Sviluppato e pubblicato da DON’T NOD, Jusant è un singolare e intrigante platform adventure improntato interamente nell’esplorazione verticale. Si parla di dover scalare una torre che più sali, più muta se stessa offrendo sfide e puzzle ambientali da affrontare con ingegno e coraggio. Noi abbiamo scalato l’immensa torre su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione!
Jusant – le ceneri di una civiltà fra i pendii di una torre immensa
In Jusant vestiamo i panni di un misterioso vagabondo solitario con sorprendenti abilità di scalata. Non parla eppure il suo intento è subito chiaro: vuole scalare una torre mastodontica. Il motivo è da sviscerare di pendio in pendio, di roccia in roccia, fra antiche rovine, documenti abbandonati, strumenti e case sfasciate e scavate nella roccia. In Jusant la narrazione oltre che essere frammentata in documenti e collezionabili, è affidata all’ambientazione.
La torre stessa è il racconto. Un racconto da intuire, interpretare, studiare e osservare. Jusant è una storia di silenzi, di vuoto, di desolazione. Di echi del passato conservati in conchiglie. Di lettere che raccontano di sogni, timori, cambiamenti e pericoli. E tra questi spicca Bianca a cui è dedicata una sezione apposita. Una coraggiosa che abbandona il suo faro, il suo rifugio e parte verso l’ignoto. L’avventura. Il domani.
Jusant è un viaggio poetico e meditativo che, per stessa ammissione degli autori, si ispira anche a Death Stranding (qui il nostro articolo dedicato). Lo fa ludicamente parlando ma anche nei suoi immensi silenzi. Jusant è un viaggio verticale, un’ascesa, una sequela di sfide che ci portano a svelare antichi misteri e a comporre un puzzle che forse non sorprende quanto dovrebbe ma che riesce a impreziosire un’opera puramente incentrata sul gameplay.
Piccola nota, il vagabondo solitario non è poi così solitario. Con lui c’è una piccola creaturina. Una sorta di bestiolina celeste dotata di grandi e misteriosi poteri. Dal secondo capitolo, infatti, la sua utilità diventerà notevole rivelandosi un essere chiave nel risolvere il mistero della torre e di chi prima l’abitava. Ma bando alle ciance e andiamo a scoprire com’è scalare nella nuova opera del team che ha dato i natali a Life is Strange.
Trova il tuo percorso
Scalare in Jusant è meno impegnativo di quanto sembri. Certo, non è immediato e richiede un po’ di pratica, ma il sistema studiato dai ragazzi di DON’T NOD è abbastanza veloce e salvo qualche piccolo intoppo, può regalare diverse soddisfazioni. Prima di tutto, Jusant è un platform adventure in 3D interamente basato sulla scalata e quindi su percorsi verticali. Il tuo scopo è letteralmente quello di trovare il miglior percorso per procedere la tua scalata di capitolo in capitolo.
Le basi della scalata ci vedono con ben due tasti di “presa” affidati ai dorsali. Uno per mano. Paradossalmente è proprio la base che ci ha convinto poco più che altro perché non è subito intuitivo e si può cedere facilmente alla pressione randomica dei tasti ottenendo comunque il risultato sperato. Su carta bisognerebbe alternare i dorsali, orientandosi con l’analogico e procedendo di appiglio in appiglio.
Come facilmente intuibile, in Jusant ci sono innumerevoli tipologie di appiglio e muteranno di capitolo in capitolo introducendo varie tipologie di sfida anche se la base ludica rimane comunque quella. Oltre ai due appigli, però, l’altro elemento cruciale ed essenziale di tutta l’esperienza è la corda. Il vagabondo prima di scalare qualsiasi appiglio, piazza la fune dentro un foro e inizia a scalare. Questo gli garantisce di sopravvivere in caso di caduta ma ha dei limiti.
La corda non è infinita e più si allunga, più il colore muta partendo dal blu e mutando al rosso che indica il culmine. Inoltre, oltre alla corda, il vagabondo ha a disposizione dei chiodi. Questi creano appigli temporanei in quanto, se cadi, dovrai ricominciare dal punto in cui hai piazzato la corda (sempre se non cadi su eventuali piattaforme o se riesci ad aggrapparti a eventuali sporgenze). I chiodi ti permettono di recuperare direttamente da loro e puoi piazzarli liberamente anche se non sono infiniti.
I chiodi come la fune, vanno recuperati manualmente una volta completata la porzione di scalata e basta tener premuto il tasto cerchio per far avvenire tutto autonomamente. Tornando alla corda, questa è in grado di sbloccare scorciatoie, attivabili dopo aver fatto il percorso principale e che permettono di tornare indietro per cercare eventuali collezionabili smarriti. Inoltre, con la corda imparerai anche a dondolare o a sfruttare ampi salti (tenendo premuto il tasto dedicato al salto) per fare balzi più grandi e raggiungere altri appigli.
Dal capitolo due, inoltre, entrerà in scena anche la creaturina che mostrerà i suoi poteri. Tra questi c’è quello di attivare e ravvivare alcuni elementi ambientali come delle piante che, entrando in contatto con l’aura della creatura, iniziano a crescere rigogliose sbloccando passaggi inediti o diventando loro stessi degli appigli su cui aggrapparsi. Inoltre, sempre la creaturina è in grado di segnalarci l’aura dei collezionabili.
Ci teniamo a evidenziare l’importanza dei collezionabili perché senza di questi si perde metà della magia di Jusant. Cercarli, significa non solo prolungare la durata dell’esperienza ma anche scoprire la lore del titolo. I collezionabili sono di vario genere e spaziano da varie tipologie di documenti a conchiglie con cui ascoltare echi di un misterioso passato. Non mancano neanche sculture attivabili con l’aura del nostro piccolo amico.
Jusant ha quindi un sistema ludico abbastanza solido e che, seppur ciclico e prevalentemente sempre simile, riesce a offrire una buona varietà attraverso biomi, enigmi e veri e propri puzzle ambientali che mutano gradualmente. E questa sua unicità è il suo stesso tallone d’Achille. Chi non gradirà la prima ora di Jusant, difficilmente cambierà idea così come tutti coloro che cercano dell’azione… non la troveranno. Qui abbiamo un titolo esplorativo e molto compassato nel ritmo.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Jusant non si difende affatto male, sfruttando uno stile che ricorda vagamente per palette cromatica, proprio Life is Strange. Il suo essere più spigoloso e meno realistico (e ci riferiamo ovviamente al character design del vagabondo) riesce però a distinguerlo ulteriormente. Senza contare che i paesaggi, seppur spogli, risultano terribilmente evocativi ed efficaci.
Lodevole anche il mutamento dei biomi man mano che si procede nella scalata con situazioni inediti e ostacoli ambientali che rendono il ritmo di gioco abbastanza elevato anche se sta sempre all’utente stabilire come e dove arrampicarsi. Ed ecco quindi che l’ambiente diventa puzzle, innovandosi di continuo e chiedendo all’utente di imparare a cercare gli appigli su cui aggrapparsi o bordi lungo cui slittare per aprirsi passaggi inediti che siano per un collazionabile o per procedere la propria scalata verso i titoli di coda.
Il sonoro si difende discretamente bene seppur privo di tracce memorabili. buoni gli effetti e gradevoli i versi del nostro amico celeste e paffuto. Da segnalare che il titolo include i sottotitoli in lingua italiana, un’aggiunta molto gradita considerando che i collezionabili sanno essere particolarmente verbosi.