Bentornato su Player One, la rubrica a cadenza settimanale che ispeziona approfonditamente i personaggi più iconici della storia dei videogiochi.
Sono lieto di annunciarti che quello che stai per leggere è il 50° appuntamento di questa rubrica. Un numero importante, senza ombra di dubbio, che attesta che siamo solo arrivati ad una prima grande tappa, ma che non bisogna fermarci… perché il nostro cammino è ancora lungo. Possiamo riposarci un attimo e gioire per essere arrivati a questo traguardo, ma bisogna proseguire per arrivare alla vetta di una simbolica montagna che sembra distante ancora chilometri e chilometri.
La nostra rubrica è una sorta di pellegrinaggio tra le storie dei vari personaggi, la immaginiamo come un lungo corridoio con degli enormi schermi laterali sui quali possiamo vedere approfonditamente ogni singolo aspetto di coloro che ci sono entrati nel cuore e nella mente mentre eravamo col pad in mano.
Tuttavia, sorge spontanea una domanda: una volta arrivati alla fine di questo pellegrinaggio… cosa può essere reputato più importante, il viaggio o la meta?
Per rispondere a questa domanda, immagina di esserti risvegliato in un deserto, privo di memoria e inconsapevole su dove andare. Inizi a camminare e una volta raggiunta la sommità di una duna… Beh, sai cosa? Non immaginare, e continua a leggere. Perché sto per raccontarti la storia di un personaggio che probabilmente non avrà la fama di un affascinante Nathan Drake o di una coraggiosa Lara Croft, ma che mi è rimasto nel cuore e nella mente mentre ero con il pad in mano: il pellegrino di Journey.
Tutto comincia in un deserto
La piccola figura incappucciata si sveglia tra le dune sabbiose di uno sconfinato deserto. Apparentemente senza una valida motivazione o alcun ricordo riguardo il perché si trovi lì, l’unica cosa che gli resta da fare è compiere i primi passi. Non ha idea di quale sia il suo scopo, tantomeno la sua storia, ma con l’incertezza che matura pian piano, il personaggio risale la ripida duna. Una volta in cima, tutto ciò che vede è una montagna la cui sommità è spaccata in due, e proprio da quella fenditura un raggio di luce punta verso il cielo.
La sensazione che percepisce il personaggio è quella di maestosità. E un solo obbiettivo si presenta improvvisamente all’interno della mente del piccolo essere incappucciato: “devo raggiungere quel posto“. Attratto incredibilmente da quella montagna ha quindi inizio il suo lungo pellegrinaggio.
“C’è nessuno?!” cerca di urlare, ma ciò che fuoriesce è solamente una nota lunga e potente. Il deserto è immenso e non se ne riesce a vedere una fine, ma il pellegrino non può desistere già all’inizio ed è per questo che decide di proseguire, fin quando non scorge in lontananza delle rovine.
Prima di arrivare in quel luogo, il pellegrino si imbatte in quelli che sembrano dei pezzi di stoffa che volteggiano in aria grazie all’ausilio di una magia. Questi lo avvolgono e si uniscono a lui creando quella che sarà solo il principio di una lunga sciarpa composta da alcuni glifi che consentono al personaggio di librarsi in aria e venir sospinto dal vento. Una volta giunto alle rovine, queste gli sembreranno appartenere ad una civiltà ormai estinta da tempo. Ma per quale motivo? Qual è stata la causa scatenante di un simile evento?
Davanti a quello che sembra un altare al centro delle rovine, il pellegrino inizia a meditare. Incredibilmente entra in una sorta di stato di trance in cui ha una visione eterea. Si ritrova in uno sconfinato spazio bianco, e davanti gli si presenta una gigantesca figura incappucciata, esattamente come lui, ma del medesimo biancore dell’ambiente circostante. Non ci sono parole tra i due, ma con quella che sembra essere una disperata nota cantata verso l’alto, la figura bianca permette al personaggio di vedere qualche scorcio del passato della civiltà andata in rovina.
Non si capisce molto, dato che tutto viene mostrato al pellegrino nel più assoluto silenzio. Una volta finita la visione dei mastodontici cancelli si aprono dinnanzi a lui, permettendogli di proseguire.
Vieni con me, non so se sono in grado di farcela da solo
Durante il suo pellegrinaggio verso la montagna, la figura incappucciata continua ad attraversare rovine di quella civiltà di cui, pian piano, sembra delinearsi la storia, ad ogni altare davanti cui medita. Come nel primo caso, anche per i successivi, in delle visioni quasi oniriche appaiono le gigantesche figure incappucciate di bianco, e ognuna di esse permette al personaggio di cogliere più informazioni di ciò che è accaduto.
