Le esclusive del mercato videoludico hanno, da sempre, infiammato discussioni e argomentazioni di chi, dovendo orientarsi tra le piattaforme disponibili, cercava di indirizzare la propria scelta anche considerando i videogame a disposizione ed il catalogo delle varie console.
Nel corso del tempo vere e proprie pietre miliari della storia del gaming, pensate come esclusiva per una data macchina, sono rimaste relegate effettivamente a quel catalogo, permettendo una certa valorizzazione di quell’hardware. Tante altre volte però, quella che sembrava essere un’importante esclusiva, anche dopo tanti anni, è giunta su piattaforme diametralmente opposte.
L’emblema del nuovo corso videoludico potrebbe essere individuato nel fatto che ormai anche PlayStation sembra aver ceduto il passo alla prospettiva di piazzare moltissime copie dei suoi giochi anche nel mercato PC. Oppure l’arrivo, non proprio recente, di quel Final Fantasy 7 che all’epoca, per via della tecnologia sfruttata da Nintendo, causò in parte l’accordo preso tra Square e Sony PlayStation, e che invece al momento è perfettamente giocabile anche su Switch.
Esclusive del mercato videoludico, ha senso parlarne?
La direzione intrapresa e voluta dal mercato sembra ormai chiara e già tracciata. Considerando la graduale scomparsa dell’hardware grazie allo sviluppo del cloud gaming, anche il concetto di gioco in esclusiva su una piattaforma sta lentamente scomparendo. Se la macchina specifica scompare scompaiono anche i giochi pensati appositamente per essa.
Oltre questo, ormai produrre un videogioco nell’attuale contesto è davvero un’operazione lunga, complessa e costosissima. Si parla sempre più spesso di produzioni quadrupla A che necessitano di enormi numeri di vendita per poter recuperare i costi e generare profitti considerevoli. Microsoft, forse con ottimo tempismo, ha compreso già da tempo che queste necessità impongono di rivolgersi a bacini di utenza più ampi, a nuove forme di business come il game pass, e, insieme, di creare nuova utenza attraverso i servizi.
L’unificazione dell’ecosistema Microsoft PC a quello Xbox è un chiaro segno della necessità di monetizzare il più possibile, dato che i giocatori PC crescono sempre di più. Il Game Pass, con il suo xCloud, e la possibilità che offre di giocare anche a chi non possiede nemmeno una console, ha ulteriormente spinto l’industria verso questa direzione.
Se Phil Spencer ha fatto intendere che Starfield uscirà solo sull’ecosistema Xbox, lo stesso ha anche più volte sottolineato le altre strategie di Microsoft e la volontà di insediare il suo abbonamento su quante più piattaforme possibili.
Sony ha confermato questo lento processo con il rilascio graduale delle sue produzioni su PC. Considerata l’attuale situazione, il concetto di esclusiva sembra sempre più fumoso.
Tuttavia, come in tutti i fenomeni, c’è ancora un soggetto della scacchiera che compie mosse particolari e non troppo popolari. Il caso di cui parliamo è quello di Nintendo, un’azienda che, in forte anacronismo (chiaramente voluto), ha insistito con strategie e piani del tutto in controtendenza con le controparti.
Nintendo non insegue da molto tempo la corsa per il raggiungimento della grafica fotorealistica e pubblica videogiochi in linea con la sua precisa identità e filosofia aziendale. Per giocare a Zelda, all’ultimo capitolo di Pokémon e per divertirsi nelle sessioni di platforming di Super Mario, si deve necessariamente possedere una Nintendo Switch. Una console, questa, che è un credibile baluardo di resistenza rispetto a questi processi economici e tecnologici.
Molti però iniziano a chiedersi se questa pianificazione frutterà ancora e per quanto potrà essere portata avanti ma, al momento, i numeri danno ragione a Nintendo. In un mondo fatto di esclusive temporali, cloud gaming, servizi in abbonamento e produzioni multipiattaforma sempre più popolari, l’azienda di Kyoto, insistendo sul suo catalogo particolare, è una incredibile storia di successo parallelo.