Per ogni videogiocatore ci sono titoli che entrano nel cuore fin dall’infanzia e rimangono lì, in un posticino speciale, senza mai andare via, a prescindere dalla qualità degli stessi, perché si sa, difficilmente un piccolo appassionato andrà ad analizzare e cercare difetti a ogni costo, si farà piuttosto guidare dalle emozioni. Un titolo che rispecchia alla perfezione questa descrizione (quasi alla perfezione, dal momento che per me è anche un ottimo gioco pur guardandolo ad anni di distanza) è sicuramente Bubble Bobble, un vecchio arcade 2D che ha dato poi vita al più famoso Puzzle Bobble e ai suoi vari seguiti e spin-off.
Ho passato lunghi pomeriggi, che molto spesso si sono trasformati in intere giornate, in compagnia dei due piccoli Bubby e Bobby, impegnato a scappare da ogni genere di bizzarro mostriciattolo immaginato dai creativi di casa Taito e a tentare di rinchiudere quelle infernali balenottere fantasma nelle bolle dei protagonisti (chi ha giocato sa… e soffre ancora…). In El Gancho, l’oggetto di questa recensione, vuoi per la grafica, vuoi per le premesse ludiche e narrative, speravo di ritrovare le emozioni e il divertimento viste sul glorioso Bubble Booble, ma purtroppo così non è stato.
Il titolo sfornato da SidralGames e EastAsiaSoft infatti vuole essere un richiamo a un’epoca videoludica che ha ormai fatto il suo corso, e a essere sinceri ci riesce anche sotto determinati punti di vista, il problema è che inciampa e capitombola clamorosamente su un gameplay raffazzonato e a tratti a dir poco snervante, ma andiamo ad analizzare nel dettaglio questa occasione mancata di portare un po’ di gaming old school nella realtà videoludica moderna!
“Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”
Non posso negarlo, la schermata iniziale di El Gancho mi ha sorpreso ed emozionato, facendomi creare una certa aspettativa per ciò che avrei trovato dopo aver premuto start nei titoli di testa: un pixellosissimo sfondo spaziale con in primo piano un testo statico che racconta l’incipit delle vicende del protagonista, magari nelle intenzioni degli sviluppatori non era voluto, ma il fatto che questa presentazione richiami Star Wars non può che far piacere agli appassionati della storica saga.
In maniera molto sbrigativa, veniamo informati che il pianeta Cocodu è stato invaso dai Pogovon e che i coco sono stati rapiti, toccherà a un coraggioso coco entrato in possesso di un gancio laser sperimentale portare in salvo i suoi simili, altrimenti destinati a rimanere confinati in uno zoo spaziale. E in realtà per quanto riguarda la trama è tutto qui, in perfetto stile anni ’90!
La narrazione non progredirà affatto nel corso dei livelli, e sarà chiaro che ci sarà ben poco da raccontare dal momento che il nostro fine ultimo sarà ben esplicitato fin dall’inizio. A dirla tutta, non si tratta nemmeno di un grosso difetto, quanto piuttosto di una volontà di aderire ai canoni del genere arcade vecchio stampo, che tralasciavano quasi del tutto la trama in favore di un gameplay dinamico e divertente, e purtroppo i veri problemi iniziano proprio quando mettiamo mano al pad…
Armati di gancio laser, e di tanta pazienza!
Ed è proprio nel gameplay, che per questo tipo di titoli dovrebbe essere il cuore pulsante dell’esperienza, che El Gancho cade in maniera clamorosa, restituendo al giocatore, probabilmente anche al più abile in titoli di questo tipo, delle sessioni di gioco a dir poco frustranti; ammetto in prima persona di aver fatto molta fatica ad arrivare in fondo alla manciata di livelli che il gioco propone, se non fosse stato per la volontà di analizzarlo fino in fondo per la recensione, credo che non sarei andato oltre il primo livello.
A dirla tutta, in El Gancho ci sarà poco da fare, il nostro piccolo coco senza nome infatti sarà in grado di compiere azioni basilari come sparare, saltare e utilizzare il gancio laser sugli appigli che andranno a comporre livelli che sembrano pensati senza particolare criterio, se non quello di essere il più proibitivo possibile per il giocatore.
A complicare la situazione poi ci penseranno i comandi, che sembrano essere stati mappati per essere scomodi per il giocatore, soprattutto nel sistema di puntamento del gancio laser, che tenderà ad andare parecchio in conflitto col movimento del protagonista. Il tutto in scenari bidimensionali animati soltanto da nemici che provocheranno danno al contatto, coco da salvare e cibo per recuperare cuori e racimolare qualche punto per far lievitare lo score complessivo del livello in questione. Niente di più, solo una serie di salvataggi di coco del tutto anonimi e identici tra loro, una routine in cui dopo poco sarà il giocatore a sentirsi ingabbiato da un titolo che sembra essere stato pensato per essere frustrante.
Comparto tecnico nostalgico
Come accennato in precedenza, l’ispirazione di El Gancho è palesemente quella dei vecchi cabinati arcade che proponevano ai giocatori scenari bidimensionali in cui destreggiarsi tra i nemici e racimolare più punti possibili. Dal punto di vista grafico, infatti, le ambientazioni richiamano il già citato Bubble Bobble o il primissimo Donkey Kong: sfondi neri animati da piattaforme coloratissime, essenziali e intramontabili!
Se i fan della prima ora si faranno trasportare dalla nostalgia apprezzando la veste grafica del gioco, anche il comparto sonoro non sarà da meno, e anzi farà la gioia di parecchi ascoltatori! La colonna sonora è composta completamente da pezzi ritmatissimi, che richiamano melodie disco dance e synthwave, in un tripudio di suoni elettronici che si faranno apprezzare più del gioco stesso, rivelandosi l’unico aspetto realmente memorabile della produzione.
In definitiva, El Gancho vorrebbe essere un richiamo nostalgico a titoli che è ormai difficile far conoscere o apprezzare ai giocatori moderni, e avrebbe anche tutte le carte in regola per riuscirci se non fosse che finisce per inciampare clamorosamente su un gameplay raffazzonato e frustrante, unito a un game design che sembra essere stato concepito in maniera del tutto casuale e priva di un qualsiasi criterio logico. Sconsigliato, purtroppo.