La montagna sembra essere sempre più distante, ad ogni passo che compie il personaggio quella pare allontanarsi. Una sottile nota di scoraggiamento lo assale, fin quando da lontano sente un richiamo, quasi come fosse un’illusione. Mentre dal fascio di luce sulla cima della montagna sembra liberarsi quella che ha tutte le sembianze di una stella cadente, il pellegrino vede qualcun altro sbucare da una duna. Un’altra figura incappucciata che, probabilmente, è smarrito tanto quanto lui.
Cercano in tutti i modi di comunicare, ma nonostante emettano semplicemente delle singole note, sembrano capirsi senza problemi. Tra una nota che può solamente identificare come un “seguimi” e un’altra che può essere “sono qui“, i due riescono a scovare altre creature di stoffa, incredibilmente simili a quelli che possono essere dei veri e propri animali, nei movimenti quanto nei suoni emessi.
Il pellegrino e il suo compagno di viaggio continuano ad inoltrarsi in quel mondo distrutto, tra macerie e città tristemente abbandonate. Durante una rocambolesca scivolata in un mare di sabbia, egli può semplicemente ammirare la desolazione e i resti dell’esistenza di quella civiltà ormai estinta fin quando, insieme al suo compagno, non si ritrovano nella parte più bassa e oscura di quel mondo.
Stai attento, non lasciare che ti prenda!
È esattamente in questo posto buio e desolato che il viaggiatore e il suo compagno hanno la sfortuna di trovarsi di fronte ad un mastodontico golem, risvegliatosi da un sonno probabilmente durato secoli, il quale, inspiegabilmente, sembra essere attratto dai due. Non possono permettersi che questa creatura per niente amichevole, a differenza delle varie creature di stoffa ritrovate nel deserto e non solo, li scopra.
Si nascondono, quindi, procedendo nell’oscurità e sperando di non finire al centro di quella sola fonte di luce emessa dal gigantesco serpente volante. Il terrore sembra avvolgere il personaggio, quando il suo compagno fa qualche passo e viene individuato dalla creatura che si fionda su di lui, sbalzandolo in aria e nutrendosi di quella stessa strana magia di cui era intrisa la sua sciarpa.
Il pellegrino non può far altro che assistere dal suo rifugio, emettendo delle note continue come a voler dire al suo compagno, sopravvissuto all’attacco, di tornare al suo fianco. Una volta tornati insieme, i due si rendono conto che altri golem si sono risvegliati, e in un disperato tentativo di fuga, iniziano una ripida discesa, scivolando sulla sabbia e braccati dalle creature fameliche.
Sembra che sia la fine. Solo pochi metri distanziano i due dai golem, ma proprio quando stanno per essere presi, una barriera composta da pura luce respinge le creature.
Ripreso fiato, i due si dirigono in quella che sembra essere una torre da “scalare“ per raggiungere nuovamente la superficie. Grazie all’aiuto di varie creature di stoffa, tra le quali alcune davvero enormi che ricordano delle balene, i due riescono a raggiungere la sommità. È lì che, davanti ad un altare, in un’ultima visione onirica il pellegrino riesce a capire l’intera storia di quel mondo e ciò che è successo.
Adesso so cosa è successo, ma so anche ciò che mi capiterà
Vi era, in principio, una fonte magica nata esattamente dalla montagna che il pellegrino sta cercando di raggiungere. Quest’ultima è stata in grado di creare la vita in quel mondo, ogni forma di natura tra fauna e flora, rappresentate dalle creature di stoffa, ma non solo: un’antica civiltà che viveva in pace e armonia con la natura. Ma poi qualcosa è cambiato.
Quella fonte di magia è stata utilizzata per costruire città tecnologicamente avanzate, palazzi e strutture che adesso non sono altro che dei relitti. E quando quella antica civiltà è stata sopraffatta dal potere, ha cercato di sfruttare l’arcana fonte magica, fin quando non svanì del tutto. Le creature di stoffa parvero sparire e questo portò al collasso della società, la quale per pura sopravvivenza decise di costruire i golem in grado di dare la caccia alle poche creature magiche rimaste.
Ma non servì a nulla, quella civiltà si estinse e quello stesso progresso che bramava venne sepolto inesorabilmente dalla sabbia. Fin quando, dopo un tempo incredibilmente lungo, non apparve qualcuno: una figura incappucciata di rosso nel mezzo del deserto. Proprio il pellegrino che sta avendo la visione.
