Dap è un piccolo gioco horror adventure rilasciato su Steam il 29 settembre 2021. Il titolo rappresenta l’opera prima di Melting Parrot, una casa di sviluppo indipendente composta da due soli sviluppatori: alla luce dell’ottima qualità del prodotto, il risultato è quindi ancora più encomiabile considerando lo staff ristretto. Questo indie game è infatti un piccolo gioiellino dell’orrore, capace di creare atmosfere incredibili e momenti di estrema tensione con poche, semplici soluzioni ed un gameplay snello ma funzionale, al netto di alcune fastidiose sbavature.
Seguici quindi nella nostra analisi di questo gioco, e scopri perché si è rivelato una piacevolissima sorpresa nel mare dei titoli indipendenti: potrebbe essere proprio l’esperienza che stavi cercando!
Dap: un piccolo essere e il suo viaggio per salvare un mondo corrotto
La storia inizia con una breve sequenza onirica, in cui il nostro piccolo protagonista, un omino bianco chiamato per l’appunto Dap, si trova nella radura di una idilliaca foresta assieme a molti altri suoi simili. Muovendo i primi passi attraverso la natura lussureggiante e scambiando due parole con i suoi compagni (manco a dirlo, l’unica parola che sono in grado di pronunciare è proprio Dap, che ripetono costantemente con una vocina adorabile), si arriva a fare conoscenza di un’entità che si riferisce a se stessa con il nome di Deer.
Questo misterioso essere, il cui cranio è sostituito da un teschio di cervo con le corna in fiamme, sembra essere una sorta di guida per i piccoli abitanti della radura ed è sotto una sua esortazione che il protagonista si dirige a trovare la Madre, una enorme statua di donna con due teste di uccello che custodisce una sfera in grembo. Nel momento in cui il nostro personaggio arriva al suo cospetto, tuttavia, la scultura inizia ad incrinarsi fino a spezzarsi in due, mentre il globo esplode in mille pezzi.
In seguito a questa svolta inaspettata, la radura viene infettata da un misterioso morbo, che fa appassire la vegetazione e trasforma la comunità di piccoli esseri che la abita, mutandoli in inquietanti versioni oscure dagli occhi iniettati di sangue di loro stessi. Il sogno quindi finisce, ed il protagonista si risveglia in una sorta di cella, la cui barriera viene annullata da una misteriosa figura nera, simile se non per il colore a quella del nostro personaggio. Il Dap si inoltra quindi nella foresta, scoprendo che essa è diventata qualcosa di molto diverso e più pericoloso rispetto a ciò che conosceva prima.
Attraversando la prima area incontriamo nuovamente Deer, il quale ci spiega che il bosco è stato invaso da una terribile corruzione, rendendola un nido di orrore e paura. L’entità ci chiede di proteggerla dalla diffusione della piaga, e di cercare con l’aiuto dei nostri simili le due sfere che una volta unite ricomporranno la figura della Madre: inizia così il viaggio di Dap.
La trama del titolo è piuttosto esile: si sviluppa in 7 atti attraverso brevi dialoghi che partono interagendo con alcuni elementi dell’ambiente, oppure attraverso piccoli e statici cutscene presenti alla fine di ogni capitolo. Le frasi pronunciate dalle varie entità incontrate nel nostro cammino sono spesso criptiche, contribuendo a rendere particolarmente evocativo e rarefatto il mondo di gioco, ed in generale la storia non si discosta mai dalla sua semplice premessa, anche se in certi frangenti non lesina alcuni colpi di scena.
Da segnalare inoltre la presenza di due finali, un “bad ending” ottenibile semplicemente completando il gioco ed un “good ending” più ostico da conquistare, dato che per sbloccarlo dovremo completare la raccolta di 10 collezionabili sparsi per le varie aree, un’impresa purtroppo piagata da alcune infelici scelte di design di cui parleremo più avanti nella recensione.
In generale, quindi, più che essere una colonna portante dell’esperienza del titolo la trama appare più come una sorta di contorno, un pretesto narrativo per creare un contesto al mondo di gioco ed uno scopo alla missione del nostro Dap, da tenere semplicemente a mente mentre ci si gode gli aspetti più importanti e divertenti di questo gioco: i suoi fantastici gameplay e level design.
