In un periodo dove i vari titoli che stanno sbarcando sul mercato presentano quasi sempre elementi di più generi di gioco, arriva Faraday Protocol ad andare controtendenza, offrendosi come puzzle game nudo e crudo, senza nessun’altra influenza di sorta. Questo non è assolutamente un male, anzi, riesce a dare al titolo una sua personalità ben definita anche se lo rilega solo alla schiera di appassionati del genere o hai semplici curiosi.
L’unica aggiunta che il titolo potrebbe presentare, oltre che alla sua essenza da puzzle game, potrebbe essere il fattore esplorativo, ma anche qui, data la linearità quasi totale dell’esplorazione, non mi sono sentito di inserirlo fra le meccaniche che Faraday Protocol ha da offrire.
Il gioco si basa anche su una trama che servirà per lo più da “giustificazione” per quello che stiamo facendo, ovvero esplorare una colonia spaziale abbandonata in un sistema solare sconosciuto. Purtroppo, anche se con un incipit interessante, la storia si sviluppa molto lentamente rischiando a volte di far dimenticare al giocatore il perché si trova in quella situazione. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa ci offre il titolo sviluppato da Red Koi Box.
Faraday Protocol: storia e ambientazione
Il titoli ci vede vestire i panni di Raug Zeekon, archeologo interstellare del pianeta Cunor che deve indagare su un misterioso segnale anomalo proveniente da una colonia spaziale abbandonata in un sistema solare sconosciuto. Una volta arrivati sulla destinazione, verremo risvegliati da una specie di ibernazione e, mossi i primi passi sul nuovo terreno, avremo la conferma che non c’è la presenza di nessun altro essere vivente.
Iniziando a registrare vocalmente i dettagli della nostra esplorazione, ci ritroveremo in quello che sembra un ambiente simile ad una giungla, con delle costruzioni che ricordano molto quelle di civiltà ormai scomparse come i maya e gli antichi egizi. I richiami a queste antiche civiltà si trovano anche all’interno delle strutture presenti sulla colonia, con statue simili a quelle delle divinità egizie.
Più avanti nel gioco andremo a scoprire altri biomi che però, al contrario del primo, saranno molto meno evocativi anche per il fatto che il gioco si svilupperà quasi per intero dentro le strutture. Qui purtroppo troveremo una ripetitività delle stanze quasi totale nei dettagli, tranne ovviamente quelli che caratterizzeranno gli enigmi da risolvere.
Questo è un po’ un peccato che rende il già poco profondo fattore esplorativo ancora meno interessante, facendo concentrare il giocatore solamente sulla parte puramente della risoluzione degli enigmi. In titoli del genere avere degli ambienti evocativi o solamente ben caratterizzati aiuta molto a spezzare la routine data dal risolvere gli enigmi, ma Faraday Protocol non gode di questo beneficio.
Gameplay e meccaniche
Da buon puzzle game, Faraday Protocol incentra la quasi totalità del suo gameplay sulla risoluzione di diversi enigmi che ci verranno posti mentre avanzeremo nel titolo. La struttura del gioco si può dividere in stanze, ognuna delle quali ci presenterà un rompicapo da risolvere e una volta riusciti nell’opera, potremo accedere alla stanza successiva, senza la possibilità di poter tornare indietro.
Da una parte, questo sistema aiuta molto i giocatori a non perdere tempo inutilmente girando a vuoto e anche a far capire che, tutti gli elementi per risolvere gli enigmi si trovano nella stanza nella quale ci troveremo, dall’altra parte però interrompe drasticamente il fattore esplorativo, incanalando il giocatore su un binario forzato.
La vera “arma” cha avremo a disposizione per risolvere gli enigmi, a parte la nostra mente, sarà una sottospecie di pistola che troveremo a inizio gioco, la quale ci permetterà di avere accesso alla meccanica principale di Faraday Protocol, ovvero il potere di assorbire l’energia trattenendola nella pistola, per poi spararla su altri oggetti e interruttori vari.
È molto interessante come Faraday Protocol sia riuscito a rendere una meccanica così semplice, come l’assorbire energia da una parte per distribuirla su un altro punto, davvero molto intricata e complessa nella risoluzione degli enigmi: ci saranno diverse tipologie di energia, come ad esempio la gialla che servirà per accendere e spegnere alimentatori e interruttori e la blu che invece dovrà essere collocata su due punti per trasportare l’energia.
Oltre questo, saranno presenti delle porte le quali rappresenteranno alcune tipologie di energie, che non potranno essere attraversare se la nostra arma conterrà lo stesso tipo di energia, delle statue col potere di mutare le stesse e altre che le trasporteranno da un punto a un altro. Inoltre avremo la classica abilità di interagire con tasti e interruttori manualmente integrati in meccaniche come l’eseguire una giusta sequenza per aprire passaggi o attivare energie.
Il gioco procederà così fino alla fine e ogni volta che completeremo un certo numero di stanze, scopriremo qualcosa in più su questa civiltà e la loro sorte. Inoltre saranno presenti dei collezionabili da scoprire e raccogliere che andranno anche a spiegare alcuni dettagli della storia.
Tecnicamente parlando
Faraday Protocol graficamente è senza lodi e senza infamia. Gli ambienti interni alle strutture risultano purtroppo molto ripetitivi sia a livello di texture che dei pochi oggetti decorativi. La totale assenza di altri personaggi o esseri in movimento, rende il tutto ancora più anonimo anche se l’obiettivo probabilmente era quello di creare un effetto solitudine.
Il sonoro svolge il compito per casa quanto basta per prendere la sufficienza, stessa cosa per i controlli, semplici quanto basta per compiere tutte le poche azioni che avremo a nostra disposizione. Poteva essere sicuramente fatto meglio il sistema di puntamento il quale, soprattutto con i joycon in modalità portatile, non risulta molto preciso con gli oggetti distanti.
Durante le mie ore trascorse esplorando una colonia spaziale abbandonata, non ho riscontrato nessuna tipologia di bug se non un leggero rallentamento nei momenti degli auto salvataggi.