Recensire un titolo che fa parte di una serie storica che ha definito un genere non è sicuramente facile, soprattutto se non esce un nuovo capitolo da diciannove anni e quella serie porta il nome di Metroid. Ad aggravare il tutto c’è anche l’esserne appassionato da tempo immemore, con un’asticella di aspettative fissata molto in alto.
Metroid Dread arriva su Switch in un anno privo di grandi sorprese dal versante videoludico, complice una nuova generazione di console che ha faticato a ingranare a causa della scarsa reperibilità dell’hardware e titoli slittati per colpa della pandemia.
In questo clima, Nintendo ha annunciato e rilasciato il titolo nell’arco di una manciata di mesi, sottolineando come il progetto fosse in cantiere già da tempo. Infatti, quello che poi sarebbe divenuto Metroid Dread era già nella testa di Sakamoto nel 2005, pensato come un gioco per l’allora neonato Nintendo DS.
Dopo anni di ripensamenti e varie fasi di stand by del progetto, Metroid Dread è stato finalmente realizzato nella propria interezza, dimostrando di avere un carattere a tratti anche inaspettato.
Una volta avviato il titolo veniamo accolti immediatamente dalla schermata iniziale in cui ci viene chiesto di premere un tasto per proseguire, senza prima doverci sorbire una serie di loghi di compagnie e tecnologie soggette a copyright. Può sembrare una cosa banale, ma vedere immediatamente un menù con cui interagire è stata una sensazione piacevole.
Appena selezioniamo uno slot di salvataggio e la conseguente nuova partita, verrà riprodotto un breve filmato che riassume sommariamente gli eventi antecedenti a Metroid Dread. Non si tratta in realtà né di un grande sfoggio di tecnologia né di un buon modo per ripassare la storia di Metroid.
Il video consiste in una breve serie di immagini animate inframezzate da alcune righe di testo. Questa presentazione sotto tono decisamente non aiuta a catturare i nuovi arrivati e a farli entrare nel mood del gioco.
Fortunatamente, dopo poco, la nostra avventura inizia e possiamo ammirare la navicella di Samus sfrecciare tra gli asteroidi, in direzione del pianeta ZDR. Per conto della Federazione Galattica, la cacciatrice di taglie dovrà indagare sulla presenza dei parassiti X e scoprire come mai si sia perso ogni contatto con gli E.M.M.I., dei robot da ricognizione di proprietà della Federazione.
Atterrati su ZDR, veniamo immediatamente attaccati da un’entità sconosciuta che sconfigge la nostra eroina facendole perdere i sensi e i poteri. Il combattimento iniziale infatti, è anche un pretesto narrativo per giustificare il recupero dei potenziamenti della tuta di Samus.
Metroid Dread da una sterzata decisa ai classici controlli della serie
Prendere il controllo del personaggio dopo così tanti anni mi ha lasciato con un sorriso stampato in faccia per un buon quarto d’ora, devo ammetterlo, ma a causare ciò non sono state solamente l’emozione e la nostalgia.
Pad alla mano, i movimenti di Samus risultano dinamici e scattanti come mai sono stati, facendo capire al giocatore fin dal primo istante che Metroid Dread ha tutta l’intenzione di innovare la serie.
Anche la sola introduzione della scivolata, unica abilità iniziale a garantire della mobility, risulta essere un’ottima trovata per svecchiare le meccaniche di gioco. La ciliegina sulla torta sono indubbiamente le varie e fluide animazioni della protagonista, che rendono piacevole anche il semplice correre in giro per le mappe a non fare niente.
Un ulteriore punto focale del gameplay è il parry, già visto in Metroid: Samus Returns, precedente lavoro di MercuryStream. Questa azione, ora eseguibile anche in movimento e in aria, se usata con il tempismo permette di parare gli attacchi nemici ed eseguire un colpo mortale. La meccanica potrà essere utilizzata anche contro i boss, per contrattaccare con efficacia e infliggere ingenti danni.
In questo nuovo capitolo le abilità hanno subito qualche leggera modifica rispetto agli standard della serie, in modo tale da renderle molto più congrue al nuovo stile di gioco. Alcune ad esempio sono disponibili fin dall’inizio, come i missili o la possibilità di aggrapparsi alle sporgenze, altre invece sono state accorpate per una fruizione più rapida.
Nella filosofia perseguita da Metroid Dread non c’è posto per la selezione di abilità o potenziamenti. Tutto deve essere a portata di mano senza dover necessariamente passare tra una serie di menù e spezzare così il ritmo di gioco.
