Gravitar: Recharged fa parte di quella serie di riuscitissimi remake che stiamo vedendo ultimamente, dove i classici del passato vengono riportati in vita grazie a riedizioni fedeli all’originale, ma che comunque presentano un gameplay svecchiato e perfezionato, in modo da essere fruibile anche dai palati “moderni”.
Abbiamo già recensito gli ottimi Asteroids: Recharged, Centipede: Recharged, Missile Command: Recharged e altri remake meno conosciuti, che ovviamente puoi trovare sul sito. Siamo quindi davanti a un periodo florido per le formule di gioco in stile arcade, che tornano anche grazie a titoli come Windjammers 2. Gravitar: Recharged si aggiunge quindi a questa folta schiera di videogiochi perfetti per gli appassionati.
In Gravitar: Recharged si passa subito all’azione!
Gravitar: Recharged ci mette nei panni di un astronauta che cerca di tornare a casa, passando da vari sistemi solari per completare missioni di ogni tipo, fino a raggiungere la sua destinazione. Questa premessa, però, resta soltanto un semplice contesto narrativo e, come da tradizione arcade, il gioco non presenta una qualsivoglia forma di storia o di narrazione.
Semplicemente, si passa subito all’azione, senza nessuna premessa, nessun dialogo o nessuna schermata. Come sempre, però, non siamo davanti a un difetto, ma a una scelta ben precisa, che si riallaccia alla tipica formula “da cabinato”, dove il gameplay la faceva da padrone e le distrazioni tra una partita e l’altra dovevano essere ridotte al minimo (chi ha detto che in passato gli sviluppatori non pensassero al guadagno?).
Tra pianeti, missioni e asteroidi
Il gameplay di Gravitar: Recharged si distacca un pochino da quello dei tipici giochi arcade, dove solitamente l’intera partita si svolgeva in una sola schermata, a volte addirittura senza variazioni di sorta. Le meccaniche erano poche e semplici, visto che la bravura del giocatore stava nell’altissimo skill ceiling richiesto per padroneggiarle.
In questo caso, invece, siamo davanti a una formula che alterna una forma blanda di esplorazione spaziale, dove i pianeti diventano le tipiche schermate statiche dove si svolge la partita. Nonostante i controlli della navicella restino sempre gli stessi, peraltro, il feeling cambia moltissimo tra l’esplorazione del sistema e quella dei singoli pianeti. Ma andiamo con ordine.
Ogni partita inizia in un sistema solare composto da un sole centrale che esercita una forza di gravità e da diversi pianeti che gravitano attorno a questo corpo celeste, insieme a piccoli ostacoli, come asteroidi. In questa fase del gameplay, il nostro compito è quello di avvicinarsi ai diversi pianeti e atterrare, facendo attenzione a non avvicinarci al corpo celeste centrale, che ci distruggerebbe.
Ogni pianeta ospita una diversa missione da completare e, per passare al sistema successivo, dobbiamo necessariamente concludere i compiti presenti su ogni singolo pianeta del sistema. Queste missioni non sono mai troppo lunghe e hanno vari obiettivi, che vanno dalla distruzione di un obiettivo, all’attivazione di antenne, passando per l’uccisione di nemici.
Proprio durante lo svolgimento di questi compiti, il gameplay di Gravitar: Recharged si fa duro. Una volta atterrati su un pianeta, infatti, ci troviamo davanti a una schermata singola in cui far volare la nostra navicella. A differenza dell’esplorazione nello spazio, però, qui troviamo vari ostacoli.
Tanto per cominciare, l’ambiente stesso diventa nostro nemico, visto che toccare le mura dello scenario o i vari frammenti volanti ci farà perdere una vita. A questo si aggiunge una differente forza di gravità, che modifica il comportamento della navicella in volo e che deve quindi essere considerata. Infine, troviamo ad aspettarci nemici, mine e ostacoli ambientali.