Tuttavia la visione non si ferma qui, in quanto il personaggio rivive ogni singolo momento passato dal suo risveglio fino a quell’esatto momento in cima alla torre, per poi avere una breve anticipazione di ciò che avverrà tra non molto: alle pendici della montagna, lui e il suo compagno di viaggio verranno sopraffatti da venti impetuosi. Il pellegrino non può che osservare inerme ciò che lo aspetta, decidendo però di proseguire ugualmente il suo viaggio.
Tutto finisce in una montagna
È così che il pellegrino e il suo compagno raggiungono la montagna. La sabbia del deserto lascia il posto alla gelida e candida neve, e la sensazione di calore che lo ha accompagnato fino a quel momento è stata sostituita dal freddo intenso. Più e più volte i due si imbattono in alcune creature di stoffa, ma troppo deboli per volteggiare e senza alcun potere non possono che precipitare e affondare nella neve.
Altre ancora negano il loro aiuto, preferendo il riparo di un posto caldo anziché uscire allo scoperto. Ma il pellegrino non può arrendersi, nonostante sappia cosa lo aspetta continua la sua scalata insieme al suo compagno, fino a quando l’inesorabile destino, visto nell’ultima visione, li coglie non del tutto impreparati.
“Stammi vicino! Non separiamoci!” è quello che il pellegrino sta cercando di comunicare, ma le note che prima emetteva forti e sonore, adesso sono sempre più deboli.
Ogni passo è sempre più lento, la stanchezza la fa da padrone. Riesce a scorgere un’ultima volta la vetta della montagna, terribilmente vicina ma al tempo stesso inarrivabile prima che questa venga coperta dalle nubi tempestose. Poi, senza più un briciolo di forze, il pellegrino e il suo compagno si accasciano al suolo… apparentemente senza vita.
Tutto sembra essere finito, ma le grandi figure bianche apparse in più occasioni nelle visioni del pellegrino, decidono di fargli un ultimo dono. Apparentemente il pellegrino si risveglia, in piene forze e con uno slancio carico di determinazione e forza magica sfreccia tra le nuvole grigie evitando gli attacchi dei golem, per poi arrivare, finalmente, in un posto magnifico.
Il cielo è azzurro, le creature di stoffa sono libere e in gran numero, l’aria stessa è permeata di quella stessa forza magica che nel deserto sembrava così rara. Ed è così, che librandosi in aria, ritrova il suo compagno, anche lui in ottimo stato. Felice di rivederlo, i due iniziano questa ascesa di una incredibile bellezza, per poi arrivare finalmente nel luogo da loro prefissato: la sommità della montagna.
I due sanno che da quel momento non si rivedranno mai più, ma il loro viaggio è stato unico e il pellegrino sa bene che non poteva chiedere compagno di viaggio migliore. È con questa consapevolezza che i due si dirigono, a passo lento, verso la luce per poi fondersi con essa.
Conclusioni
Journey è un gioco al quale non può essere affibbiata una vera e propria definizione.
Ok, è un’esperienza, ma per ogni persona è del tutto individuale. Il pellegrino è un personaggio che può sembrare privo di caratterizzazione, privo di sentimenti e quindi ti chiederai cosa hai appena letto, dato che ti ho parlato di ciò che provava nel corso della sua avventura.
Beh, non era proprio ciò che provava il personaggio, ma ciò che al 99% dei casi prova il giocatore che prende i controlli del pellegrino. Journey non ha dialoghi, nessuno racconta la storia nei dettagli, tantomeno ci viene spiegato il finale. Il pellegrino è davvero riuscito a raggiungere la montagna, oppure è realmente morto nella gelida neve?
Ogni run è un pellegrinaggio unico. Per un giocatore può essere avvincente, per un altro può essere noioso, ma certamente non è mai tempo sprecato e ce ne rendiamo conto proprio quando, tra le note della traccia “Apotheosis”, stiamo per arrivare in cima alla montagna che tanto abbiamo desiderato raggiungere.
Rieccoci quindi alla domanda iniziale: cos’è più importante, la meta o il viaggio?
Col senno di poi, concludendo il gioco e ripercorrendo a ritroso tutti i luoghi visitati dopo che dalla cima della montagna viene liberata ciò che sembra una stella cadente, ci sentiamo di dire che in assoluto è più importante il viaggio.