Quando basta un gameplay semplice per divertirsi da matti
Il titolo presenta una sola modalità in cui giocare, ovvero la storia. La sequenza onirica iniziale e la prima area da esplorare servono da tutorial per spiegare i pochi elementi che vanno a comporre il sistema di gioco: la visuale è dall’alto e la telecamera segue il nostro personaggio, che si può muovere a 360 gradi nell’ambiente; il protagonista ha a disposizione due attacchi, uno in melee e l’altro a distanza, ed uno scatto per correre più velocemente e schivare gli attacchi dei nemici. E’ inoltre possibile interagire con alcuni elementi dello scenario, come ad esempio parlare con alcune entità oppure usare il colpo in mischia per distruggere alcune barriere e raccogliere delle risorse.
Queste ultime sono varie, ma le più importanti sono senz’altro i funghi e delle piccole sfere arancioni: questi globi vengono accumulati per creare dei falò (il pensiero è andato diretto a Dark Souls, chissà se era una citazione voluta) presso i quali riposarsi ed usare i funghi raccolti per creare pozioni curative. Il fuoco è inoltre funzionale ad una delle meccaniche più affascinanti di questo titolo: è possibile infatti reclutare un nutrito seguito di Daps da portare con sé accendendo un falò nei pressi di alcune particolari piante; questi seguaci sono molto utili, dato che permettono di aumentare la potenza degli attacchi del nostro personaggio e di sbloccare dei passaggi altrimenti sbarrati.
Ed in linea di massima è tutto qui: gli elementi del gameplay si riducono a questo numero ristretto, ma è dove una quantità di opzioni così limitata potrebbe indurre a ripetitività che brilla l’eccellente level design del titolo. Il mondo di Dap è infatti diviso in diverse aree, le quali offrono sempre una sfida differente ed un modo nuovo di usare le proprie capacità: si va da passaggi totalmente afflitti dalla corruzione, la quale col tempo trasforma i nostri omini in mostri e che si deve tenere a bada appiccando falò nei momenti opportuni, a zone totalmente buie nelle quali la luce rivela avversari in agguato, fino a barriere da sbloccare posizionando nel modo giusto i nemici che ci inseguono.
La varietà è quindi sempre garantita attraverso la proposizione di situazioni sempre diverse e di piccoli enigmi ambientali in cui usare con intelligenza le abilità del nostro Dap: ne risulta un’esperienza appagante e mai noiosa, che invoglia a riflettere, esplorare e scoprire cosa ci sarà dopo. Purtroppo, tutta questa qualità è incrinata da alcune scelte di design piuttosto fastidiose, che offuscano un’esperienza altrimenti praticamente perfetta nella sua semplicità e funzionalità.
In primo luogo, il sistema di salvataggio risulta essere molto limitante: sparsi nelle varie aree ci sono dei checkpoint che si attivano al nostro passaggio, salvando automaticamente la partita; se il personaggio muore, si riparte dall’ultimo punto incontrato. Il problema nasce dal fatto che anche in una sola area interconnessa ogni nuovo salvataggio sovrascrive l’altro, per cui è impossibile decidere magari di ricaricare la partita da un momento precedente oppure muoversi tra di essi.
Di per sé questo non sarebbe tanto problematico, se non fosse che a volte i checkpoint sono molto distanti tra di loro, costringendo a ripetere intere sezioni, e soprattutto se questo non precludesse in modo molto rigido la raccolta dei collezionabili. Tra le diverse risorse infatti vi sono anche dei rari oggetti che, se raccolti in gruppi di quattro, aumentano la salute del personaggio e soprattutto un totale di 10 alberi da collezionare in toto per poter sbloccare il finale buono. Questi elementi sono spesso molto nascosti e non scontati da trovare, ed il sistema di salvataggio complica le cose dato che alcune zone vengono totalmente precluse senza alcun preavviso superati certi punti.
Questo significa perciò che se ci si lascia scappare anche solo uno di questi collezionabili, che sono tra l’altro presenti in numero variabile in ogni area, non vi è più la possibilità di vedere il secondo finale e si deve per forza ricominciare l’intera partita se lo si vuole sbloccare. Inoltre, un’opzione per muoversi attraverso i diversi checkpoint sarebbe stata gradita in vista di un level design piuttosto intricato e labirintico, che se da un lato invoglia l’esplorazione e la memorizzazione dei percorsi, dall’altro rende la navigazione a volte confusionaria, complice anche una visibilità spesso limitata, ed obbliga in certi frangenti a lunghe sessioni di backtracking.