Questa scelta è stata possibile anche grazie ai tasti presenti sul controller di Nintendo Switch, superiori in numero rispetto a quelli di Super Nintendo e ovviamente anche di Game Boy Advance.
L’ordine di acquisizione non convenzionale delle abilità, sempre paragonato ai capitoli in due dimensioni, potrebbe inizialmente spaesare i veterani. Le motivazioni dietro a questa scelta stanno però nel voler offrire un level design nuovo mantenendo però gli elementi peculiari del brand.
Tra gli upgrade di Metroid Dread ho apprezzato sicuramente lo Sprint Istantaneo, Flash Shift in inglese, che permette di eseguire dei dash fulminei in aria e a terra. Questo power up, completamente inedito, garantisce la possibilità di effettuare rapide manovre evasive o di approcciare velocemente i nemici.
La Supercinesi, abilità che permette a Samus di correre a velocità inumane, entra in scena in Metroid Dread nella sua forma migliore. Per la prima volta nella serie è anche disponibile un tutorial in game su come utilizzare lo Shinespark, tradotto con Cometa in italiano.
Durante la Supercinesi, spostando l’analogico sinistro verso il basso, entreremo in uno stato nominato Shinespark. A questo punto, premendo il tasto di salto, verremo sparati nella direzione scelta. Sarà possibile eseguire questa tecnica anche durante la trasformazione nella classica Morfosfera.
Inoltre in Metroid Dread la Supercinesi non viene interrotta se portiamo a termine correttamente un wall jump o una scivolata, permettendo così di superare varie aree in gran velocità. Non è un caso che Shinespark e Supercinesi siano le tecniche preferite dalla community di speedrunner.
Se padroneggiate con efficacia, le abilità in possesso di Samus in Metroid Dread consentono di compiere manovre estremamente diversificate e decisamente appaganti, stabilendo un nuovo standard per la serie 2D.
ZDR, misterioso e familiare allo stesso tempo
L’esplorazione è uno degli elementi cardine di Metroid e dei metroidvania in generale, per questo motivo per MercurySteam era importante dar vita a un mondo nuovo, credibile e interconnesso.
Il pianeta in cui si svolgono le vicende di Metroid Dread riesce bene nello scopo, immergendo il giocatore in un ambiente vivo e spaventoso. Esplorando le aree si avrà la sensazione di star giocando a un vero e proprio Metroid, sensazione che purtroppo era manchevole in Metroid: Samus Returns.
I biomi offerti dal gioco presentano un’ottima varietà però senza avere mai il coraggio per proporre qualcosa di innovativo. Perlopiù avremo modo di addentrarci nelle classiche foreste, zone colme di lava o sommerse dall’acqua, laboratori di ricerca o labirinti ghiacciati. Tutto di ottima qualità, ma niente di mai visto o pienamente originale.
Il level design di Metroid Dread risulta però essere interessante e all’altezza della serie, proponendo quasi sempre sezioni ben strutturate. Alcune mappe sono soggette a cambiamenti che ne mutano il layout, fornendo così nel rivisitarle un’esperienza nuova. Una nota dolente, a mio avviso, sono gli ascensori e i portali che consentono di spostarsi tra le varie macro aree.
Questi collegamenti sono in realtà un modo per nascondere, in un modo nemmeno troppo velato, il caricamento della mappa successiva. Questi caricamenti però non sono cortissimi e spezzano il ritmo di gioco, scoraggiando il giocatore a fare backtracking o a tornare più volte in aree già visitate.
Questo problema di natura tecnica, dovuto probabilmente alle limitazioni hardware di Nintendo Switch, ha avuto degli effetti negativi anche in fase di design. Una mappa unica senza caricamenti, così com’era stata pensata inizialmente, avrebbe giovato al level design generale, permettendo interconnessioni più spinte e stratificazioni migliori.
Per facilitare le cose nell’end game fortunatamente vengono in nostro soccorso i Teleportali. Questi mezzi di trasporto verranno inizialmente utilizzati per spostarsi tra due punti predefiniti e successivamente diventeranno dei portali universali che consentiranno di scegliere la propria destinazione, attenuando il problema dei caricamenti.
La mappa, come negli scorsi capitoli della serie a partire da Super Metroid, viene resa interamente visibile grazie a delle apposite stanze che permettono di scaricare i dati relativi alla zona. In ogni caso le aree visitate anche senza l’ottenimento di questi dati vengono memorizzate e segnate a priori.
Il raccogliere gli oggetti prevede la risoluzione di piccoli enigmi ambientali tramite l’utilizzo delle nostre abilità. Per questo, motivo serbatoi di missili e di energia, non sono semplicemente dei collezionabili i fini a se stessi ma parte dell’esplorazione e dello spirito di Metroid Dread.
