Sviluppato da Agelvik e pubblicato da Ratalaika Games, God Damn The Garden è uno sparatutto in prima persona che richiama lo stile grafico dell’epoca del Nintendo 64 e il gameplay del primissimo DOOM. Sarà riuscita questa fusione a rendere il gioco memorabile? Noi abbiamo affrontato le pene dell’inferno (letteralmente) su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione.
God Damn The Garden: Skeleton Bastard
God Damn The Garden non vuole raccontare una storia memorabile, non è nel suo interesse nonostante un prologo comunque, a suo modo, intrigante. Ma procediamo con ordine: noi siamo un’anonima anima che viene bullizzata da un “dio scheletro”, tale Skeleton Bastard (“bastard” di nome e di fatto) che decide di metterci alla prova, spedendoci nelle profondità di un “giardino divino” e crudele.
Diciamo che, nonostante un ambiente inizialmente molto “vegetale”, non è difficile intuire che ci ritroviamo in un mondo infernale, pieno di insidie, orrori e altre inenarrabili mostruosità. Vuoi sapere che mostruosità? Tipo… delle creature simili a dei Gremlins che una volta colpite esplodono in chiazze di sangue e ossa. Sì, ok, non sono così mostruosi ma scoprirai che sanno essere terribilmente crudeli e infami.
Dunque, la trama di God Damn The Garden è fondamentalmente il tentativo di “ascesa” di questa povera anima scheletrica (letteralmente) che affronta una serie di dure ed enigmatiche, nonché in gran parte noiose, sfide. Il tutto è condito da creature bislacche pronte a parlare e/o offenderci e che noi potremo ascoltare e/o uccidere (in pratica o le ascolti, o le uccidi). A tal riguardo, l’umorismo del gioco non è malvagio ma alla lunga può stancare. Diciamo che rispondere con “LOL” o leggere l’opzione “Ti ammazzo” può divertire all’inizio ma alla lunga perde il suo effetto comico.
Il gioco a conti fatti è una sorta di macro parodia ma non affronta mai realmente né la parodia ludica di genere, né un eventuale rapporto con le religioni o quant’altro. Sì, c’è una lore, ci sono racconti, c’è un sottofondo narrativo ma è opaco, poco accattivante, mal raccontato e poco approfondito (a partire dal protagonista anonimo).
Gameplay
Il gameplay di God Damn The Garden è estremamente basilare, sintetico e privo di sorprese. Avremo a nostra disposizione un’unica arma tanto brutta esteticamente quanto pessima a livello di performance e praticabilità. Se con la destra imbracciamo l’orribile fucile, con la sinistra custodiremo il nostro cuore su cui sarà sempre visibile il nostro livello di danno. Se tale livello arriva a zero, moriamo e ricominciamo dal checkpoint.
I checkpoint sono una sorta di totem scheletrico posizionato al centro di un cerchio d’ossa che si attiverà al nostro ingresso. Questo significa che rinasceremo da qui e che il gioco ha “salvato” automaticamente. Il posizionamento di questi checkpoint non è sempre intelligente, purtroppo. Può capitare di trovarne in gran quantità uno dietro l’altro così come capitano lunghe zone, anche molto complesse, private di questo punto di “salvezza”. E se te lo stai chiedendo, no, i checkpoint non curano l’energia.
Per curare l’energia dovrai sparare a delle piante con fiori a forma di cuore. Anche queste non sono posizionate sempre in modo intelligente e spesso per curarti dovrai affrontare orde di nemici. La situazione non migliora per quanto riguarda i proiettili della nostra orribile arma. Trattasi di sfere gialle la cui carica è sempre visibile a schermo direttamente sull’arma (come per l’energia vitale). E come per i cuori, così per i proiettili: dovrai sparare a delle piante dai fiori gialli (che sono appunto i proiettili).
Nemici coccolosi ma infami
Stabilito come siamo armati e quali sono le risorse che God Damn The Garden mette a nostra disposizione lungo la mappa di gioco, passiamo ai nemici. Non lasciarti ingannare dall’apparente coccolosità e stravaganza dei nemici. Dai volti di “rana” che sbucano dai muri ai Gremlins piccoli e pacioccosi che saltellano per i sentieri. Quelle bestie sono infami.
