Trigon: Space Story è uno dei tantissimi roguelite pubblicati in questo periodo che, in un modo o nell’altro, cercano di portare sul mercato qualcosa di nuovo o, almeno, di migliorare quanto abbiamo già tra le mani. Questo gioco si inserisce proprio in quest’ultima categoria, cercando di perfezionare la formula gettata da FTL: Faster Than Light.
Il titolo prende infatti evidentissima ispirazione dal famoso roguelite, portandoci una struttura di gioco praticamente identica, anche se con piccole variazioni. Se quindi hai amato il gioco, Trigon: Space Story ti ha sicuramente colpito, anche solo per un comparto tecnico molto più piacevole alla vista. Vediamo quindi se vale la pena giocarlo nella nostra recensione!
La storia di…Trigon: Space Story!
Trigon: Space Story non ha una vera e propria trama ma, al contrario, parliamo di un piccolo contesto narrativo che accompagna l’inizio della campagna. Dopo una breve spiegazione iniziale della situazione in cui ci troviamo, infatti, tutto lo sviluppo della storia viene affidato a brevi box di testo che appaiono direttamente durante le partite.
Data la generazione procedurale della galassia, ogni partita crea un intreccio diverso, fatto di ostacoli e problemi sempre nuovi. Per proseguire, infatti, bisogna selezionare i “nodi” di una mappa galattica, che ci portano in luoghi dove vengono descritti eventi casuali. A questo si aggiungono però dei “paletti”, dati da eventi sempre uguali in ogni campagna.
Proprio questi ultimi stonano parecchio con la struttura da roguelite, visto che aggiungono un fattore di ripetitività non indifferente, soprattutto nel caso di scelte di cui conosciamo già l’esito. In ogni caso, le descrizioni e i dialoghi si mantengono di alto livello, creando un’atmosfera interessante.
Distruggi lo scudo, poi le armi, poi il reattore!
Il gameplay di Trigon: Space Story prende a piene mani da quanto visto in FTL: Faster Than Light, presentandoci dei combattimenti spaziali dove le navi sono “composte” da vari moduli, ognuno con una stanza corrispondente. A questo si aggiunge un sistema di esplorazione quasi identico a quello del famoso roguelite, per un risultato che quindi è molto derivativo. Ma andiamo con ordine.
Ogni partita del gioco inizia davanti alla scelta di una delle razze disponibili. Dopo averlo fatto è possibile selezionare una delle varie navi del gioco, arrivando quindi ad avere una discreta varietà iniziale. Dopo aver fatto le nostre prime scelte ci troviamo davanti a una mappa generata casualmente e divisa in vari nodi, esattamente come in FTL o persino come in titoli come Slay the Spyre.
Per arrivare ai nodi più lontani, quindi, bisogna “saltare” tra i vari punti, in modo da avvicinarsi. Ogni nodo, però, porta anche delle minacce casuali, che possono andare da malus ambientali, a scelte multiple, passando per i combattimenti contro altre navi. Questo costringe il giocatore a ragionare bene sugli spostamenti, in modo da non incappare in situazioni troppo rischiose.
Si aggiunge poi la gestione delle risorse, che rivestono un ruolo fondamentale praticamente per tutto. Queste sono infatti utilizzate per saltare tra i nodi, per riparare e potenziare la nave e a volte per scambi di vario tipo. Sono quindi un punto centrale dell’esperienza, vista la loro scarsità.
Proprio per questo motivo l’eccessivo backtracking imposto dalla mappa di gioco è un difetto molto impattante sull’economia di gioco. Spesso, infatti, gli obiettivi di alcune missioni risultano essere in nodi della mappa già visitati e che di conseguenza devono essere nuovamente esplorati.
Essendoci già stati, però, raramente questi punti offrono qualcosa di nuovo, costringendo al contempo a sprecare le risorse necessarie per i lanci. Questo può portare a degli inevitabili momenti morti, dati dalla necessità di tornare in punti ormai vuoti, ma anche a un early game povero e sbilanciato.
Capita spessissimo infatti di trovarsi in early game fin troppo punitivi, o addirittura impossibili, per via della scarsità di risorse e di potenziamenti, che dovrebbero procedere di pari passo con il progredire della campagna principale (sempre generata parzialmente). La difficoltà, quindi, dovrebbe derivare dalla gestione della nave e dalla comprensione di scelte strategiche nel breve e nel lungo periodo, proprio come accade in FTL.
