L’abbattimento della quarta parete risulta sempre affascinante per le interazioni che vengono a crearsi tra personaggi e spettatori, lettori, e persino videogiocatori. In ambito videoludico, Hideo Kojima è sicuramente un genio indiscusso nel far sconfinare i suoi personaggi nel mondo reale, basti pensare semplicemente alla boss fight contro Psycho Mantis nel primo Metal Gear Solid o alla sezione di “Raiden svestito” nel secondo capitolo della serie.
È ancora più affascinante però quando la scrittura di una storia consente degli abbattimenti della quarta parete all’interno della storia stessa, è così possibile osservare come i personaggi reagiscano ai microcosmi narrativi che si vengono a creare all’interno di una storia. A Space for the Unbound, l’oggetto di questa recensione, rientra alla perfezione in questa casistica.
A metà strada tra una visual novel e un punta e clicca, il nuovo titolo della software house indonesiana Mojiken è stato definito dagli sviluppatori stessi una storia slice of life, ma che, nonostante la sua volontà di narrare storie ordinarie, riuscirà a esplorare anche argomenti molto delicati. Un’esperienza che si basa quasi esclusivamente sulla sua trama, e riesce a tenere incollati i giocatori allo schermo grazie alla profondità della sua scrittura: analizziamolo più nel dettaglio!
A Space for the Unbound: storia di una storia…
Parlare di A Space for the Unbound è davvero complesso: è vero che ci sarebbero un’infinità di cose da dire sulla trama, ma allo stesso tempo preferirei non addentrarmi nella stessa, dal momento che ogni momento della narrazione si è rivelato imprevedibile grazie alla particolare struttura della sceneggiatura e alla sua capacità di esplorare diverse tematiche in maniera originale.
Anzitutto, il gioco si apre con un racconto nel racconto, ed è il motivo per cui parlavo di abbattimento interno della quarta parete: i protagonisti Atma e Raya sono due autori in erba che stanno scrivendo un romanzo fantasy che vede come protagonista una principessa spaziale. Può sembrare volutamente assurdo, e in effetti inizialmente il giocatore non avrà nemmeno le basi per comprendere del tutto come possa evolversi questo racconto, tuttavia le cose cambieranno man mano.
Il racconto scritto dai due diventerà man mano un riflesso di ciò che i giovani staranno vivendo e la storia della principessa si arricchirà e diventerà sempre più profonda andando a toccare tematiche complesse come la crescita, soprattutto nella fase adolescenziale, gli amori non corrisposti, l’ansia e la depressione. Al tutto si aggiunge poi anche la scoperta di sé stessi, e soprattutto come i protagonisti affronteranno i loro cambiamenti… più o meno ordinari.
La profondità della scrittura in questo senso non arriva ai livelli di Omori, e non faccio un paragone a caso. A Space for the Unbound mi è sembrato continuamente una versione del JRPG di Omocat, ma col freno a mano tirato, per l’assonanza tra le tematiche e il modo in cui si vogliono narrare le turbe dei protagonisti tramite metafore.
Non per questo ovviamente il titolo risulta meno valido, semplicemente ho amato Omori e la sua narrativa, e mi dispiace che un titolo che potrebbe esserne concettualmente un erede (attualmente ancora inesistente) sembri trattenersi in alcuni punti, avendo magari paura di appesantire la narrazione addentrandosi troppo nella psiche e nelle relazioni dei personaggi. Un vero peccato perché arrivati ai titoli di coda avremo l’impressione che i personaggi abbiano ancora qualcosa da dire, ma che non sono stati approfonditi fino in fondo.
Un gameplay che non c’è!
Come anticipato, A Space for the Unbound è in buona sostanza una visual novel, quindi l’occupazione principale del giocatore sarà quella di leggere i dialoghi tra i personaggi, e compiere di tanto in tanto delle scelte nei dialoghi a scelta multipla per poter cambiare le interazioni coi personaggi. Tuttavia, l’impianto da visual novel è incastonato in una sorta di mini open world in due dimensioni e presenta anche delle caratteristiche da punta e clicca.
Non dovremo quindi limitarci a leggere dialoghi e scegliere risposte come in ogni visual novel, potremo anche esplorare i suggestivi sobborghi nel quale è ambientata la storia dei nostri Atma e Raya. Avremo inoltre anche la possibilità di interagire e raccogliere diversi oggetti, ed è qui che viene fuori l’animo da punta e clicca del titolo: raccogliere oggetti e utilizzarli per interagire in maniera unica coi vari personaggi tramite varie interazioni, così da poter procedere nella nostra storia.
Ho trovato parecchio piacevole la scelta di rendere un minimo più animata la progressione nel gioco: la visual novel è un genere affascinante, decisamente di nicchia e non per tutti, l’idea di inserire all’interno del gameplay anche elementi presi da altri generi non stona affatto e anzi, rende A Space for the Unbound un interessante esperimento che potrebbe attirare anche chi vuole a tutti i costi tenersi alla larga dal genere.
Comparto tecnico suggestivo
A Space for the Unbound unisce alla sua narrazione delicata e profonda un comparto tecnico decisamente piacevole, che si preoccupa di guidare il giocatore e metterlo a suo agio nei momenti più tranquilli e rilassati, ma al contempo si rivela efficace anche durante i momenti in cui la narrazione si fa più cupa e i momenti slice of life cedono il posto ad altri più profondi e riflessivi.
Dal punto di vista grafico, il gioco propone una piacevole pixel art con un’ottima scala di colori, capaci di variare dai più accesi nei momenti di quiete a tonalità tendenti al nero e al violaceo quando ci sia addentra in parti più inquietanti del racconto, una menzione speciale va fatta poi alla gestione delle ombre, che renderanno più vivide e realistiche che mai le ambientazioni urbane.
Anche il sonoro riesce ad accompagnare alla perfezione le vicende mostrate a schermo, accompagnando ancora una volta l’intera gamma delle emozioni che proveranno i personaggi tanto con tracce allegre e rilassate quando i nostri protagonisti stanno vivendo momenti di spensieratezza, quanto con sonorità più basse e atonali nei momenti in cui lo sconforto e l’ansia prederanno il sopravvento.
In definitiva, A Space for the Unbound è un buon esperimento a livello di gameplay, unendo più generi in cui le interazioni del giocatore col titolo sono comunque limitate, ma che funzionano bene nel complesso; il gioco sceglie di puntare tutto sulla trama e lo fa nel migliore dei modi mettendo in piedi un racconto di crescita che riesce a esplorare l’intimità della crescita, ma che non riesce ad affrontare fino in fondo tematiche come ansia e depressione pur volendone fare le colonne portanti del racconto, rimane tuttavia un’esperienza davvero interessante da provare.