Videogiochi e comportamenti scorretti: quanto possono essere collegati? A quanto pare, più di quanto possiamo immaginare anche a seguito di una vicenda successa in Giappone nel lontano 2019. Arika, studio di sviluppo giapponese, denunciò alle autorità quelle che per molti vengono considerate delle innocenti marachelle; tutto iniziò con il form per riuscire a contattare direttamente l’azienda, parliamo della classica compilazione che troviamo in ogni sito aziendale, dove un ragazzo non identificato mandò delle minacce.
Per essere precisi, inviò per mail delle minacce di morte non solo ai singoli dipendenti, ma anche a tutto il team di sviluppo. Arika prese molto sul serio tali mail, tanto da avviare una causa contro ignoti per iniziare una costante ricerca nella speranza di trovare il malfattore. Solo oggi, nel 2021, abbiamo una risposta conclusiva: il ragazzo è stato trovato ed è stata resa nota dalle autorità stesse la sua condanna. Già agli inizi di ottobre 2020, il giovane era stato identificato come colpevole ma, purtroppo, non c’erano presupposti per poterlo arrestate.
Il motivo principale delle azioni fatte dal soggetto incriminato? Non gli era piaciuto il gioco, o parti di esso, e pensò bene di reagire nei modi più sbagliati che ci possano mai essere. Almeno questo è ciò che si può evincere da tutta la faccenda, in quanto lo studio giapponese non ha mai rilasciato dettagli concreti alla stampa per non intralciare le indagini.
Videogiochi: sono veramente loro i “cattivi” o i soggetti che ci giocano?
Il nome Arika ti sembra familiare? Parliamo dell’azienda che creò Street Fighter EX, Tetris 99, Fighting EX Layer Another Dash e che ha collaborato allo sviluppo di Street Fighter II e Final Fight. Un’azienda che ha accompagnato generazioni di ragazzi e ragazze e che, recentemente, ha dichiarato di non transigere su comportamenti del genere.
Il team di sviluppo non accetterà mai minacce o situazioni in cui li vede con le spalle al muro e, secondo quanto detto, anche le altre aziende operanti nel mondo videoludico dovrebbero fare lo stesso. Che fosse riferito alle continue minacce mosse dai giocatori verso Blue Box Studios? Quest’ultimo, infatti, agli inizi del mese di ottobre ha chiesto ai propri “fan” di non continuare a intraprendere questa strada, evitando di inviare giornalmente avvertimenti e intimidazioni.
Esistono altri esempi, anche più concreti portati alla luce non solo dai giornalisti sul web, ma anche in televisione; elencarli tutti sarebbe impensabile, come è impensabile inviare minacce di morte. L’esempio di Arika potrebbe essere un precedente per creare delle maggiori tutele o condanne verso coloro che sbagliano. In Italia, lo ricordiamo, solo durante il 2021 è stato approvato il decreto che dichiara come i videogiochi possono essere considerati un bene culturale. Arriveremo anche a creare una legge per proteggere al meglio gli sviluppatori?