Capita talvolta che nel mercato videoludico faccia la sua comparsa “il gioco giusto al momento giusto”. Potremmo pensare a una miriade di titoli, mi viene in mente ad esempio Cuphead, che oltre alla sua indiscutibile qualità, è arrivato quando buona parte della community lamentava la mancanza di reali sfide in ambito videoludico al di fuori dei soulslike; potremmo citare anche Captain Tsubasa: Rise of New Champions, che ha colmato esattamente il vuoto lasciato da produzioni come Inazuma Eleven o Fifa Street nell’ambito della simulazione calcistica di stampo puramente arcade.
La lista potrebbe essere decisamente più lunga di così, ma terminerebbe con l’oggetto di questa recensione: Soulstice, letteralmente il gioco giusto al momento giusto, e per diversi motivi tra l’altro! Anzitutto, il genere stilish action nel quale rientra il gioco vede ormai da un bel po’ latitare i suoi più grandi esponenti, come Bayonetta (il quale terzo capitolo, dopo tanta attesa, vedrà finalmente la luce il prossimo 28 ottobre) e soprattutto Devil May Cry, che dopo un mediocre quinto capitolo si è discostato dalle scene, con Capcom attualmente focalizzata su brand come Resident Evil e Monster Hunter.
Inoltre, Soulstice arriva in un momento particolare per l’industria videoludica italiana: gli sviluppatori nostrani rimangono spesso in ombra, schiacciati da concorrenti esteri con molte più risorse, eppure dall’Italia arrivano spesso produzioni interessanti, basti citare Mario + Rabbids, sviluppato da Ubisoft Milano e talmente apprezzato da rendere il secondo capitolo uno dei titoli più attesi dell’anno su Nintendo Switch.
Tuttavia, l’ultima next big thing italiana si è rivelata una cocente delusione, parliamo ovviamente di Baldo, titolo ispirato a Zelda e alle opere dello Studio Ghibli che si è attirato numerosissime critiche a causa di una qualità a dir poco scadente; Sousltice, sviluppato da Forge Reply, va in un certo senso a riscattare la scena italiana, rivelandosi una delle più grandi sorprese dell’ultimo periodo! Analizziamolo nel dettaglio nella nostra recensione!
L’Eclis… ah, no…
È bene chiarirlo fin da subito: Soulstice è un gioco estremamente derivativo, ma questo non lo rende certamente un titolo scontato o privo di originalità. Tutt’altro! Il titolo prende ispirazione da opere di un certo livello e riesce a rielaborarle in maniera molto originale, non mancando di omaggiare mostri sacri che hanno fatto la storia del dark fantasy nipponico come Berserk (e qui, potremmo rilevare un altro pregio del titolo: averci regalato un vero gioco di Berserk degno di nota, per quanto “apocrifo”) e Claymore, con quel tocco di Dark Souls che ormai sembra essere un must in produzioni del genere.
Con un incipit di stampo quasi biblico, l’introduzione di Soulstice ci racconta che all’inizio c’era il Caos, un’oscurità talmente pura e avida che dovette essere arginata dai Custodi, entità ultraterrene che riuscirono a confinare questo caos primordiale ed esiliarlo al di fuori della realtà. Tuttavia, l’epica battaglia tra i tre Custodi e il Caos non bastò a portare la serenità nel mondo di gioco.
Il caos infatti sopravvisse, e accanto alla stirpe degli uomini iniziò a proliferare la progenie del Caos, nata dalla morte stessa e destinata, in maniera parecchio simile a Dark Souls e alla sua ciclicità del tempo, a tornarci, in un ciclo infinito di morte e rinascita. In questo mondo sull’orlo del collasso ha luogo l’avventura di Brice e Lute, due sorelle unite in uno speciale essere che prende il nome di Chimera.
Se la bella Brice infatti è viva e in forze, e prontissima ad affrontare a suon di spada le mostruosità che troveremo sul nostro cammino, la piccola Lute invece si trova in forma spiritica ed è legata alla sua sorella maggiore proprio nell’essere che viene chiamato Chimera. La nostra missione sarà quella di recarci a Leindel, una delle tre capitali del regno, e indagare su una Breccia che potrebbe frantumare completamente il Velo che ci separa dalla dimensione in cui è stato esiliato il Caos, che potrebbe così tornare a invadere il regno degli esseri umani.
Già dall’incipit narrativo si possono notare, come anticipato, dei forti riferimenti a Berserk, come la Breccia che ricorda in tutto e per tutto l’Eclissi (e i riferimenti allo storico capolavoro di Kentaro Miura non finiscono qui!), e a Claymore data la presenza di uno squadrone di protagoniste interamente composto da donne e soprattutto data la condizione instabile di Brice. Il tutto però viene rielaborato in maniera molto originale e infarcito anche di riferimenti a serie come Devil May Cry (del quale Soulstice vuole essere un “figlioccio”), o perfino a Bloodborne, creando un mix unico e interessante.
Ad arricchire una storia ben scritta c’è poi un ottimo cast di personaggi; nulla di eclatante a dire il vero, e anzi, ogni personaggio, a partire dalla coppia di sorelle protagoniste, richiama degli stereotipi abbastanza leggibili e prevedibili. Tuttavia, a dare forza alla storia è un ottimo lavoro corale dettato soprattutto tra le relazioni tra personaggi, che pur nella loro stereotipia sapranno rendersi interessanti e a tratti anche memorabili, tanto da farmi desiderare un sequel di Soulstice che vada approfondire il mondo di gioco e i suoi personaggi.
