Sviluppato da KillPixel Games in sinergia con Slipgate Ironworks e pubblicato da 3D Realms e Fulqrum Publishing, WRATH: Aeon of Ruin è uno sparatutto in prima persona frenetico e nostalgico. Dopo la nostra esperienza per Steam (di cui puoi recuperare la recensione) siamo tornati a far strage di creature demoniache su PlayStation 4 e questa è la nostra recensione.
WRATH: Aeon of Ruin e il viaggio negli orrori
WRATH: Aeon of Ruin non brilla per la complessità della trama, anzi, questa segue le linee guida dei congeneri degli anni ‘90 a cui si ispira quasi completamente. Per chi non lo sapesse, ci riferiamo in particolar modo a titoli del calibro di DOOM e Quake. Anche qui, come allora, lo scopo principale è semplicemente quello di fare stragi di nemici nel modo più scenico e splatteroso possibile.
Ecco quindi che la narrazione di WRATH: Aeon of Ruin si ritrova a essere una sorta di giustificazione per quanto avviene su schermo. Ma andiamo più nel dettaglio. Noi interpretiamo un misterioso guerriero, un viaggiatore, destinato però a grandi cose. Questi, infatti, seppur anonimo e muto, viene scelto dagli spiriti della misteriosa isola che ci ospita per liberare il luogo del male.
Che tipo di male? Essere deformi, mostri, zombie e demoni di varie forme. Creature che richiamano neanche troppo velatamente i già citati DOOM e Quake seppur con le dovute differenze sia in termini di originalità che di varietà (qui abbastanza scarsa). Ecco: devastare il male è la chiave per progredire, di portale in portale.
Abbiamo citato i portali perché WRATH: Aeon of Ruin è diviso in aree collegate da un hub centrale, unica zona pacifica dell’intero titolo. Ogni area, invece, è composta da una serie labirintica di mini arene in stile praticamente DOOM-miano che farà semplicemente la gioia degli appassionati. Senza contare che il titolo è anche discretamente longevo (può facilmente superare le dieci ore) e oltre a una buona varietà di location offre anche un buon livello di sfida.
Come falcidiare i mostri
WRATH: Aeon of Ruin si suddivide complessivamente in due elementi principali: combattimento ed esplorazione. Ricordando che il titolo è uno sparatutto in prima persona in 3D, il combattimento non sorprende per innovazione, ancorandosi fedelmente ai classici del genere di riferimento. Nonostante ciò, nel suo piccolo, prova comunque a introdurre qualche arma fantasiosa che va comunque a richiamare modelli e tipologie già viste e sperimentate altrove.
Le bocche da fuoco non sono tantissime e non sono innovative ma sono discretamente varie e regalano una buona strategia di combattimento, complici aree vaste e sviluppate anche verticalmente. Ma ai fucili di vario genere e dimensione, si contrappone la prima arma di cui faremo conoscenza: la spada. Questa lama si può utilizzare in due modi: il primo per un colpo veloce e ravvicinato (fondamentalmente inutile e che ci farà incassare più danni di quanti in realtà ne riesce a infliggere) e una mossa caricata con balzo in avanti.
Quest’ultima tecnica, oltre a essere il modo migliore per utilizzare la spada, permettendoci di oltrepassare i nemici e restare comunque a una buona distanza da questi, è anche essenziale per superare alcune fasi platform. Lo scatto, infatti, può essere utilizzato in combo con in salto offrendo la possibilità di coprire una distanza maggiore se ben orientato e gestito col giusto tempismo.
Purtroppo, proprio la fase platform rientra tra gli elementi critici di WRATH: Aeon of Ruin. Saltare con l’utilizzo del dash richiede pazienza e molta precisione. Il che si traduce in allenamento e diversi tentativi di fallimento che, se uniti al sistema di salvataggio del titolo, non è proprio un’unione felicissima. L’opera di KillPixel Games, infatti, non ha un salvataggio automatico, ancorandosi ancora una volta ai sistemi ludici del passato.
Per salvare, infatti, dovrai recarti presso uno dei templi dislocati nelle aree di gioco. Templi monouso e che, oltre a salvare, ci ricaricano anche l’energia vitale. Come detto, però, sono monouso. Non potrai riutilizzarli. Come fare quindi per salvare la partita senza l’utilizzo di un tempio? L’unica alternativa è l’utilizzo di particolari reliquie monouso e nascoste nelle aree di gioco.
