Da piccolo, per me e per molti altri nati a inizio anni ’90, le vacanze estive al lido significavano una cosa sola: cabinati! In questi magici luoghi io e tutti gli altri appassionati potevamo sopperire alla mancanza di console casalinghe dando libero sfogo alla nostra passione per il medium videoludico. Il genere prediletto era uno e soltanto uno: lo sparatutto a scorrimento!
Gradius, Aleste, l’indimenticabile Aero Fighter II, TUTTI i Metal Slug, non c’era uno sparatutto a scorrimento che non passasse sotto la nostra attenta lente di ingrandimento (e che non ci risucchiasse avidamente svariate decine di gettoni). Sarà probabilmente per questo mio background videoludico che buona parte degli sparatutto a scorrimento che mi ritrovo davanti mi danno sempre un forte senso di nostalgia.
Molto spesso questa è solo apparente, talvolta invece sono gli sviluppatori stessi a puntare sulla nostalgia, consci del fatto che l’epoca d’oro del genere è ormai passata da un pezzo. Wings of Bluestar, l’oggetto di questa recensione, rientra alla perfezione in questo discorso, volendo rievocare a pieno i canoni dei classici sparatutto a scorrimento, ma mancando purtroppo di un pizzico di personalità in più per rientrare tra i titoli significativi per il genere. Analizziamo più nel dettaglio!
Wings of Bluestar: il “solito” collasso della civiltà
Wings of Bluestar ci presenta una trama molto semplice, ma che, almeno nelle sue premesse narrative, riesce a rivelarsi interessante (salvo poi essere completamente sprecata nello sviluppo). Ci troviamo su Accessia, chiamato anche Bluestar, un pianeta molto simile alla Terra, che sta attraversando un periodo di forte crisi energetica che lo sta mandando sull’orlo del collasso.
Nella disperata ricerca di una soluzione, gli scienziati di Accessia trovano un misterioso oggetto nelle profondità del pianeta. Dopo molte ricerche, comprendono che si tratta di un essere senziente; tuttavia è ormai troppo tardi per riuscire a salvare lo sfortunato pianeta, pertanto gli scienziati decidono di mandare in orbita la coscienza digitalizzata dell’oggetto, assieme all’intera conoscenza umana, così che possa in futuro tornare e far ripartire da zero la civiltà.
E il piano va effettivamente in porto, ma questa coscienza digitale torna su un pianeta la cui civiltà è ormai tornata alla preistoria, riesce pertanto a farla prosperare nel migliore dei modi. Questa nuova guida della civiltà viene chiamata BRAIN, e fa funzionare effettivamente tutto nel migliore dei modi, ma al caro prezzo della libertà: tutti devono infatti sottostare alle decisioni di stampo dittatoriale di BRAIN che ha completamente annientato ogni forma di libero arbitrio. Completamente, o quasi…
Il più classico gruppo di ribelli infatti è deciso a rovesciare il regime dittatoriale di BRAIN e delle sue macchine e per farlo deve pilotare le più classiche delle astronavi e dichiarare guerra alle armate robotiche di BRAIN. Se la descrizione ti sarà sembrata troppo dettagliata e a tratti ricca di spoiler, sappi che tutte queste informazioni sono condensate in poche slide all’inizio dello story mode.
Questo è indubbiamente il più grande difetto della narrazione di Wings of Bluestar; certo, questo genere non necessita e nemmeno richiede una grande trama, che di solito si rivela invece un semplice pretesto per collegare i vari stage, ma nel momento in cui si decide di inserirne una (peraltro interessante!) si dovrebbe fare in modo di rendere la narrazione equilibrata e omogenea nel corso dell’avventura. Il gioco invece ci lancia addosso una miriade di informazioni in pochi minuti e poi abbandona completamente la trama a sé stessa.
Gameplay: manca un po’ di sal… ehm, di equilibrio
La cosa che mi ha lasciato parecchio perplesso è che anche dal punto di vista del gameplay Wings of Bluestar si rivela un titolo fortemente sbilanciato. Chiariamoci, non innova assolutamente nulla, anzi, rimane perfettamente aderente ai canoni imposti dai suoi ben più illustri predecessori, e proprio per questo suo giocare in una safe zone ben codificata avrebbe dovuto quantomeno rivelarsi solido e ben riuscito, ma così non è.
La progressione sarà la solita degli sparatutto a scorrimento nel quale ci ritroviamo a pilotare una nave spaziale: ci verranno incontro decine di nemici a ondate che dovremo abbattere man mano, nel frattempo però, abbattendo i nemici potremo potenziarci e diventare sempre più letali. Fin qui nessun problema, se non fosse che la difficoltà nel gioco è completamente sbilanciata: i nemici ordinari non ci metteranno mai realmente in difficoltà, mentre i boss imporranno dal nulla momenti di bullet hell che faranno salire istantaneamente il tasso di sfida, ma anche in questo caso però non ci ritroveremo davanti a nulla di particolarmente difficile.
A mettere realmente in difficoltà i giocatori saranno le ambientazioni, se in un primo momenti i livelli saranno spogli e privi di particolari ostacoli da superare, si entrerà in strutture man mano sempre più complesse. Tuttavia, sono rimasto leggermente insoddisfatto anche sotto questo aspetto, non sempre infatti è chiaro quali siano gli elementi dello scenario che distruggeranno la nostra navicella e si parte dall’andare puramente a caso fino al trasformare i livelli in un vero e proprio trial and error.
Un altro piccolo spreco del gioco è il fatto che tra story mode e arcade mode non ci sia praticamente alcuna differenza: è un peccato constatare che le mappe e l’avvicendarsi delle stesse rimarrà identico tra le due modalità, sarebbe stato decisamente più interessante vedere qualche ambientazione in più. A variare un po’, ma neanche troppo, la situazione, ci pensano i personaggi selezionabili che, almeno sulla carta, sono votati all’attacco o alla difesa, ma all’atto pratico la loro progressione nei power up sarà praticamente identica.
Comparto tecnico senza infamia e senza lode
A dire il vero, non c’è molto da dire sul comparto tecnico; sotto questo punto di vista infatti l’omaggio ai canoni del genere si tramuta piuttosto in un atto di pigrizia da parte degli sviluppatori. Dal punto di vista grafico, viene utilizzato uno stile cartoon con colori abbastanza accesi, nelle cutscene iniziali e in alcuni screenshot delle schermate di caricamento invece si intravede uno stile anime dai contorni abbozzati che risulta decisamente più interessante, e anche in questo caso è in peccato che non sia stato utilizzato anche nei vari livelli.
Anche dal punto di vista sonoro il gioco sguazza nell’anonimato: le tracce dei vari livelli rievocano senza alcuna originalità i classici del genere, soprattutto nei loro arrangiamenti sentiti nelle versioni in cabinato. Non sgradevoli, assolutamente, me nemmeno memorabili e anzi molto poco ispirate nonostante le fonti d’eccellenza che hanno scopiazzato.
In definitiva, Wings of Oblivion è un tentativo di riportare in auge i classici sparatutto a scorrimento, ma lo fa in maniera abbastanza pigra: sbilanciato in parecchie dinamiche, tanto narrative quanto di gameplay, e poco ispirato per quanto riguarda grafica e sonoro. Consigliato ai fan accaniti del genere che vogliono provare ogni singola uscita relativa agli sparatutto a scorrimento, altrimenti sarà davvero semplice trovare qualche esperienza più esaltante.