Necroboy: Path to Evilship è un puzzle game in 3D, creato da Chillin Wolf, autore indie che ha lavorato da solo per la creazione di questo titolo, e distribuito da Gravity Games Arise Co. Il fatto di essere stato creato da una sola persona si vede soprattutto dal un punto di vista tecnico, anche perché c’è da ammettere candidamente che non si è di fronte al prodotto più raffinato di sempre, soprattutto da un punto di vista grafico. Nonostante questo il lavoro svolto è buono e soprattutto sa divertire, ma procediamo per gradi in questa recensione di Necroboy: Path to Evilship.
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In Necroboy: Path to Evilship l’obbiettivo è diventare il più grande negromante di sempre
Nella trama di Necroboy: Path to Evilship prenderai i panni di un giovanissimo negromante, di nome Necroboy, che vuole diventare il signore del male assoluto. Per farlo dovrà arrivare alla cripta di NecroMan, ovvero il suo beniamino, ma arrivare alla cripta non sarà per nulla semplice, infatti sarà necessario risvegliare i morti sotto forma di minion e utilizzarli per risolvere i vari puzzle che bloccano la via, al traguardo del giovane anti-eroe.
La trama, come puoi ben leggere, è solo un mero pretesto per poter proseguire nei vari livelli di gioco, non spicca di originalità è vero, tuttavia c’è da apprezzare lo sforzo di aver dato un minimo di background al perché andrai a svolgere tutte la azioni del titolo.
Molto interessante il fatto che la maggior parte delle cutscene sono infarcite di battute che aumentano la leggerezza complessiva del titolo. Peccato che queste non siano doppiate e si faccia uso di buffi versi (alla The Sims per capirci), tuttavia è un difetto che ci può stare, a fronte del fatto che tutto il lavoro è stato fatto da una sola persona e questo si tramuta in un budget particolarmente limitato, ma condito da tanta, tantissima passione.
Resuscita, sblocca, passa
Lo scopo di Necroboy: Path to Evilship è molto semplice. Avrai una serie di livelli piccoli, rappresentati da stanze, nelle quali dovrai arrivare da un punto A ad un punto B. Spesso i passaggi saranno ostruiti da un qualche tipo di ostacolo, i quali saranno aggirabili premendo alle volte un pulsante, tirando una leva oppure sbloccando qualche altro meccanismo.
Purtroppo Necroboy non è in grado schiacciare i pulsanti o tirare leve (questa cosa tra l’altro viene spiegata tramite un dialogo particolarmente esilarante) quindi dovrà evocare dei minion che facciano il lavoro sporco per lui, i quali potranno essere evocati grazie ai cadaveri che occuperanno i livelli di gioco. Praticamente i minion rappresenteranno le anime di sventurati che hanno attraversato il castello in passato.
I controlli saranno molto semplici e intuitivi con lo stick analogico per muovere Necroboy, un tasto per evocare i minion, un altro per impartire gli ordini di azione ed infine uno per dire ai minion di fermarsi in un punto oppure seguirti nei tuoi passi.
Come da prassi i primi livelli serviranno a farti capire come sono i controlli di gioco e capire che cos’hai di fronte, ma mano che il titolo proseguirà, i puzzle diventeranno sempre più ostici, anche se c’è da sottolineare che questi non diventeranno mai al limite dell’impossibile, si tratterà solo di spremersi un po’ di più le meningi e magari fare un utilizzo più sapiente di uno o più minion, visto che Necroboy non si sporcherà mai le mani…dopotutto lui sarà la massima incarnazione del male!
Per quanto riguarda la longevità del titolo non siamo di fronte al gioco più lungo di sempre, infatti per completare il tutto saranno sufficienti circa 6/7 ore di gioco. Una volta esaurite queste e dopo aver sbloccato i 3 livelli segreti, ci sarà ben poco altro da fare se non provare ad ottenere i collezionabili del titolo. Questi saranno nuovi vestiti per i tuoi minion oppure un costume alternativo per Necroboy (a tema halloween, ovvero con una zucca in testa), davvero non molto, peccato perché mettere qualche sbloccabile in più avrebbe sicuramente fatto bene al titolo.
Graficamente il tasto più dolente
La grafica di Necroboy: Path to Evilship è sicuramente il tasto dolente di tutto il titolo. Questa fa ampio uso di tonalità scure e tendenti al viola. I modelli poligonali sono fatti tramite l’utilizzo del cell shading (tecnica che negli ultimi anni è andata un po’ in disuso, ma a metà anni 2000 era sulla cresta dell’onda), grazie alla quale sembra di essere all’interno di un cartone animato.
Tuttavia i modelli poligonali appaiono un po’ grezzi e poco definiti, dando quell’idea di lavoro non curato. Anche gli ambienti di gioco risultano spogli nel complesso. Buona invece la musica con dei toni che ricordano tantissimo una serata di halloween, quindi in pieno mood con il titolo.