Source of Madness è uno dei tantissimi roguelite che inondano gli store digitali odierni, cercando di proporre qualcosa di nuovo ai giocatori o, almeno di ritagliarsi una fetta di pubblico. In questo caso siamo davanti a un titolo che sembra prendere ispirazione da Dead Cells, per poi distaccarsi in modo molto netto.
Il gioco punta tutto sulla generazione procedurale, che questa volta comprende anche i nemici stessi, e sul combattimento, fulcro centrale dell’esperienza e, in un certo senso, unica fonte di divertimento. Vediamo quindi se vale la pena mettere le mani su Source of Madness nella nostra recensione.
Source of Madness narra a sprazzi
La storia di Source of Madness non viene mai approfondita troppo e, al contrario, viene relegata a pochi dialoghi e a brevi cutscene, che comunque si mantengono molto criptiche. Ciò che sappiamo per certo, però, è che il nostro pianeta è stato invaso da “orrori blasfemi e indescrivibili”, direbbe Lovecraft, i quali scorrazzano indisturbati per le varie terre, portando morte e terrore.
Il nostro personaggio, invece, fa parte di un culto che si frappone a questa invasione del terrore, grazie a vari poteri magici. Gli accoliti di questa organizzazione cercheranno quindi di affrontare le orde di creature, in modo da trovare la fonte di questa follia e risolvere il problema.
Partendo da queste premesse, Source of Madness approfondisce pochissimo la storia, limitandosi a proporre brevi dialoghi pronunciati da personaggi enigmatici e sporadiche cutscene che non approfondiscono troppo. Il risultato, quindi, è quello di un piacevole contorno che, pur non diventano mai centrale, riesce comunque ad appassionare grazie a uno stile unico ed eccentrico.
Il fulcro di Source of Madness
Source of Madness, come spesso accade nel genere, punta tutto sul gameplay puro, cercando di distaccarsi dalla vastissima concorrenza che c’é oggi tra roguelike e derivati. Alla base, il titolo riprende la stessa struttura che abbiamo imparato a riconoscere: si parte da un hub, si esplora un dungeon generato casualmente, si muore e si riparte.
Dopo la morte si possono sbloccare diversi elementi, che vanno dalle cure, a nuove classi (anche se non troppo impattanti), a vari bonus. Il risultato finale è quindi quello del tipico loop dei giochi “alla rogue”, con una grandissima enfasi sul combattimento.
I dungeon di Source of Madness, di fatto, non sono mai troppo complessi e spesso si riducono a meri contenitori senza troppe cose da scoprire, dove lo scopo principale del giocatore diventa quello di affrontare orde di nemici che sbarrano la strada. Semplicemente si parte da un punto A e si arriva a un punto B, con poche deviazioni e pochi segreti in mezzo.
Proprio il level design è il difetto più evidente di Source of Madness. I dungeon sono infatti vuoti e privi di interazioni ambientali significative (come invece accade in giochi come Spelunky, Dead Cells e molti altri). Ci sono poi poche opportunità tattiche da sfruttare (come alture, piattaforme, ecc) e pochissimi segreti da scoprire nelle varie run.
A questo si aggiungono i nemici generati proceduralmente che, se dal punto di vista estetico fanno invidia all’Orrore di Dunwich, dal punto di vista ludico sono davvero orribili. E non in senso buono. Questi sono infatti delle masse informi di arti, corpi e tentacoli, “mescolati” in una sola creatura che spesso si limita ad avanzare verso il giocatore, attaccandolo con animazioni povere o nulle.
Non solo. Ogni nemico sfoggia una fisica ragdoll che si manifesta in ogni movimento, dove arti e protuberanze varie impattano con le varie superfici. Sulla carta questo sarebbe un pregio, me all’atto pratico vediamo spesso nemici incastrarsi nelle strettoie, nei dislivelli e in alcuni casi bloccando persino il giocatore tra un muro e il corpo stesso della creatura.
