A giudicare dalla mole di prodotti (videoludici e non) dedicati, quella del rapinatore sembra essere una categoria criminale che cattura l’immaginario collettivo.
Se nel mondo della letteratura e soprattutto di cinema e serie TV siamo pieni di storie su banditi più o meno intrepidi, nel mondo dei videogiochi colpi audaci e violenti ci riportano tutti ad un unico nome: Payday.
Se non ne avessi ancora sentito parlare, si tratta di una serie di sparatutto multiplayer nata nel 2011 e che ci mette al comando di una squadra di 4 rapinatori alle prese con colpi di varia natura, da semplici rapine in gioiellerie ad assalti in grande stile a banche e fortezze assortite.
Dopo avere riscosso un discreto successo, nel 2013 uscì il secondo capitolo della serie ovvero (senza particolare fantasia) Payday 2. In questo caso, gli sviluppatori svedesi di Overkill Software, ora sotto etichetta Starbreeze, hanno tratto il massimo dalla popolarità nel frattempo raggiunta dalla loro creazione, garantendo tra l’altro un lunghissimo supporto con ben 30 DLC usciti nell’arco degli ultimi 10 anni.
Una volta celebrato il decennale del titolo, era quindi il caso di uscire con un nuovo capitolo della serie, che puntualmente è arrivato sotto forma di Payday 3.
Il ritorno della banda
La trama alla base di Payday 3 è abbastanza lineare e poco originale, va detto, ma come sempre è un mero pretesto per dare il via all’azione: al termine di Payday 2 avevamo lasciato i nostri criminali ricchissimi, pronti a ritirarsi dopo avere messo insieme una fortuna e aver smascherato politici corrotti e ridicolizzato le forze di polizia.
Purtroppo per loro, si sono creati talmente tanti nemici che qualcuno è riuscito a fargliela pagare; dopo essere stati traditi e a loro volta rapinati, alla banda non resta che tornare in azione per fare quello che sanno fare meglio e, al tempo stesso vendicarsi.
In realtà non sono presenti tutti i componenti della vecchia banda, ma “solo” Dallas, Chains, Wolf ed Hoxton dal primo capitolo a cui si aggiungono Joy dal sequel e Pearl, new entry della banda.
La storia va quindi avanti senza troppi colpi di scena lungo gli 8 scenari che compongono il gioco, almeno inizialmente.
Ad acuire la sensazione di una storia poco interessante è anche il modo in cui gli sviluppatori ce la propongono, ovvero tramite schermate fisse e disegnate. Il che è un po’strano, considerato l’allure di grandezza di una serie che in passato ha arruolato attori del calibro di Giancarlo Esposito per un semplice trailer.
Tra le altre cose, i livelli sono tutti giocabili da subito, mentre per riprodurre queste scene dovremo prima sbloccarle, dando quindi realmente l’impressione che la storia si un accessorio, e nemmeno dei più utili.
Gameplay di Payday 3
Una volta scelto uno degli 8 colpi a nostra disposizione e composta la squadra, possiamo scendere in campo, scegliendo l’approccio che preferiamo tra stealth o comunque mantenendo un basso profilo oppure indossando le nostre iconiche maschere e facendo cantare le armi.
In generale le modifiche apportate alla formula di gioco non sono poi tante, ma si limitano ad alcuni correttivi ed implementazioni per certi versi doverosi considerata la vetustà dei capitoli precedenti.
Ad esempio, una volta indossate le maschere (quindi prediligendo un approccio più diretto) potremo saltare, effettuare efficaci scivolate e in generale interagire in maniera più convincente con l’ambiente circostante.
Allo stesso tempo, l’approccio più prudenziale ci da la possibilità di cercare e rubare chiavi, tesserini o altri strumenti atti a farci intrufolare nell’area del colpo, mentre la IA nemica è leggermente più plausibile che in passato per cui non verremo immediatamente attaccati, ma ci sarà una fase di studio in cui la guardia di turno ci accompagnerà fuori da un’area riservata oppure cercherà di capire quali sono le nostre intenzioni.
Altre piccole innovazioni sono presenti quando dovremo ricorrere alle maniere forti e potremo legare gli ostaggi, utilizzarli come scudi umani o scambiarli in cambio di secondi preziosi per organizzare la fuga o terminare il colpo.
Parte della scelta su come affrontare un colpo deriverà dalla composizione del nostro equipaggiamento, dalla build che comporremo man mano; per sbloccare nuovi oggetti e sviluppare quelli che abbiamo, gli sviluppatori hanno adottato un sistema particolare (e già ampiamente contestato online) che lega la progressione al completamento di determinati obiettivi, collaterali a quelli principali del livello.
E’ vero che molti vengono completati semplicemente effettuando i colpi, trattandosi magari di reperire un oggetto secondario oppure eliminare un certo numero di nemici, ma in alcuni casi andranno perseguiti in maniera precisa, arrivando quasi a rovinare la partita.
Considerato che Payday 3 sia un titolo da affrontare in maniera cooperativa, vedere i giocatori muoversi ognuno per conto proprio alla ricerca del completamento necessario alla loro partita è un po’ un controsenso.
A maggior ragione se, cosa totalmente inspiegabile, il gioco non prevede al momento alcuna chat vocale, che sarebbe utile per coordinarsi con gli altri giocatori. Con l’ovvia conseguenza che la situazione potrebbe precipitare in ogni momento, “costringendoci” a ricorrere alle armi e alla componente FPS del titolo.
Ovviamente è una costrizione da mettere tra virgolette perchè le sparatorie rendono più divertente il titolo: come negli altri capitoli sono rimaste le componenti legate all’elevato rinculo delle armi o ai caricatori poco capienti. Tutti trucchetti necessari per evitare di condurre ogni missione come se fosse un assalto a Fort Knox.
Complessivamente l’esperienza di gioco è ben bilanciata per consentire una partita piacevole, al netto di qualche bug che affligge il gioco, e garantisce una discreta rigiocabilità nonostante le poche missioni si completino in una manciata di ore.
Segnali di Stile: audio e grafica
Payday 3 è uno dei tanti titoli usciti quando ancora probabilmente avrebbero necessitato di un’ulteriore revisione, tanto che gli sviluppatori si sono scusati (anche se ormai non fa più notizia un comportamento del genere).
I primi bug si vedono già al momento dell’avvio, dato che ci viene richiesto di registrarci su una piattaforma Starbreeze ma da console è impossibile e comunque non viene riconosciuta la login. Una volta superato il primo scoglio, ho perso il conto di quante volte il matchmaking è fallito, andando in errore e questo nonostante il cross platform garantisca un numero potenzialmente elevato di partite in corso.
Una volta scesi in campo, l’ambiente di gioco ci si presenta con una grafica pulita e ricca di dettagli che però denota l’età del motore grafico: come detto, le ambientazioni sono ampie e ben costruite, ma alcuni modelli sono un po’ grezzi. Questo si spiega con l’utilizzo di Unreal Engine 4 come motore grafico, che gli sviluppatori sostituiranno con la versione 5 nel corso degli aggiornamenti.
E’ una scelta decisamente strana e non può bastare il costo contenuto a perdonare del tutto un titolo che sostanzialmente è ancora un cantiere, con tanti elementi da sistemare.
Buona la colonna sonora che, tipicamente, si adatta alla situazione su schermo, mantenendosi su toni bassi nelle fasi di infiltrazione salvo poi esplodere con sonorità rock durante le sparatorie.