Tali reliquie le puoi utilizzare quando preferisci e, nel momento in cui le attivi, oltre a salvare il gioco, creano anche un check-point in caso di morte. E credici, morirai spesso. Come potrai aver intuito, le reliquie non sono infinite e il loro utilizzo deve essere ben ponderato anche se, a essere onesti, il loro numero lo abbiamo trovato coerente col livello di sfida generale del titolo.
WRATH: Aeon of Ruin offre una buona gamma di situazioni e raramente si mostra frustrante, soprattutto per chi è avvezzo al genere. I neofiti, potranno trovare qualche difficoltà già nelle prime aree oltre a doversi abituare a un sistema di gioco decisamente frenetico e che non offre molto tempo per ragionare: dovrai muoverti, saltare e sparare di continuo, con pochissime situazioni di tranquillità.
Dobbiamo però segnalare che WRATH: Aeon of Ruin offre una buon sistema di personalizzazione dell’esperienza, dando la possibilità d’intervenire sul livello di difficoltà e su alcuni elementi del gioco stesso come le già citate reliquie. In questo modo, seppur snaturato di alcune meccaniche, il titolo si presta a essere usufruito anche dai meno pazienti.
Potenziamenti ed esplorazione
Alle bocche da fuoco, dotate ognuno di propri proiettili (da racimolare dai nemici abbattuti) e alla nostra fidata spada si affiancano i potenziamenti. Questi vanno prima intercettati nelle aree di gioco e, come quasi ogni cosa che raccoglierai, sono monouso. Una volta raccolti, potrai decidere autonomamente quando utilizzarli, attivando una pratica ruota dei potenziamenti.
Le tipologie di potenziamenti sono abbastanza varie e classiche come dei boost temporanei di energia vitale. E parlando di energia, non mancano le fialette (piccole e medie) da recuperare per curarci instantaneamente. Presenti anche gli scudi: da frammenti e intere armature, la cui durata si esaurisce per attutire i danni nemici e subire meno danni vitali.
Tutti questi elementi, insieme alle reliquie per i salvataggi, alle munizioni e alle armi stesse, sono ben celati e sparpagliati nelle aree di gioco che, lo diciamo tranquillamente, sono perfette da esplorare. Varie, vaste, labirintiche, piene zeppe di nemici e tesori. Esplorare in WRATH: Aeon of Ruin è obiettivamente bello e stimolante. Complice anche un sistema di enigmi ambientali mai troppo snervante seppur in qualche caso dispersivo e poco chiaro.
Cerca le chiavi, trova il tesoro da aprire, prendi il bonus temporaneo, tutte attività completamente opzionali ma cha garantiscono boost essenziali per poter affrontare il resto del livello con più serenità. Chiudiamo il cerchio sul gameplay citando le boss fight, non molte e neanche memorabili ma comunque coerenti con la tipologia di gioco e dotate di un buon livello di sfida.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, WRATH: Aeon of Ruin utilizza come motore grafico il Quake-1 Tech il cui nome dovrebbe già farti capire qual è il suo scopo: rievocare il passato e i grandi titoli del genere. Ci riesce? In gran parte sì seppur presta il fianco a più di una critica. La principale è legata alla discutibile compenetrazione di nemici e proiettili.
Ci è capitato più volte di essere colpiti da proiettili che attraversavano letteralmente pareti ben spesse così come abbiamo assistito a nemici, prevalentemente quelli volanti, che varcavano mura spesse diversi centimetri. Sono piccoli elementi che, nel caos, e soprattutto quando sei con poca vita e alla disperata ricerca di un riparo, possono farti scappare qualche imprecazione.
Per quanto riguarda le aree di gioco, ne abbiamo già apprezzato la varietà e la labirintica struttura, tanto orizzontale quanto verticale. Niente di esageratamente originale o unico ma si sposano bene all’esplorazione e non stancano. Una piccola nota per la disposizione di alcuni nemici, spesso esageratamente in sovrannumero in aree troppo piccole ma anche qui, niente di gravissimo o insuperabile.
Il sonoro risulta poco ispirato, sciapo, non del tutto in linea con l’era che vuole evocare. Manca una traccia memorabile. Da segnalare la totale assenza della lingua italiana (assenti anche i sottotitoli) ma, considerando che il testo a schermo è decisamente poco, non è una grave mancanza e non va a inficiare l’esperienza complessiva del titolo.