Deus Ex è un titolo che di certo non ha bisogno di presentazioni. Lanciato per la prima volta nel 2000, rappresenta uno dei capisaldi del genere cyberpunk videoludico, oltre ad essere stato pioniere di un certo modo di intendere il videogioco.
La capacità di mischiare elementi tratti da differenti generi rappresentava per l’epoca un nuovo inizio di qualcosa che, ad oggi, ci sembra assolutamente lo standard. Il peso che ebbe però Deus Ex nell’economia del mercato dei videogiochi è importante e ha segnato un punto di svolta che ha fatto la storia del settore.
Deus Ex – la sua storia
Deus Ex era uno sparatutto in prima persona fantascientifico con elementi presi dal genere dei giochi di ruolo, tanto in voga in quegli anni. Era ambientato nella New York del 2052, in un’epoca in cui una misteriosa epidemia, nota come “Morte Grigia“, ha ucciso milioni di persone. Si scopre presto che è tutta opera delle National Secessionist Forces, meglio note come NSF, a rappresentare una serie di terroristi estremisti.
Il giocatore prendeva i panni di J.C. Denton, un agente speciale della UNATCO, la forza speciale di carattere internazionale che ha prima indagato e poi scoperto le origini dell’epidemia. Oltre ad aver ricevuto un rigoroso addestramento militare insieme al fratello maggiore Paul, J.C. era dotato di modifiche a livello fisiologico con l’installazione di impianti di nanosonde tali da conferirgli capacità superiori a quelle delle normali possibilità umane.
Compito iniziale di Denton è quello di recuperare un carico rubato di Ambrosia, un vaccino speciale disponibile in quantità minime su scala mondiale e per questo distribuito solo a coloro in grado di pagarlo e ai piani alti governativi. Un incipit che ci portava a una storia dai complessi contenuti sociali, ricca di scelte che finivano per delineare destini totalmente opposti per il mondo di gioco. Qualcosa che per un prodotto in prima persona dell’epoca era veramente rara da vedere.
Deus Ex – Il gameplay che ha fatto la storia
Siamo letteralmente all’inizio degli anni 2000, ancora nell’epoca d’oro dei giochi di ruolo vecchio stile, ma era anche un grande periodo per gli sparatutto in prima persona, con il lancio di esponenti che hanno segnato il genere di appartenenza.
La genialità di Warren Spector inserita in Deus Ex è stato quella di mettere letteralmente assieme queste due tipologie di gioco molto popolari, gli sparatutto e i giochi di ruolo, dando vita a un mix che è diventato la base anche di molti titoli contemporanei.
L’obiettivo primario e riuscito del gioco era quello di dare all’utente la massima libertà d’azione. Prendendo dunque in prestito le meccaniche tipiche degli sparatutto in prima persona, quella di giochi di ruolo come System Shock e di stealth puri del calibro di Thief, ci trovavamo davanti ad un prodotto capace di fare delle intenzioni del giocatore un vero e proprio mantra. Non c’erano percorsi predefiniti da seguire, non c’era una filosofia di gioco a cui si era letteralmente obbligati. Il tutto si svolgeva non tanto per caso, quanto per nostro volere, come volevamo voi e nel modo che preferivamo: con relative conseguenze, ovviamente.
Chiaramente la storia disegnava un percorso predefinito da seguire, almeno per quanto concerneva l’ordine dei livelli. Una volta dentro però si veniva lasciati completamente liberi: gli ambienti erano incredibilmente vasti, ricchi di zone nascoste e oggetti da poter raccogliere (anche questa, nel suo piccolo, una vera innovazione) e potevano essere approcciati nel modo che si preferiva. Equipaggiarsi nel modo migliore possibile per combattere a mo’ di sparatutto, far valere le caratteristiche delle abilità e dei poteri a disposizione oppure agire furtivamente, tanto che era possibile completare il gioco senza uccidere nessuno!