Un altro punto critico riguarda il sistema di controllo: Dap raccomanda al suo avvio di usare il gamepad, ma è usufruibile tranquillamente anche attraverso l’accoppiata mouse e tastiera. Entrambe le opzioni però mostrano il fianco ad alcuni fastidi: in gioco si dispone di un mirino per gli attacchi a distanza, controllabile indipendentemente dal movimento del personaggio; purtroppo, utilizzando il pad il puntatore si muove in modo lento ed impreciso, ed anche se in presenza di nemici si attiva un sistema di mira automatica, nelle situazioni frenetiche usare lo stick analogico diventa poco efficiente, soprattutto se comparato con la reattività e l’accuratezza del mouse.
L’utilizzo invece della tastiera è piagato invece da una mappatura dei tasti piuttosto scomoda, soprattutto nei momenti d’azione in cui si deve agire velocemente per schivare i nemici e correre all’obiettivo: lo scatto è assegnato alla barra spaziatrice, che risulta poco raggiungibile dalle dita in modo fulmineo e che quindi può generare frustrazione quando non ci si riesce a muovere con l’agilità necessaria; utilizzare un gamepad in questo caso risolve totalmente il problema, regalando un movimento fluido e reattivo.
La durata di Dap, dall’inizio al finale della storia, si attesta intorno alle 7 ore, 1 ora circa per ogni capitolo. Il gioco non è quindi molto longevo, ma questo non rappresenta una problematica importante, dato che l’esperienza risulta comunque densa e divertente ed una durata più lunga avrebbe potuto portare a problemi di ripetitività, dato il gameplay molto basilare nonostante le diverse variazioni. La difficoltà è tarata su un buon livello di sfida, che porta sicuramente a morire diverse volte nel corso del primo playthrough: il titolo infatti non accompagna mai il giocatore per mano, che invece deve ingegnarsi per capire come superare un certo puzzle o come affrontare un nuovo nemico.
Questi ultimi sono inoltre presenti con una buona varietà nell’estetica e negli approcci, sapendo regalare sfide appaganti e piene di tensione, oltre che momenti di puro terrore dati dalla loro abitudine di apparire all’improvviso e di muoversi in modo convulso ed erratico. Il loro design artistico è per la maggior parte spaventoso e di buon livello, esattamente come quello del resto del titolo: andiamo quindi ad analizzarlo, spostando la nostra attenzione sul comparto tecnico di Dap.
Un piccolo gioiello di estetica, grafica e sound design
Dal punto di vista grafico, Dap è davvero splendido: gli sviluppatori hanno utilizzato una pixel art semplice ma squisita per dare vita ad un mondo dalla direzione artistica eccellente. Nonostante l’ambientazione sia per intero in una foresta, durante il viaggio si alternano zone estremamente inquietanti ad ambienti poetici ed affascinanti, il tutto immerso in un’atmosfera onirica e velata, che passa agilmente dal dolce sogno all’incubo. La resa visiva è impreziosita inoltre dal sapiente uso di filtri di luce, effetti particellari e palette di colori diversi per ogni area, accorgimenti che le rendono sempre diverse ed uniche, invogliando alla loro esplorazione.
Ma il vero punto di forza di Dap, e l’ambito per cui Melting Parrot si merita maggiori plausi è il comparto sonoro. Il suono è effettivamente il collante che unisce tutte le varie parti del titolo, attraverso brani d’atmosfera che sanno dare magistralmente i giusti toni ad ogni area e ad ogni sezione, transitando dall’inquietante all’idilliaco fino al più assordante silenzio.
Ma soprattutto, il suono è il nostro più grande alleato: gli sviluppatori hanno lavorato con precisione certosina per creare una pletora di rumori estremamente realistica, che contribuisce a creare una persistente sensazione di angoscia e di attenzione nel giocatore, soprattutto perché nel buio delle diverse aree la visibilità è spesso molto ridotta e ci si deve affidare all’udito per riconoscere le potenziali minacce. I nemici si nascondono sovente nell’oscurità o si mimetizzano con gli elementi dell’ambiente, ed ognuno produce un suono diverso: basta molte volte quindi un rumore inaspettato per farci balzare di paura sulla sedia e per metterci all’erta.
In generale, quindi, il comparto tecnico e soprattutto sonoro di Dap è stato confezionato con grande maestria, e vanno a coronare un’opera davvero ottima, soprattutto se sei un fan del genere.