Se si parla di genere stealth, non si può certo non menzionare Tenchu Stealth Assassins, titolo lanciato per la prima volta nel 1998 in esclusiva per PlayStation. Sviluppato dagli studi di Acquire, che nel corso degli anni ha imparato a specializzarsi in titoli e serie dedicate alla cultura giapponese (oltre a Tenchu, sono molto famosi per Way of the Samurai), il primo Tenchu rappresentava una dimostrazione importante dell’evoluzione dei prodotti più votati alla ragionata infiltrazione che all’azione spicciola che era facile trovare in quei tempi.
Personalmente non ebbi subito l’occasione di giocarlo al lancio: l’ho recuperato qualche tempo dopo, quando mi sono più avvicinato al genere con giochi del calibro di Metal Gear Solid, Thief e Splinter Cell. Ed è stato subito amore. Non solo per l’indubbia qualità della produzione, nonostante il peso degli anni che iniziava a sentirsi un po’ quando cominciai a recuperare la serie, ma come tutto fosse perfettamente calato e contestualizzato con l’affascinante ambientazione del Giappone Feudale.
Tenchu Stealth Assassins, l’arte del ninjutsu
Uno degli obiettivi dello sviluppatore era quello di recuperare in pieno l’arte del ninjutsu: una strategia di guerra non convenzionale focalizzata più sulla furtività e sullo spionaggio che sul combattimento corpo a corpo. Una disciplina tanto cara proprio ai ninja, che veniva insegnata separatamente nelle scuole giapponesi tradizionali, laddove venivano istruiti anche guerrieri di arti marziali.
In tal senso, la decisione di proporre un gameplay di stampo stealth era funzionale allo scopo di dare realismo e veridicità alle sessioni di gioco, ovviamente nei limiti della cosa e dei tempi. Tenchu Stealth Assassins ci metteva nei panni di Rikimaru e Ayame, il cui obiettivo era completare delle missioni per raggiungere un grado onorevole.
Il giocatore aveva la possibilità di scegliere l’uno o l’altro protagonista, con la possibilità di vivere due storyline differenti, con una varietà tra entrambe le campagne davvero notevole. Rikimaru e Ayame si presentavano con degli equipaggiamenti personalizzati, il cui minimo comune denominatore era rappresentato dal rampino, che permetteva di arrampicarsi sui tetti e muoversi liberamente in verticale. Un aspetto interessante riguardava il fatto che alcuni boss reagivano in maniera diversa a seconda del personaggio che controllavamo, per via del genere. Tenchu Stealth Assassins era indubbiamente figlio dei suoi tempi.
In ogni caso, il gioco era costruito su dieci livelli, tutti ambientati in notturna per via dei limiti tecnici di PlayStation: qualcosa che ha comunque aiutato, d’altra parte, a costruire un’atmosfera unica, con il giocatore costretto a fare molta attenzione vista l’impossibilità di vedere molto al di là del suo naso. Una limitazione che, tutto sommato, ha contribuito a creare delle situazioni particolarmente stealth: era sconsigliato avventurarsi alla cieca nel tentativo di far fuori i nemici, vista la scarsa visibilità.
L’obiettivo sostanziale di Tenchu Stealth Assassins era semplicemente quello di infiltrarsi all’interno delle ambientazioni proposte dal gioco, cercando di farsi scoprire il meno possibile considerata anche la difficoltà dei combattimenti, e sfruttando tutti gli oggetti e le armi a disposizione per avere ragione dei nemici.
Ogni livello, che poteva essere ricompletato senza limiti per cercare di ottenere un punteggio migliore, presentava tre layout diversi per la collocazione di nemici, ostacoli e oggetti. Il fallimento della missione comportava la perdita di tutti gli oggetti raccolti, che venivano salvati solo se si passava a quella successiva.
Se invece veniva completata con successo, venivamo premiati con un filmato che ci svelava qualcosa sulla personalità del personaggio e ovviamente un punteggio basato sulle nostre azioni. Generalmente, venivano maggiormente premiate le missioni completate nel minor tempo possibile.
Tenchu Stealth Assassins: il successo della saga dopo il suo lancio
Come spesso accadeva all’epoca, ancor più che nei giorni nostri, il naturale successo di Tenchu Stealth Assassins lo ha trasformato in una saga che ha sfornato ad oggi tre seguiti ufficiali, accompagnati da alcuni spin-off in realtà non altrettanto sfortunati. L’ultimo episodio, Shadow Assassins, lanciato nel 2009 per Wii e PSP non è stato di certo indimenticabile, così come altre interazioni quasi non meritevoli di condividere il marchio con lo storico primo capitolo.
Una cattiveria che puoi trovare eccessiva, ma considerate le potenzialità che aveva il primo Tenchu è stato un gran peccato che i suoi successori, in particolare dopo l’epoca PlayStation 2 e Xbox, non siano stati in grado nemmeno da lontano ad avvicinarsi al capostipite. Non che Tenchu 2 e 3 fossero dei brutti titoli, tutt’altro, ma col passare degli anni e degli episodi non si è più riusciti a mantenere viva la saga, che è infatti è assente da più di dieci anni.
Forse, volendo giocare un po’ con la fantasia, per una sorta di Tenchu moderno potremmo considerare Sekiro: Shadows Die Twice, che per certi versi riprende lo stile del gioco del 1998, con combattimenti feroci, un focus sullo stealth e, perché no, l’utilizzo continuo del rampino. Sono due giochi da anime completamente diverse, ma accomunati da due grandi passioni: il Giappone Feudale e l’eleganza della filosofia ninja.