Esploratori Mobili Multiforme Interplanetari
La parola Dread nel nome del gioco non è assolutamente casuale e, attraverso la presenza degli E.M.M.I., prende forma in maniera abbastanza concreta e imponente. Queste creature meccaniche si aggirano per i corridoi di ZDR con l’unico scopo di uccidere Samus e prelevare un campione del suo DNA.
La terribile minaccia degli E.M.M.I. deriva dalla loro forza e dalla loro estrema resistenza. Questi robot infatti sono ricoperti da una corazza indistruttibile e entrare in contatto con loro si traduce una morte certa e istantanea.
Una volta entrati nelle zone pattugliate dagli E.M.M.I. l’atmosfera cambia immediatamente. Le luci si abbassano, il contrasto aumenta e un effetto grana pellicola pervade lo schermo, come a simulare la tensione di Samus in quel preciso momento.
In queste sezioni di gioco, il sound design di Metroid Dread raggiunge il proprio apice, enfatizzando il pericolo scaturito dai robot e sottolineando in ogni momento la necessita di fuggire il più rapidamente possibile da quel luogo.
I suoni digitali degli E.M.M.I. durante le fasi di ricerca, il riverbero delle stanze sterili e metalliche, il rumore sordo dei tuoi passi mentre cerchi di capire in quale direzione si trova il pericolo. Anche tutto questo fa parte della sensazione di terrore tanto ricercata da Sakamoto dal 2005 a oggi.
Come ci ricorda Adam, un’intelligenza artificiale di supporto a Samus, le probabilità di sopravvivenza dopo l’incontro con un E.M.M.I. sono l’un percento e questo vuol dire che effettivamente una misera chance di sfuggire la possediamo.
Nel caso venissimo placcati da un E.M.M.I. avremo modo, in una finestra decisamente piccola, di effettuare un parry all’attacco mortale del robot da ricognizione, stordendolo per un attimo. Quest’azione lascerà comunque illeso il nostro aggressore ma ci consentirà di scappare e cercare un nascondiglio.
In alcune situazioni specifiche, grazie a dei potenziamenti temporanei e unici, saremo in grado di surriscaldare la corazza degli E.M.M.I. fino a distruggerla, esponendo così il nucleo centrale delle unità. Solo e unicamente in questo modo potremo sopraffare queste instancabili e letali macchine.
Con il proseguire del gioco, le aree degli E.M.M.I. aumenteranno di complessità e nemici cercheranno di ostacolarci con abilità sempre nuove e pericolose. Ognuna di queste macchine mortali possiede infatti un’abilità distintiva che renderà i nostri tentativi di fuga sempre diversi a seconda del nemico incontrato.
L’intelligenza artificiale di queste unità è calibrata al punto giusto, per questo motivo sfuggirgli risulterà sempre molto appagante, soprattutto nelle fasi più avanzate di gioco. Dopo aver sconfitto un E.M.M.I. ne assorbiremo i poteri e le aree da loro pattugliate torneranno ad avere una regolare illuminazione e saranno pronte per essere esplorate liberamente.
Bossfight e perfezionismo
Le battaglie contro i nemici unici di Metroid sono sempre state impegnative e definiscono sicuramente uno dei punti cardine della serie. Metroid Dread non fa eccezione e, grazie al proprio gameplay fluido e preciso, di regala alcune bossfight veramente memorabili.
Gli attacchi dei nemici sono diversificati e sempre leggibili. Nessuna battaglia è ingiusta solo per il giusto di esserlo ma proporrà una sfida congrua al punto di gioco in cui ti trovi.
Imparare i movimenti dei nemici e capire il modo migliore per contrastarli non è mai stato così appagante e divertente. Grazie alle eterogenee abilità di Samus e al nostro livello di abilità, saremo in grado di avere approcci multipli ai combattimenti con i boss.
I Metroid sono famosi per i sequence break, modi in possesso dei giocatori per saltare intere sezioni di gioco e ottenere abilità prima del tempo. Il level design di Metroid Dread è largamente strutturato con i sequence break in mente, in modo tale da favorirli e fornire ai veterani, o a chi dimostra di avere una peculiare intuizione, diverse strada da percorrere.
Quando affrontiamo Kraid, secondo boss del gioco mostrato ampiamente nei trailer, se abbiamo seguito il percorso canonico non dovremmo essere in possesso delle bombe per la Morfosfera.