Una mappa così poco strutturata, al contrario, porta a scenari dove si trovano pochi potenziamenti, si torna indietro, o addirittura si trova l’obiettivo a pochi salti dalla nostra posizione.
In tutto questo, però, spicca la parte puramente gestionale di Trigon: Space Story. Le varie risorse vanno infatti utilizzate saggiamente per potenziare la nave e ripararla, nonché per ottenere nuove armi e in generale per gestire i vari sistemi. La nostra navicella ha infatti un sistema per ogni funzione e richiede energia per il funzionamento.
In pratica, l’energia del reattore deve essere divisa tra ossigeno, armi, sensori e così via. Questo costringe il giocatore a gestire la limitata capacità iniziale e impedisce anche di potenziare eccessivamente un sistema senza prima dare i giusti potenziamenti anche al reattore stesso. Un buon sistema, già visto in FTL, ma qui tristemente affossato dalla generazione fin troppo casuale di mappa e obiettivi.
Lo stesso si può dire del sistema di combattimento. Questo è infatti molto simile (se non uguale quasi del tutto) a quello di FTL. Ogni scontro vede due navi contrapposte, ognuna con equipaggio e sistemi, a cui sono assegnati delle stanze. Colpire la stanza di un sistema permette di metterlo temporaneamente fuori gioco, aiutandoci nello scontro.
Distruggendo gli scudi, per esempio, la nave nemica non potrà utilizzarli, risultando quindi esposta ai colpi dei laser, che a loro volta possono danneggiare più stanze. Questo, chiaramente, vale anche per noi. Si aggiungono poi vari tipi di armi, efficaci in modi diversi e contro diversi tipi di bersagli, o addirittura dei droni che possono dare funzioni aggiuntive.
Non bisogna poi dimenticare la nostra ciurma. Ogni unità ha infatti statistiche e abilità uniche, che la rendono più efficace in certi compiti piuttosto che in altri. Salendo di livello si sbloccano poi abilità, utili in situazioni diverse. Il tutto funzionerebbe, se non fosse rovinato da uno sbilanciamento brutale.
Da una parte abbiamo infatti un’eccessiva scarsità di risorse, che non permette di combattere al meglio (ad esempio si trovano pochissimi missili, che sono vitali per superare gli scudi) e dall’altro lato vi è un’eccessiva fiducia nella generazione procedurale della galassia.
Troppo spesso si va avanti senza aver trovato altre armi, continuando quindi a utilizzare quelle base. Altre volte si trovano invece armi fortissime, che consentono di disintegrare gli scudi nemici prima che possano fare qualcosa. Ancora più spesso, poi, si trovano navi nemiche fin troppo performanti, che ci distruggono senza che sia possibile fare nulla.
Teoricamente sarebbe possibile scappare da questi scontri, ma ci sono casi dove questo risulta impossibile per un rateo di fuoco nemico elevatissimo, che distruggendo il reattore non permette nemmeno di compiere l’ipersalto di fuga. Siamo quindi davanti a un titolo tendenzialmente meno vario e meno bilanciato.
Quindi, questo Trigon: Space Story è tutto da buttare? Assolutamente no. Il titolo parte infatti da basi solidissime e riesce a riportare in una nuova salsa il classico gameplay di FTL. Allo stato attuale delle cose, però, ha bisogno di un massiccio lavoro di bilanciamento, nonché di aggiunte che possano dare più varietà tattica agli scontri.
Tecnicamente niente male
Il comparto tecnico di Trigon: Space Story è forse la parte più riuscita del gioco. Siamo infatti davanti ad ambienti e navicelle molto dettagliati, accompagnati poi da effetti di luce davvero niente male, che danno al tutto molto più lustro della tipica estetica di FTL. Nota dolente sono le animazioni, davvero troppo macchinose.
Il comparto artistico è invece quello di un generico gioco “spaziale”, dove la galassia è stata colonizzata da tempo e dove un conflitto su vastissima scala prende piede. Praticamente un classico concept sci-fi.
Il comparto sonoro è invece ottimo, grazie a musiche ed effetti sempre all’altezza delle varie occasioni.