Per fortuna, però, troviamo anche degli upgrade che possono essere raccolti con un comodo raggio traente. Questi permettono di ottenere diversi vantaggi, come diventare invincibili per breve tempo, potenziare il nostro cannone e così via.
Ed è proprio qui che entra in gioco il sistema di controllo della navicella di Gravitar: Recharged. Questa, infatti, si controlla in modo simile (se non uguale) a quanto visto in Asteroids. Abbiamo quindi un tasto per la propulsione che ci spara verso la direzione in cui puntiamo, per poi lasciarci in balia dell’inerzia o di un nuovo slancio. A questo si aggiunge un cannone che permette di sparare, di nuovo, verso la direzione in cui puntiamo.
Di conseguenza, ci troviamo davanti a dei controlli che richiedono una certa maestria per essere usati, soprattutto quando bisogna spostarsi di lato e sparare. In casi come questo bisogna infatti girarsi verso la direzione in cui si vuole volare, per poi ruotare nuovamente la navicella verso il bersaglio e sparare finché la forza d’inerzia continua a farci muovere verso la direzione precedente.
A questo si unisce la forza di gravità dei pianeti, che deve essere costantemente gestita con continui cambi di rotta e piccole propulsioni laterali. Se poi ci aggiungiamo alcuni obiettivi che richiedono di entrare in luoghi stretti, capiamo subito che il tasso di sfida di Gravitar: Recharged è molto alto.
Siamo però davanti a un titolo molto soddisfacente, più complesso dei congeneri e davvero divertente da giocare, visto che i controlli “alla Asteroids” qui trovano un’incarnazione più sfidante e appagante. Allo stesso tempo, però, la totale mancanza di spiegazioni rende le prime ore di gioco davvero difficili, visto che bisogna capire cosa fare e come muoversi.
Ma il vero difetto di Gravitar: Recharged, purtroppo, sta nella sua ripetitività di fondo. Il gioco, infatti, è pensato con un loop di gameplay ben preciso, che vede il giocatore tentare, morire e ritentare diverse volte prima di raggiungere l’obiettivo. Sono addirittura previsti modificatori che rimuovono lo scudo (che permette di incassare due colpi prima di perdere una vita) o che ci danno una sola vita al posto delle consuete tre.
Tutto questo presuppone che il giocatore debba ripetere diverse volte la partita e, di conseguenza, diventa importante aggiungere un pizzico di varietà. Questa arriva grazie ad alcuni nemici e obiettivi posizionati in modo casuale ma, purtroppo, non per i pianeti. Questi prevedono infatti sempre lo stesso scenario e sempre le stesse missioni, diventando presto ripetitivi.
Sia chiaro, il gioco si mantiene fedele all’originale e la posizione casuale di nemici e obiettivi lo rende comunque divertente, ma in in remake così “moderno” sarebbe lecito aspettarsi quel passo extra che possa rendere la vita del prodotto ancora più lunga. In ogni caso, Gravitar: Recharged ha il suo fulcro nella sfida costante, che vede il giocatore perfezionare la sua maestria delle meccaniche di gioco, fino a diventare abbastanza bravo da concluderlo.
Siamo quindi di fronte a un’ottima riedizione di un classico dimenticato, che adesso potrà essere riscoperto (o scoperto!) da molti appassionati del genere, che non dovrebbero assolutamente lasciarselo sfuggire.
Una piccola gioia per gli occhi
Gravitar: Recharged vanta un ottimo comparto tecnico, che propone ambienti e sprite nitidi e colorati, accompagnati da effetti visivi convincenti. Il merito va tutto all’ottimo comparto artistico, che qui abbandona l’estetica al neon per proporre qualcosa che sembra quasi disegnato a mano, con uno stile minimalista e colorato. Il risultato è semplicemente eccellente.
Il comparto sonoro si adatta proprio all’estetica appena citata e abbandona le musiche dirompenti tipiche del genere, in favore di qualcosa che sembra quasi rilassante. Anche stavolta, il risultato è davvero apprezzabile.