Un particolare che mi ha sempre incuriosito del mondo videoludico, e nello specifico nel valutare i diversi generi del medium, è come, a prescindere dalle attitudini e dai gusti personali di ognuno, sembra che alcuni generi siano più legati a una cultura o a una determinata area geografica rispetto al resto del mondo. Abbiamo sicuramente un esempio tricolore validissimo in Assassin’s Creed 2 e nel suo seguito Brotherhood, titoli decisamente apprezzabili già di loro, ma che in territorio nostrano hanno un posto speciale nel cuore di tutti i fan della serie grazie al protagonista e alle ambientazioni tutte italiane. Ma se c’è un caso molto più emblematico che riguarda un intero genere è senza alcun dubbio quello delle visual novel.
Si tratta di una tipologia estremamente particolare di videogiochi nel quale l’azione è praticamente inesistente e ci si limita a leggere lunghi testi e dialoghi e di tanto in tanto a prendere scelte nelle conversazioni e nelle azioni che potrebbero influenzare in maniera più o meno decisiva il dipanarsi dell’intreccio narrativo.
In territorio europeo, questo genere viene considerato particolarmente di nicchia, mentre per il mercato asiatico si tratta di produzioni amate e richieste, che hanno avuto perfino il merito di regalare a una console come PlayStation Vita una sorte decisamente migliore rispetto a quella avuta nel resto del mondo.
Ci sono ovviamente le dovute eccezioni, complici anche alcune trasposizioni animate di successo, opere come Steins; Gate o la serie Danganronpa hanno avuto il merito di crearsi un discreto fandom anche al di fuori dei confini nipponici, ma rimane una realtà il fatto che queste opere rimangano abbastanza lontane dai gusti europei. Proprio in questo peculiare discorso si inserisce The Letter: A Horror Visual Novel, gioco che fin dal suo titolo non vuole nascondere la sua natura e il genere videoludico d’appartenenza.
The Letter: A Horror Visual Novel ha fatto il proprio debutto su PC e dispositivi mobile Android e iOS già nel 2017, ma l’impegno del publisher EastAsiaSoft ha permesso al titolo di sbarcare negli ultimi giorni anche su Nintendo Switch in tutto il mondo: l’attesa sarà stata ripagata? Scoprilo nella nostra recensione!
“Morirai (di noia) tra sette giorni”
Per quanto The Letter: A Horror Visual Novel sfrutti ambientazioni e character design decisamente internazionali, l’intreccio narrativo e la vena orrorifica del titolo fanno inequivocabilmente riferimento alla cultura nipponica e alle presenze demoniache di yokai e oni (i primi in particolare) che ne animano i racconti. Non mancano infatti i riferimenti nello stile e in alcune tematiche a opere del calibro di Ringu e Ju-On (note nel mondo grazie ai rispettivi remake americani delle serie cinematografiche The Ring e The Grudge).
La storia è quella della più classica delle ville infestate da presenze maligne a causa di un terribile incidente, in questo caso Ermengarde Mansion, e ci ritroveremo di volta a vestire i panni di un personaggio diverso collegato in qualche modo alla villa in questione. I capitoli che comporranno la vicenda saranno sette in totale, così come i personaggi, e infatti per ogni capitolo cambieremo ruolo passando di personaggio in personaggio, un’idea indubbiamente intrigante, che ci porta a vivere sezioni di storia completamente inedite di volta in volta, ma allo stesso tempo a rivivere a volte alcuni dialoghi già letti.
E proprio questo si collega a uno dei difetti più evidenti del gioco: la sua estrema lentezza. Ovviamente, non scenderò nei dettagli della trama, perché ogni minima informazione, a mio modo di vedere, sarebbe come fare spoiler di un romanzo data la natura del titolo (ed è anche il motivo per il quale la totalità degli screenshot presenti nella recensione sono presi dalle fasi iniziali del gioco). Tuttavia, per quanto riguarda la narrazione e l’incedere degli eventi in sé, se si vuole approcciare il gioco ci si dovrà armare di una dose infinita di pazienza, anche parecchio superiore rispetto alla media richiesta dal genere.
Se c’è una cosa che la visual novel deve essere in grado di fare, proprio a causa della sua natura esclusivamente narrativa, è accattivarsi il giocatore/lettore il più in fretta possibile, e mantenere un ritmo abbastanza sostenuto almeno nelle fasi iniziali della trama, per poi (eventualmente) andare a “rilassarsi” in un secondo momento prima di tornare a incalzare in vista del finale. Ovviamente non si tratta di una regola fissa, e ci possono essere anche titoli capaci di destare l’attenzione e tenere incollati allo schermo in decine di modi differenti, ma il segreto sta sempre e comunque nel ritmo degli eventi narrati.