Gameplay ricco di stile!
Come anticipato in apertura, Soulstice si inserisce nel filone degli stylish action alla Devil May Cry e Bayonetta e allo stesso tempo raccoglie l’eredità dei suoi predecessori e colma il vuoto che hanno lasciato in questi ultimi anni; la volontà di omaggiare queste opere è palese più che mai nel gameplay, ripreso in maniera precisa dai due anche se snellito (forse troppo) in alcune caratteristiche.
Anzitutto, Soulstice è completamente votato all’azione e al rendere spettacolare ogni battaglia, pertanto, alla fine di tutti gli scontri ci sarà una valutazione che terrà conto dei danni subiti, della velocità di esecuzione e della varietà di combo e armi usate per eliminare i nemici; ogni singola valutazione confluirà poi in quella finale del livello, facendo sì che il giocatore abbia un impegno costante in tutta la missione per mantenere alta la media.
La nostra Brice avrà a disposizione una pletora di armi che andranno da semplici spade, una più leggere e una versione più pesante, fino ad armi per scontri a distanza come un arco, passando per altri strumenti di morte a distanza ravvicinata come una coppia di potenti guanti da combattimento. Una particolarità del gameplay sta nel fatto di poter utilizzare due armi alla volta e ognuna delle due sarà legata alla combo leggera o a quella pesante.
La primissima spada che impugneremo sarà infatti legata agli attacchi leggeri, mentre tutte le altre armi che otterremo saranno collegate a quelli pesanti. Una soluzione che certamente favorisce la spettacolarità dell’azione e anzi, grazie alla possibilità di scambiare istantaneamente le armi “pesanti”, rende i combattimenti dinamici e variegati, ma a lungo andare scopre il fianco a una certa eccessiva linearità nelle combo che potrebbe risultare ben poco soddisfacenti soprattutto per i giocatori più navigati in questo genere di produzioni che sanno farsi ricordare anche per un certo grado di complessità tecnica.
A rendere però più interessante una formula che avrebbe bisogno di qualche rifinitura, ci pensa la cooperazione tra le due sorelle. Se Brice infatti è l’addetta al combattimento, Lute non se ne starà con le mani in mano, proseguendo di missione in missione incontreremo nemici di natura molto diversa tra loro e alcuni subiranno danno soltanto entrando in uno dei due Campi di Lute; questi due campi saranno contraddistinti dal blu e dal rosso, e bisognerà attivare quello corrispondente al colore dei nemici in questione per poterli colpire e battere.
Le capacità magiche di Lute risulteranno anche particolarmente utili per quanto riguarda l’esplorazione e la risoluzione dei vari enigmi ambientali, che perlopiù consisteranno in varie fasi di platforming nel quale distruggere cristalli di un determinato colore per sbloccare passaggi e shortcut o di alternare l’uso dei Campi per attraversare piattaforme sospende in aria e intangibili al di fuori dei Campi in questione.
Anche la gestione dei power up delle due sorelle è particolarmente interessante, le due infatti avranno due alberi delle abilità completamente separati e se Lute potrà potenziare direttamente le sue capacità magiche, Brice invece non andrà a potenziare sé stessa, bensì il proprio equipaggiamento, sbloccando combo e aumentando l’efficacia delle singole armi.
Il sistema di combattimento quindi si rivela parecchio soddisfacente, seppur troppo lineare a tratti, il vero problema degli scontri però saranno i nemici stessi. I nostri avversari infatti non saranno particolarmente ispirati in quasi nessuna delle loro apparizioni, a partire dai mob che animeranno i vari scontri, fino alle boss fight, che non sempre sapranno rivelarsi memorabili, a parte alcune eccezioni veramente di rilievo che risollevano il tenore di questi scontri di fine livello.
Comparto tecnico… con un po’ meno stile…
Purtroppo, la più grande pecca di Soulstice sta nel suo comparto tecnico, che mostra i limiti di una produzione con un budget da AA; va detto però, a onor del vero, che le risorse a disposizione degli sviluppatori sono bastate per dar vita comunque a un’opera godibile. Il gioco infatti mostra il fianco quasi esclusivamente nel suo comparto grafico.
Non si tratta di un gioco visivamente brutto, ma salta all’occhio il suo non essere proprio al passo con gli standard grafici odierni soprattutto in alcuni effetti come le fiamme (elemento molto presente dato il setting della città distrutta in cui si ambienta buona parte dell’esperienza) e risulta anche fastidioso il costante riciclo di asset, in particolare ponti e balconate, tutti uguali tra di loro. Va detto però che la qualità grafica si impenna notevolmente nelle cutscene, graziate soprattutto da una regia ottima che mantengono sempre l’azione leggibile anche nei momenti più concitati.
Un discorso diametralmente opposto va fatto per quanto riguarda il comparto sonoro, che ci regala una colonna sonora adrenalinica e con una forte componente dubstep che si sposa alla perfezione con la frenesia degli scontri e che ricorda da vicino quel capolavoro che è la colonna sonora di Devil May Cry 3.
In definitiva, Soulstice è un ottimo titolo sviluppato da una software house italiana, ma non solo, è in generale un titolo ricco di meriti che non solo omaggia il genere di appartenenza, ma riesce a colmare anche un vuoto di qualche anno nella scena stylish action che forse (anche se spero il contrario) nemmeno Bayonetta 3 riuscirà a colmare in maniera soddisfacente. Un’avventura adrenalinica e ricca di riferimenti a mostri sacri come l’epopea di Gatsu che vale assolutamente la pena vivere!