Bentornato in un nuovo episodio di Player One! La rubrica che ogni settimana rende protagonista un personaggio del mondo videoludico. La scorsa settimana abbiamo trattato Arthur Morgan, sicuramente uno dei personaggi più impattanti degli ultimi anni e protagonista di Red Dead Redemption 2, l’ultimo capolavoro di Rockstar.
Questa settimana andremo invece a trattare un personaggio, che non è il protagonista della saga alla quale appartiene, ma che nonostante tutto è rimasto impresso nel cuore di moltissimi videogiocatori. Senza ulteriori indugi allora buttiamoci nella storia di Domenic Santiago, per gli amici semplicemente Dom!
Dom è il soldato perfetto
Iniziamo però con una premessa parecchio importante… in questo articolo non si andrà a trattare di tutte le vicende che ha vissuto Dom, ma solo di alcune. La storia del Gears è infatti troppo lunga per poter essere trattata in un semplice articolo, dato che accompagna il protagonista Marcus per moltissimo tempo. Ricorda inoltre che all’interno dell’articolo ci saranno spoiler sui primi 3 capitolo di Gears of War, quindi leggi a tuo rischio e pericolo! Fatte quindi le dovute premesse, iniziamo!
Dom ci viene presentato come uno dei Gears considerati “modello”, difatti dispone di tutte le caratteristiche che un soldato dovrebbe avere. Siamo davanti ad un uomo con un incrollabile fede nei leader e che farebbe di tutto pur di salvare i suoi compagni. Il primo incontro con Dom lo si ha già all’inizio del primo capitolo di Gears of War, dove il soldato si reca in una prigione per liberare Marcus Fenix (il protagonista della saga fino al terzo capitolo).
Fin dall’inizio si capisce subito che Marcus e Dom sono amici, anche solo per il loro modo di rapportarsi. Più avanti nella storia ci viene inoltre spiegato, che Dom testimoniò per salvare la pelle a Marcus evitandogli la pena di morte. Nelle prime battaglie vediamo quanto il soldato sia agguerrito e come riesca bene nel suo compito di sterminare le Locuste. Il semplice patriottismo e la voglia di scacciare l’invasore però non sono gli unici sentimenti che accompagnano Dom nella battaglia, oltre a questi c’è infatti un odio viscerale verso il nemico dovuto a delle vicissitudini passate.
L’orda difatti ha sterminato praticamente tutta la famiglia del pover’uomo. L’unica persona che gli era rimasta, ovvero sua moglie Maria è stata rapita dalle Locuste. Lo scopo di Dom quindi non è solo quello di voler vendicare la propria famiglia, ma anche quello di trovare la moglie imprigionata. L’uomo quindi si ritrova praticamente solo, ma grazie alla presenza di Marcus riesce a tornare a scherzare e a ridere come non faceva ormai da parecchi anni.
Dopo la fuga dalla prigione, Dom riesce a far entrare il suo amico nella squadra Delta e da lì in poi svolgeranno parecchi incarichi per il COG. Marcus e Dom si ritrovano quindi a spalleggiarsi in svariate occasioni. Una dei combattimenti più epici è sicuramente quello contro il generale Raam, dove il duo grazie anche al supporto di Baird e Cole, riescono a sconfiggere il potentissimo nemico.
Il ritrovamento della moglie trasforma Dom
Inutile dire quindi, che durante tutto il primo Gears of War vediamo come Dom si fidi ciecamente di Marcus, le cose però cominceranno a prendere una piega diversa nel secondo capitolo. Per buona parte di Gears of War 2, la storia è quasi sempre la stessa… Dom e Marcus che riescono a uscire anche dalle situazioni più disperate. Proprio però nella missione più importante, avviene un cambiamento e Dom vuole fare di testa sua.
I due amici si trovano nel Nexus, quella che dovrebbe essere la base operativa delle Locuste. L’obbiettivo è ovviamente quello di voler far saltare in aria tutto, ma una cosa distrae completamente Dom dalla missione. Nel Nexus difatti è ubicato anche il campo di prigionia, dove si trovano tutte le persone rapite dalle Locuste. Il primo pensiero di Dom in questo caso vada verso Maria, la moglie rapita anni prima dall’Orda.
L’uomo si butta a capofitto quindi verso le prigioni e nonostante Marcus sia riluttante all’idea, segue l’amico fino al disgustoso luogo dove li attende uno spettacolo raccapricciante. In un primo momento Dom è al settimo cielo, perché trova l’ovulo dove è tenuta prigioniera la moglie e aprendolo vede quest’ultima in procinto di abbracciarlo… purtroppo però la realtà è ben diversa.
L’uomo rimane pietrificato alla vera visione della moglie, che ormai è un essere privo di qualsiasi anima, mal nutrito e che non riesce nemmeno a dire più una parola. Dom è completamente distrutto dall’accaduto e prende la decisione più difficile della sua vita, ovvero quella di porre fine alle sofferenze della sua adorata Maria.
Dopo questo avvenimento, il soldato e amico perfetto che conoscevamo comincia a cambiare. I zero dubbi che Dom aveva per i leader, ora diventano 1000 e la guerra che sta combattendo comincia a essere priva di senso per lui. Rimane solo un piccolo spiraglio di luce, chiamato Marcus Fenix. L’amico è di fatto l’unica cosa rimasta all’uomo e per nessun motivo perderà pure lui.
La fine di una storia senza lieto fine
Arriviamo ora a Gears of War 3, dove purtroppo c’è l’epilogo della storia del leggendario soldato del COG. In una “semplice” missione dove Marcus, Dom, Anya, Sam, Jace, e Dizzy sono alla ricerca di carburante per un sottomarino, avverrà il tragico sacrificio del COG. La squadra viene difatti accerchiata dalle locuste e Dom si ritrova costretto a farsi esplodere schiantandosi con un veicolo per salvare il team e soprattutto il suo migliore amico Marcus.
Le sue ultime parole sono rivolte a Maria, dicendo che non si sarebbe mai aspettato di morire in questo modo. Inutile dire come la storia di Dom sia una delle più tristi del mondo videoludico. Stiamo infatti parlando di un uomo, che per colpa della guerra ha perso letteralmente tutto e l’unica piccola speranza che gli era rimasta, si è infine infranta davanti ai suoi occhi. Questa storia dovrebbe inoltre spingere diversi videogiocatori a non giudicare un videogioco dalla copertina.
Moltissimi sono infatti gli utenti che pensano a Gears of War come una saga action, che non è in grado di offrire altro se non combattimenti adrenalinici. Non sempre ci voglio storie complesse e piene di filosofia per far commuovere, alcune volte infatti sono i racconti semplici ad essere quelli più impattanti.