Appena ti vedono, ti spareranno contro (hanno quasi tutti gli stessi proiettili) e ti faranno tanto, tanto male. Troppo. Partiamo dalla consapevolezza che noi abbiamo 100 di energia. Ogni colpo avversario, nemico baso, toglie da 25 a 50. Coi nemici più ostici, ogni singolo danno può arrivare a togliere 75. Facendo due conti, in media, basta prendere due o tre colpi per morire.
Se inizialmente ci ritroveremo ad affrontare uno o due nemici, presto questi aumenteranno di gruppo e inoltre spareranno dall’alto e anche dalle spalle. Il livello di sfida diventa così terribilmente elevato e la frustrazione è quasi immediata. Aggiungiamo che il sistema di mira utilizzato dal gioco non è dei più pratici (e il mirino è decisamente piccolo e ballerino). C’è un sorta di agganciamento automatico che fallisce miseramente in quanto non sempre il colpo colpisce il bersaglio.
Ma non è tutto, presto scoprirai che esistono nemici che possono ucciderti con un solo colpo semplicemente raggiungendoti. Li puoi uccidere, vero, ma richiede un quantitativo di colpi esagerato e loro sono stranamente veloci. Esistono poi nemici che calano improvvisamente dall’alto, avvisandoci con un semplice rumore. Altri, invece, appaiono alle spalle, così a sorpresa.
E vogliamo parlare dei boss? Se questi sono esteticamente assurdi (il primo boss è un gattone azzurro, deforme, volante e triste) sono terribilmente ostici con una barra di energia generosa e un range di attacchi molto vasto. Sono così forti che alcuni ci hanno colpito anche da dietro i muri (ma questo è un problema tecnico del gioco). L’altra complicazione di God Damn The Garden è che il luogo dei combattimenti è quasi sempre stretto. Corridoi, piccole stanze, tutto è molto raccolto e questo agevola la nostra inevitabile morte.
God Damn The Garden è un gioco impossibile? No. Ma è un gioco in parte ingiustamente punitivo e che si rende inaccessibile per chi ha poca pazienza. Bisogna padroneggiare il sistema di mira e memorizzare bene dove sono i nemici, come sparano e dove si spostano. Questo richiede innumerevoli tentativi e fin’ora abbiamo escluso la parte “platform”.
God Damn The Garden include momenti in cui dovrai saltare e ammettiamo che non sono malvagi. Non totalmente. Ci sono trappole da schivare, piattaforme che ci fanno rimbalzare e tanto altro. Purtroppo la resa grafica non aiuta molto a orientarci (grazie anche all’assenza della mappa da gioco). Per fortuna il gioco e quindi anche l’area da gioco, sono abbastanza brevi.
Da segnalare che God Damn The Garden è interamente sottotitolato in inglese (assente l’italiano). I testi sono molto comprensibili e suggeriamo di prestare attenzione in quanto a seconda di alcune scelte che faremo con i personaggi (bizzarri) che incontreremo lungo il percorso, potremo sbloccare o bloccare eventuali scorciatoie o quant’altro.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando God Damn The Garden si ancora al low poly che ha caratterizzato la generazione Nintendo 64 ma lo fa dimenticandosi che si trova ora su Nintendo Switch. I corridoi sono quasi tutti uguali, l’ambiente è poco evocativo (seppur il primo impatto può incuriosire). I nemici sono caratterizzati decisamente male. Le animazioni sono legnose e brutte. Ci sono problemi di compenetrazione e proiettili che attraversano i muri. Ci sono anche nemici che sparano ma che non vediamo in quanto appaiono in ritardo (come alcuni faccioni di rana incastrati nei muri).
Per quanto riguarda il sonoro, l’intro è piacevole, gli effetti sono quelli base e abbastanza ripetitivi. Non c’è un doppiaggio ma i personaggi borbottano o mugugnano cose indecifrabili. Tutto sommato fa il suo dovere con sufficienza senza brillare o annoiare.