Invece The Letter: A Horror Visual Novel fa l’esatto opposto: più che prendersi i suoi tempi li dilata e va a diluire la presentazione di fatti e personaggi in un mare di dialoghi e battutine che girano attorno al punto senza mai centrarlo, certamente una scelta che serve ad arricchire il contesto narrativo, ma che finisce per rendere il tutto goffamente e inutilmente lento. Non nego di aver fatto realmente fatica a raggiungere uno dei finali proposti dal titolo, perché per quanto nell’aria ci fosse costantemente la sensazione di qualcosa di interessante in arrivo, questo qualcosa sembrava sempre in ritardo, anticipato da tanti dialoghi di contesto totalmente inutili a fini puramente narrativi.
Va inoltre considerato che per molti ci sarà uno scoglio linguistico da superare: per quanto l’inglese (il gioco non è infatti localizzato in lingua italiana) proposto sia sempre molto semplice, il fatto che l’attività principale del giocatore sia sempre e comunque relegata alla lettura (in lingua straniera per giunta!) potrebbe stuccare molti ed essere un motivo sufficiente per stare alla larga da The Letter.
Tanto da leggere, poco da giocare
Per quanto le visual novel abbiano dei punti fermi ormai fortemente canonizzati, The Letter tenta di fare davvero di tutto per riuscire ad arricchire un gameplay altrimenti sterile per forza di cose. A impreziosire il tutto infatti ci pensano alcune scelte che avvicinano il gioco agli ultimi lavori di Supermassive Games (Until Dawn e la The Dark Pictures Anthology per intenderci), il che non è assolutamente un male, ma si riduce tutto a qualcosa di estremamente accessorio.
Per intenderci meglio, durante ogni dialogo sarà possibile mettere il tutto in pausa e aprire determinati menù che potranno mostrarci: un diario degli eventi, nel quale potremo ricapitolare quanto sta succedendo nel gioco (diario e narrazione sono opportunamente scanditi con data e ora) e quali siano le storie di ognuno dei protagonisti; un indice delle relazioni, nel quale potremo tenere d’occhio le relazioni tra personaggi, che verranno sistematicamente influenzate dal sistema di scelta delle risposte nei vari dialoghi; e, soprattutto, un albero delle scelte.
Quest’ultima feature merita indubbiamente una trattazione a parte, dal momento che si tratta letteralmente di un momento di metagame che può aiutare anche a capire quali sono le criticità del gioco, tanto che, quando si tenta di aprire la feature per la prima volta, ci si ritrova davanti a un avviso in cui si viene avvisati che alcuni potrebbero ritenere la visione dell’albero delle scelte uno spoiler. Una funzione analoga si trova anche in Detroit: Become Human e l’ho sempre trovata azzeccata e interessante, nonché uno strumento fondamentale per i completisti.
Se però nell’ottima produzione targata Quantic Dream l’albero delle scelte ci mette davanti alla possibilità di finali prematuri, in questo caso invece ci ritroviamo davanti a schemi tutto sommato circolari e chiusi su loro stessi, che porteranno gli epiloghi dei personaggi ad avere tuttalpiù delle variazioni su uno stesso tema, ma, arrivato alle battute finali, facendo mente locale su eventi e scelte ho avuto l’impressione che nell’economia generale del racconto potessero venire meno ben pochi elementi, e che quindi tra i diversi finali le differenze potrebbero non essere poi particolarmente significative.
Un’ultima piccola variazione sul genere è data dalla presenza di piccoli Quick Time Events nei momenti più concitati, una feature che in realtà impatterà pochissimo sul titolo dal momento che si tratta di un’eventualità che non si presenterà molto spesso, e anzi, una delle opzioni del gioco permetterà di disattivare direttamente la feature rendendo così The Letter una classica visual novel in tutto e per tutto.
Stile da vendere… a qualcun altro però…
La direzione artistica, per quanto mi riguarda, è un altro punto dolente di questa produzione, ma in questo caso più che mai mi rendo conto che si parla di gusti fortemente personali e che in molti potrebbero ritrovarsi a gradire lo stile grafico del titolo. E a dirla tutta, anch’io l’ho gradito nelle battute iniziali: fortemente ispirato a grafiche orientali (più coreane che giapponesi), ma che man mano rischia di richiamare alla vista alcune produzioni decisamente meno ispirate, come quei titoli che vengono costantemente pubblicizzati sui social con allusioni molto marcate. Insomma non è un problema del titolo in sé, ma questa sfortunata somiglianza me l’ha fatto, purtroppo, prendere molto meno sul serio del dovuto.
Un discorso completamente diverso invece si può applicare al comparto sonoro, che presenta molte linee di testo doppiate (molte più di quante si potrebbe pensare per un titolo del genere) e anche le musiche e gli effetti sonori ambientali non sono affatto male e, anzi, viste le tematiche horror proposte dal titolo, riescono a ricreare un’ottima atmosfera, inquietante al punto giusto quando deve senza risultare mai troppo opprimente.
In definitiva, The Letter: A Horror Visual Novel, a prescindere dal genere che lo rende già difficilmente accessibile per molti giocatori, risulta purtroppo appesantito da una narrazione con tempistiche fin troppo dilatate, un buon passatempo per chi decidesse di considerarlo un’alternativa a un buon vecchio romanzo, ma decisamente un gioco che vuole gridare con fierezza di essere un titolo fortemente “di nicchia”.