E questa è solo una parte del discorso, perché le due macroaree in cui Deus Ex riusciva a stupire riguardavano l’interazione con il mondo di gioco e la personalizzazione dei poteri e delle abilità a disposizione del protagonista. Partendo per ordine, il motore ludico garantiva un’ottima interazione ambientale, dando la possibilità di raccogliere praticamente tutto ciò che riuscivamo a trovare.
Questo aspetto sviluppava un modello di gioco da GdR, appunto, con un inventario da gestire attentamente, dato che comunque non poteva essere espanso a piacimento. Gli oggetti raccoglibili erano di ogni tipo: da armi, munizioni e potenziamenti fino ad arrivare ad inutili, ma realistici, giornali, bottiglie di alcool, patatine, sigarette e così via. Tutto era funzionale a donare realismo e veridicità al sistema e al mondo di gioco, cosa che di suo aumentava di molto il grado di coinvolgimento.
D’altro canto, la gestione dei poteri e delle abilità era altrettanto interessante. Si trattava di un sistema veramente complesso e variegato, che includeva sia parametri passivi legati a specifiche attività da svolgere nel corso dei vari livelli, sia a veri e propri “poteri” cyberpunk che consistevano in installazioni che potevano essere installate nel corpo del protagonista per migliorarne le normali capacità umane.
Poteri e abilità potevano essere potenziati a proprio piacimento, confermando anche qui la piena filosofia della libertà d’azione che Deus Ex voleva dare. Si poteva quindi scegliere di sviluppare il personaggio nel modo che si preferiva, dando priorità a caratteristiche e potenziamenti che più si confacevano allo stile di gioco personale. Esattamente come in un normale gioco di ruolo non si poteva pretendere di poter potenziare tutto al massimo, ma bisognava necessariamente fare una scelta sulle aree da sviluppare.
Deus Ex – Presente e futuro della saga
Il modello di gameplay di Deus Ex ha inevitabilmente segnato uno spartiacque definitivo nelle esperienze ibride, che è stato poi ripreso da tanti altri titoli del genere, soprattutto, va detto, negli ultimi anni. Il successo ottenuto dal titolo ha portato alla realizzazione di un sequel, Invisible War, che confermò le buonissime cose del predecessore, anche se non riuscì ad ergersi in maniera altrettanto dirompente.
Abbiamo dovuto attendere poi il 2011 per rivedere la saga in azione, con Human Revolution, un prequel dell’intero franchise di Deus Ex sviluppato da Eidos Montréal in collaborazione con Square Enix. Il gioco ha stupito per la sua prima spettacolare presentazione in CG, con un trailer di stampo cinematografico che dava vita a un mondo Cyberpunk da sogno per gli appassionati del genere.
Il gameplay provava a riprendere ovviamente lo stile dello storico primo capitolo della serie, con una commistione di elementi tra sparatutto e GdR e una certa libertà d’azione nelle approccio alle missioni, pur senza la vastità degli ambienti tipica del primo Deus Ex. Alcuni difetti di realizzazione, legati soprattutto al design dei boss, non permisero a una comunque ottima produzione di entrare nell’Olimpo del genere.
Se non altro, esattamente come il precursore della serie, ebbe il merito di riportare in auge il genere cyberpunk, che adesso è nettamente tornata di moda nel mercato dei videogiochi con titoli che adottano un setting sempre più amato dai giocatori.
Deus Ex, dal canto suo, è “fermo” da Mankind Divided, ultimo titolo ufficiale della serie lanciato nel 2016. Il franchise è sempre in mano a Square Enix, per cui speriamo che venga ripreso anche in questa generazione di console. I più nostalgici conserveranno però sempre vivo il ricordo del gioco originale: e anche per quanto mi riguarda, il solo sentirlo nominare rievoca alla mente i lunghi pomeriggi post-scolastici a immergermi nelle atmosfere di una New York cyberpunk virtuale ferita da violenza e terrorismo, ma carica e viva come se fosse reale.