche, in modo da decidere in anticipo la composizione della nostra squadra.
Questa è composta da cinque unità diverse, che possono essere combinate a piacimento, tenendo però conto del loro orientamento. Mettendo insieme soldati dell’ordine contro non-morti, ad esempio, avrò un morale basso, che influirà sulle prestazioni in battaglia.
In pratica, per ogni scontro vale la pena considerare il terreno, i tipi di nemici e i tipi di unità con cui comporre la squadra. In queste prime ore ho già potuto vedere una buona varietà di truppe che, probabilmente, è anche destinata ad aumentare proseguendo nell’avventura. Ciò che colpisce di più, è la necessità di sperimentare e di modificare le proprie strategie, adattandosi continuamente. Un’ottima scelta, che però cozza con un piccolo sbilanciamento: i soldi.
Ogni unità, infatti, viene acquistata di volta in volta e, in caso di morte, deve essere comprata nuovamente. Spesso, poi, le truppe sono molto costose e aggiungerle alla propria squadra non è mai una spesa irrisoria. Al contrario, però, racimolare soldi è un’impresa davvero lenta, spalmata tra attività secondarie, vendita di oggetti e vittoria nelle battaglie (che però non danno troppi soldi). Avere soldi che scarseggiano cozza molto con la struttura di gameplay messa in piedi dagli sviluppatori, che invece spingono la sperimentazione e l’adattamento continuo.
Sarebbe molto meglio ridurre il costo delle unità, in modo da rendere il farming di soldi meno pressante e, di conseguenza, spingendo il giocatore ad acquistare vari tipi di truppe, per sperimentare con la creazione di squadre sempre diverse in base alle varie situazioni. Tutto, in King’s Bounty II, valorizza le battaglie tattiche e un maggior numero di risorse aiuterebbe ancora di più.
Tra tattica e gioco di ruolo
King’s Bounty II, però, è anche un gioco di ruolo. Per gran parte del tempo impersoneremo infatti un protagonista, che poi durante le battaglie verrà sostituito dalle varie truppe. Come in ogni GDR che si rispetti, il nostro personaggio sale di livello e sblocca abilità, che poi torneranno utili nel corso del gioco.
In questo caso, però, le abilità riguardano le nostre truppe, che possono essere potenziate o, in generale, essere influenzate dalla build del nostro eroe. Le abilità sono divise in quattro alberi distinti, corrispondenti ad altrettanti allineamenti ideologici. Tutto questo, però, è collegato a doppio filo con il sistema di moralità del titolo.
Agendo in determinati modi, infatti, porteremo il nostro personaggio a comportarsi in un certo modo e, per estensione, a sbloccare le abilità più avanzate dei vari alberi. L’idea è interessante ma potrebbe spingere i giocatori ad agire in modi che non apprezzano solo per sbloccare determinate abilità che desiderano utilizzare. In pratica, siamo davanti a un’arma a doppio taglio, che limita tantissimo la libertà delle scelte multiple durante i dialoghi.
Peraltro, proprio la classe iniziale del nostro eroe influenza il nostro apporto al combattimento. Ad esempio, scegliere la maga consente di utilizzare potenti magie per influenzare la battaglia. Il guerriero, invece, vanta abilità passive differenti, che aiutano le truppe in altri modi.
In sintesi, King’s Bounty II promette davvero bene, grazie a un gameplay in grado di unire, seppur con qualche compromesso, la strategia a turni con i giochi di ruolo. Ci sono però alcune piccolezze che vanno sistemate per un’esperienza più divertente e accessibile, come il costo eccessivo delle unità e un sistema di moralità che limita in modo eccessivo le scelte nei dialoghi.
Un ottima partenza
Il comparto tecnico di King’s Bounty II è ottimo. Graficamente parlando, il gioco si presenta bene, con scenari pieni di vita, colorati e sufficientemente dettagliati. Purtroppo vanno segnalate anche alcune ingenuità che rovinano in modo evidente la credibilità delle ambientazioni in modo inaccettabile per la generazione corrente: la limitazione degli scenari in sentieri definiti viene spesso affidata a barriere estetiche poco credibili, che rendono fin troppo evidenti le “barriere invisibili” poste al limite della mappa.
Anche in questa versione definitiva persistono alcuni cali di frame nelle aree più cariche di dettagli, che però sono molto rari.
Lo stesso si può dire per le animazioni, dalla qualità altalenante. L’espressività dei personaggi è buona, ma non eccelsa, alcuni movimenti durante l’esplorazione sembrano innaturali ma, al contrario, durante le battaglie vediamo animazioni molto belle.
Il comparto sonoro, allo stesso modo, è altalenante. Il doppiaggio è ottimo, nonostante alcuni doppiatori meno convincenti di altri, e le varie musiche sono sempre adatte alle occasioni, nonostante siano poco memorabili.
Infine, il comparto artistico pecca di eccessiva genericità, dato che si poggia in modo troppo evidente sui classici archetipi dell’high fantasy. Il mondo di King’s Bounty II, di conseguenza, piacerà agli appassionati del genere, ma avrà anche quel sapore di “già visto”.