Gli sviluppatori hanno però pensato anche a questa eventualità inserendo non solo un’animazione unica di morte del nemico, ma anche un attacco specifico da utilizzare in quella bossfight se si è in possesso delle bombe.
La cura per questi dettagli è veramente superba e può essere osservata anche in altri aspetti del titolo, come ad esempio nelle animazioni di Samus quando si appoggia a un muro o cerca di ammortizzare con braccia e gambe una Cometa diretta verso una parete.
Il titolo, oltre che ai classici boss, presenta anche una nutrita schiera di bossfight intermedie. Questi combattimenti sono ben strutturati e con un buon grado di sfida, ma alla lunga arrivano a sfiorare la soglia della ripetitività.
La difficoltà di Metroid Dread è tarata per essere poco sopra la media e cresce gradualmente, senza però mai risultare frustrante o eccessiva. In ogni caso, se non sei disposto a perfezionare le tue abilità e a superare scontri a difficoltà crescente, forse Metroid Dread potrebbe non fare al caso tuo.
In cosa pecca Metroid Dread?
I membri del team di sviluppo della spagnola MercurySteam sembrano essersi guardati intorno negli ultimi anni. Infatti la software house, per lo sviluppo di Metroid Dread, sembra essersi ispirata alle più recenti manifestazioni del sottogenere dei metroidvania.
Questo possiamo riscontrarlo ampiamente nel sistema di controllo, nella bontà delle animazioni di Samus e nel miglioramento della quality of life generale del titolo rispetto ai suoi predecessori.
Una pecca è però la mancanza di contenuto extra alla fine del titolo. Una delle poche attività da fare rimane, così come nei precedenti capitoli, il completismo di serbatoi di energia e munizioni sparse per la mappa.
I veterani, o i giocatori più perfezionisti, possono dedicarsi al miglioramento dei propri record personali ma non è sicuramente un’attività per tutti. Altri invece avranno interesse nel completare l’avventura in modalità difficile, sbloccabile subito dopo i titoli di coda. Oltre a questo però, non rimane molto altro da fare.
Intendiamoci, la longevità di Metroid Dread è perfettamente congrua agli standard del genere e superiore a quelli della stessa serie. Ciò che dispiace è non vedere il sistema di controllo spinto al limite con sfide opzionali studiate ad hoc.
Anche la mancanza di intere porzioni di mappa facoltative potrebbe risultare un problema per gli amanti dell’esplorazione articolata e degli scenari nascosti.
Un altro aspetto di Metroid Dread che non ho apprezzato, ma qua forse scendiamo nel campo delle pure opinioni personali, è il doppiaggio e la scelta delle voci. In inglese e italiano, le lingue che ho provato personalmente, ho trovato il doppiaggio dei personaggi realizzato in maniera imprecisa, con filtri ed effetti applicati alle tracce vocali decisamente fastidiosi.
Principalmente ho riscontrato questo difetto con la voce di Adam, il cui effetto robotico e metallico della voce è stato concepito in maniera approssimativa. Un dettaglio che comunque non va a inficiare più di tanto sulla qualità del titolo, data anche la quantità esigua dei dialoghi.
Sul versante tecnico Metroid Dread si comporta abbastanza bene rispetto all’hardware su cui è stato sviluppato. In modalità dock la risoluzione del titolo è di 1600×900, mentre in potabilità cala a 720p, una risoluzione comunque perfetta per il piccolo schermo di Nintendo Switch.
Mi piacerebbe parlarti dei 60 fotogrammi per secondo granitici, ma purtroppo in alcune zone, soprattutto quelle con molti effetti a schermo si notano alcuni evidenti cali. Fortunatamente i drop di FPS sono molto rari e non vanno a inficiare poi molto sulla fluidità generale del gameplay. Il gioco fortunatamente rimane stabile per la maggior parte del tempo.
Trovo importante sottolineare, soprattutto visto la piega che sta prendendo il mercato, che Metroid Dread non ha avuto bisogno di alcuna patch day one per funzionare o per correggere errori all’ultimo minuto. Durante tutta la mia prima partita, e oltre, non ho riscontrato alcun tipo di bug o glitch e questo è indubbiamente un aspetto da premiare.
Infine, Metroid Dread è un titolo che risulta divertente e impegnativo, che non sfigura se posto al fianco dei propri predecessori. Ciò che manca al gioco è però un ulteriore passo in avanti e il coraggio non solo di innovare ma anche di rivoluzionare.
Dopo diciannove anni di attesa, le alte aspettative sono state soddisfatte quasi nella loro totalità. L’unico rammarico per ogni appassionato è di avere fra le mani un buon gioco ma non un titolo in grado di fare scuola ancora una volta.