Uno dei generi videoludici che al giorno d’oggi potrebbe rientrare tra i più complicati da sviluppare al giorno d’oggi è, a mio avviso, il puzzle game. Non perché debba necessariamente richiedere investimenti particolarmente esosi da parte degli sviluppatori quanto piuttosto perché, un po’ come per gli horror, un puzzle game può contare un pubblico di giocatori che ormai ha visto un po’ di tutto e va stupito in qualche modo, e un’idea originale si rivela sempre l’ideale, ma non può naturalmente fioccare del nulla, anzi, c’è bisogno di molto studio.
Proprio per questo il puzzle game negli ultimi anni tende a prendere il proprio posto come minigioco in produzioni più grandi in maniera più o meno velata (basti pensare che il recente Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin basa il proprio combat system su quella che è letteralmente una morra cinese), oppure deve presentarsi sotto mentite spoglie come nel caso dei due indimenticabili Portal.
Per questo è sempre più raro che un titolo si presenti palesemente come un puzzle game, e quando lo fa deve necessariamente avere dalla sua, come anticipato, un’idea forte e originale alla base, e, soprattutto, deve avere anche stile da vendere! Ed è proprio il caso di Tetragon, l’oggetto di questa recensione, che al netto di qualche difetto, riesce però a proporre un buon passatempo con un’idea tutto sommato originale e capace di proporre costanti variazioni sul tema che riescono quasi sempre a scacciare la noia e a far venire voglia ai giocatori di proseguire la propria esplorazione livello dopo livello fino ad arrivare ai titoli di coda.
Chi nasce quadro… gioca a Tetragon!
Quasi a sorpresa, Tetragon non si limita semplicemente a proporre una serie di enigmi con difficoltà crescente, anzi, in maniera del tutto inaspettata imbastisce una narrazione che, per quanto estremamente semplice, lineare, e a tratti persino prevedibile, accompagna in maniera gradevole il gameplay e si rivela un adeguato filo conduttore tra una serie di enigmi e la successiva.
Tetragon infatti si apre con una breve cinematica che mostra un misterioso bambino che, dopo essersi addentrato in un’oscura foresta scompare del tutto. Subito dopo fa la sua comparsa sulla scena Lucios, il barbuto e nerboruto protagonista che ci ritroveremo a controllare nel gioco. Il legame tra i due personaggi si farà sempre più chiaro man mano che si avanzerà con la trama, portata avanti da qualche dialogo tra alcuni “personaggi” che faranno la propria comparsa nel corso dei livelli, per quanto in realtà risulti abbastanza palese fin dalle prime battute.
Il titolo si preoccupa infatti più di costruire un microcosmo intrigante e con qualche piccolo segreto da scoprire piuttosto che mettere su schermo personaggi profondi o relazioni che riservino sorprese, gli stereotipi la faranno da padrone, ma la cosa non risulta disturbante a conti fatti, dal momento che la trama, come accennato in precedenza, è in realtà un aspetto marginale della produzione, il cui vero e proprio fulcro è invece il gameplay.
Di quadro in quadro, ma non è un museo!
Tetragon dunque si compone di una serie di enigmi di difficoltà crescente, a rendere interessante il titolo è però un’idea di base che lo rende unico: ogni livello di gioco è racchiuso letteralmente in un quadrato, il tutto verrà visualizzato poi come un platform 2D con telecamera laterale e la risoluzione dei vari enigmi subirà costanti variazioni nel corso del gioco perché il protagonista Lucios potrà avvalersi di sempre più abilità.
L’obiettivo principale di ogni livello sarà quello di dover andare letteralmente da un punto A a un punto B, ovvero dal punto di partenza in cui si troverà Lucios fino a una porta che condurrà al livello successivo. Inizialmente, la porta in questione si troverà solitamente sullo stesso piano retto del protagonista quindi, un po’ come accadeva nello storico primissimo Prince of Persia (il platform in 2D, non l’action di casa Ubisoft naturalmente), dovremo semplicemente destreggiarci nei salti tra appigli di varia altezza.
Ben presto però, Lucios farà la conoscenza di uno strano rombo luminoso che, facendogli ritrovare una particolare lanterna, aprirà interessanti variazioni sul gameplay. La lanterna in questione infatti permetterà, in alcuni punti predefiniti, di cambiare la conformazione del terreno, questo particolare, unito alla possibilità di ruotare, tramite specifici cubi, l’intero quadro del livello in corso, metterà costantemente alla prova la pianificazione e il pensiero laterale del giocatore, che per trovare una soluzione adeguata di volta in volta si ritroverà a dover immagine diverse situazioni e sviluppi, talvolta imprevedibili, per ogni enigma.
E non finisce qui! Queste infatti sono solo le variazioni al gameplay che riscontreremo solo nel primo scenario del gioco! Avanzando nei livelli, il nostro protagonista avrà a disposizione sempre più abilità che andranno costantemente a rivoluzionare non solo la conformazione dei livelli, ma anche l’approccio mentale che avremo di volta in volta nei confronti della soluzione, in quanto dovremo utilizzare sempre ogni risorsa per riuscire ad avanzare verso l’enigma successivo.
In questo modo, per quanto Tetragon si ritrovi comunque un po’ a girare su sé stesso nella sezione centrale in cui vengono proposti enigmi un po’ stagnanti e ripetitivi, si riesce tranquillamente ad arrivare alla fine senza essere colti dalla noia. Naturalmente, si devono comunque tenere in conto i limiti di una produzione che di tanto in tanto inciampa su sé stessa con enigmi risolvibili solo tramite particolari escamotage non proprio legati al puro gameplay (per esempio la necessità di dover ricominciare l’enigma in cui si apprende l’abilità di salto in alto, altrimenti irrisolvibile) e che appartiene comunque al genere del puzzle game puro, che potrebbe stancare anzitempo alcuni giocatori.
Una cornice adatta… al quadro!
Come anticipato nella sezione del gameplay, dal punto di vista grafico, Tetragon propone una peculiare scelta stilistica interamente basata sulla figura geometrica del quadrato e, più in generale, su elementi fortemente squadrati e geometrici. Il tutto dona uno stile unico al titolo che, connotato anche da una grafica pixel abbastanza minimale, riesce comunque a mantenere una propria personalità che riesce facilmente a renderlo unico e riconoscibile nel mare di produzioni indie odierno.
Dal punto di vista sonoro invece il titolo rimane di gran lunga più anonimo, sia chiaro, Tetragon non presenta melodie fastidiose o fuori luogo, sono semplicemente dimenticabili. Una sequela di tracce molto minimali nei suoni che hanno il compito di fare da semplice sottofondo senza dover accentuare momenti particolari, ci si potrebbe ritrovare ben presto e senza particolari remore a scegliere di ascoltare altro in sottofondo mentre si sta giocando e l’esperienza non ne risentirebbe particolarmente.
In definitiva, Tetragon è un buon passatempo che intrattiene per qualche ora e, a parte le interessanti trovate grafiche legate a geometrie molto precise, non lascia molto di più nella mente del giocatore. Un titolo che si potrebbe definire “onesto” che basa tutta su un’idea di gameplay interessante e quasi “old school” nel suo proporre una semplice serie di enigmi tuttavia ben collegati da una semplice trama di fondo.