A questo si aggiungono i boss di grandi dimensioni, che portano all’estremo questa infelice scelta di game design. Questi sono spesso creature informi, con attacchi poco telegrafati e, per via della fisica ragdoll, su cui è possibile salire. Basta infatti saltare sopra il dorso del mostrone di turno per iniziare a sparare dardi a raffica senza poter essere colpiti.
Siamo quindi davanti a un’IA pessima, accompagnata da una penuria di animazioni e da attacchi con danni eccessivi (visto che spesso sono quasi impossibili da vedere), a cui si aggiungono nemici generati senza un senso logico e limitati nei loro pattern e nei loro movimenti.
E il nostro personaggio, invece, come affronta questi orrori? A nostra disposizione abbiamo due magie e due artefatti, che possono essere utilizzate con i tasti dorsali.
Le magie sono la nostra arma principale e sono discretamente varie tra loro. Possono infatti comprendere palle di fuoco, fulmini, lance di pietra, massi da caricare e altro. Ogni incantesimo vanta poi proiettili diversi, che viaggiano negli ambienti di gioco in modo convincente, impattando con i vari ostacoli e dimostrando una “fisica” credibile.
Da questo punto di vista, quindi, Source of Madness parte bene. Anche qui troviamo però delle criticità. Tanto per cominciare gli artefatti possono essere utilizzati soltanto dopo un lungo periodo di cooldown e, di conseguenza, hanno poco impatto sul gameplay generale e sulla maggior parte dei combattimenti.
Le magie stesse, poi, sono troppo poche per generare abbastanza varietà di situazioni e, allo stesso modo, non presentano dei tratti passivi (come i doni in Hades o le caratteristiche di Dead Cells) che possano aggiungere ulteriore profondità o varietà al loro utilizzo, che spesso si riduce allo spamming di due pulsanti.
Questo, aggiunto alla generazione procedurale poco soddisfacente – sia dei nemici che dei dungeon – delinea un gameplay ripetitivo e poco profondo; che ha le potenzialità di diventare più interessante, ma solo dopo altro tempo di sviluppo, che possa dare alle varie meccaniche di gioco una rifinitura che adesso manca.
Per adesso, infatti, gli scenari sono troppo vuoti e le situazioni troppo simili tra loro. Peraltro, questo problema affligge anche l’hub centrale, che risulta a sua volta vuoto e privo di interazioni soddisfacenti. A questo si aggiunge una certa dispersività che, in un ambiente non generato casualmente, è difficile da accettare.
In sintesi Source of Madness si dimostra un titolo che poggia eccessivamente sulla classica struttura da roguelite, proponendo però dungeon e nemici poco vari e poco interessanti, affiancati da un sistema di combattimento che parte da buone basi, ma ha bisogno di essere rifinito e particolareggiato. Detto in altre parole, c’é di meglio.
Puoi guardare, ma la tua mente potrebbe cedere!
Il comparto estetico di Source of Madness è la parte più riuscita del gioco ma, purtroppo, non viene valorizzato dal pessimo comparto tecnico. Il titolo presenta infatti animazioni pessime o assenti, sia per i nemici, che per i personaggi incontrati. Gli ambienti alternano poi scorci davvero belli e dettagliati, ad altri con texture a bassa risoluzione, con un risultato finale poco esaltante.
Il comparto artistico è invece riuscitissimo, dato che riesce a ricreare molto bene le tipiche atmosfere lovecraftiane. Siamo infatti di fronte a creature indescrivibili, a paesaggi terrificanti e grigi e a una palette di colori mai troppo accesa. Senza dubbio, è proprio questa estetica particolarissima ad aver attirato molti giocatori ma, come sempre, questa non basta a promuovere un videogioco.
Infine, il comparto sonoro è di buon livello, grazie alle musiche riuscitissime, accompagnate da versi mostruosi ed effetti sempre di buon livello.