Lost at Sea fa parte di quel genere di produzioni disposte a sacrificare più di qualcosina dal punto di vista del gameplay per proporre però un impianto narrativo importante e che risulti il vero protagonista dell’intero gioco. Il nuovo titolo dello Studio Fizbin, edito da Headup, non fa quindi eccezione a questa formula, mettendo sul piatto un’avventura che punta prima di tutto sulle emozioni della protagonista cercando anche di coinvolgere il giocatore in prima persona.
Lost at Sea – la storia di Anna, pronta a fare i conti con il suo passato
Lost at Sea inizia in maniera criptica: siamo su una piccola barca a vela diretti vero una misteriosa isola paradisiaca. Una volta sbarcati, la protagonista, Anna, comincia a rendersi conto che molte cose che la circondano sono legate al suo passato: ogni oggetto, ogni piccola costruzione apparentemente insignificante, è in realtà un lascito dei suoi ricordi, di una vita passata costretta ad affrontare adesso il dramma della totale solitudine.
Anche se l’incipit non viene svelato immediatamente, posso dirti che Anna è una donna in tarda età che si ritrova improvvisamente da sola. Adesso vuole andare avanti con la sua vita, ma deve prima fare i conti con il passato e le scelte di una vita che più volte l’hanno posta di fronte al dilemma del “Ho fatto la cosa giusta?“. Questo aspetto psicologico viene letteralmente tramutato in un’avventura narrativa in cui, armati di una speciale bussola, ci ritroviamo ad esplorare questa misteriosa isola carica di ricordi, oggetti ed enigmi tutti legati al vissuto della nostra protagonista.
L’aspetto interessante che si connette direttamente al gameplay è che ogni bioma rappresenta una parte della vita di Anna. La bussola, in questo senso, ha una funzione particolare: per ogni zona dell’isola ci mostra una serie di oggetti che dobbiamo recuperare con l’intento di sbloccare i ricordi della nostra alter-ego e scoprire ogni volta qualcosa di più sul suo passato. Ad esempio, un regalo impacchettato è un ricordo collegato al figlio, che si ottiene rivivendo in prima persona la festa in cui gli è stato consegnato.
Come? Tramite un’enigma. Lost at Sea ha questa straordinaria capacità di mischiare eventi della vita passata di Anna con le logiche di un puzzle game in prima persona. Ecco quindi che per ottenere quel pacchetto regalo abbiamo innanzitutto dovuto risolvere il minigioco che lo riguardava, che peraltro era perfettamente contestualizzato con l’episodio. Non dico altro per non rovinarti la sorpresa, ma si tratta di una trovata che, una volta compresa, ti strapperà un sorriso.
Mi sono soffermato su un momento in particolare per provare a sintetizzarti al meglio ciò che è di fatto l’impianto ludico di questa piccola produzione. In buona sostanza, non si fa altro che esplorare l’isola, “toccare” con mano gli oggetti che rappresentano i ricordi e le scelte di Anna, affrontare il relativo enigma e assistere alle scene animate, splendidamente disegnate a mano, che ci ricostruiscono pezzo per pezzo il puzzle della vita della protagonista.
La progressione non è nulla di sorprendente o mai visto prima, anche perché questo tipo di giochi è ormai particolarmente diffuso nel panorama indipendente e diventa molto difficile distinguersi. In ogni caso, ha un incidere efficace, gli enigmi sono ben studiati e soprattutto, come nel caso che ti ho raccontato, sono perfettamente contestualizzati con il ricordo o l’episodio che vogliono raccontare.
Non c’è solo questo. Per poter finalmente andare avanti con la sua vita, Anna deve prima affrontare le sue paure e le conseguenze delle scelte fatte nel corso degli anni. Queste sono rappresentate in modo animato tramite una misteriosa voce fuoricampo e un’ambiente che comincia ad oscurarsi fino a diventare sempre più buio. È necessario allontanarsi e tornare indietro: vuol dire che non si è ancora mentalmente pronti per affrontare certe paure e determinati episodi del passato e bisognerà tornare più avanti, dopo aver risolto altri enigmi e sbloccato dei ricordi.
Tutto sommato, l’esperienza nel complesso funziona, offrendo una storia dai tratti molto intimi e che in certi frangenti sarà anche in grado di commuovere. La sceneggiatura del resto, sebbene strettamente legata alle vicende di Anna, pare voglia anche parlare del giocatore: aiutarlo ad immergersi in certe riflessioni, a ponderare magari sulle sue scelte di vita ispirandosi a ciò che racconta nel frattempo la protagonista. Una riflessione continua sulla vita, sui ricordi del passato e sui desideri per un futuro migliore, intervallata da divertenti minigiochi e ispirati enigmi.
Parlando invece di aspetti tecnici un po’ più freddini, Lost at Sea pecca dei difetti che solitamente fanno soffrire le piccole produzioni. Sebbene l’aspetto grafico sia più che gradevole, con un’ottimo stile e una buona realizzazione, l‘ottimizzazione lascia un po’ a desiderare, con alcuni cali di frame rate nelle zone più concitate anche con una configurazione moderna.
C’è da rivedere qualcosa anche nei controlli, che ogni tanto si “incastrano” tra un input e l’altro specialmente se giocato con un controller, che in ogni caso viene regolarmente riconosciuto almeno nel caso del pad Xbox, che ho sfruttato di tanto in tanto per la mia prova. Un difetto comunque tranquillamente correggibile con una eventuale patch, visto che ho potuto mettere le mani su un codice pre-lancio magari ancora da ottimizzare.
Infine, l’aspetto sonoro è esaltato da musiche che accompagnano perfettamente ciò che succede a schermo, con una funzione particolarmente efficace ad esaltare l’evento narrato. Più standardizzato invece il gruppo di effetti sonori, nulla di particolarmente esaltante, ma anche qui sufficiente a rendere perfettamente l’ambiente di un’isola misteriosa e carica di ricordi e altrettanto piacevole da vivere con toni quasi rilassanti.
Lost at Sea è disponibile per PC su Steam. Sono già in lavorazione anche le versioni per PlayStation 5 e Xbox Series X/S.