Sviluppato da Empty Head Games e pubblicato da Dar Villagers in sinergia con Plug In Digital, Saviorless è un platform game in 2D che alterna tra enigmi e momenti d’azione, il tutto avvolto da un’atmosfera macabra e ben animata. Noi abbiamo affrontato il viaggio verso le Smiling Islands su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione.
Saviorless tra narrazione e orrori
Saviorless punta molto a raccontare un mondo ma, allo stesso tempo, si focalizza anche sull’atto stesso del raccontare tant’è che di storie da seguire ce ne sono ben due. La prima vede Antar, l’eroe di turno, impegnato in un percorso solitario e pericoloso alla ricerca delle Smiling Islands. Lo scopo è svelarne i misteri e diventare un Savior.
Chi o cosa è un Savior e la tipologia di segreti nascosti nelle Smiling Islands saranno snocciolati molto lentamente tra documenti che potrai leggere in giro e che, prevalentemente, sono una sorta di istruzioni (per non dire imposizioni) dettate da una sorta di “capo” di cui farai direttamente la conoscenza in modi che non vogliamo spoilerare.
Ma la narrazione del percorso dello stesso Antar è soprattutto visiva. Ed è una narrazione viscerale e brutale, cupa, sanguinosa e lenta. Un percorso estremamente lineare, con ben pochi elementi su schermo ma che danno vita a un mosaico crudele e spietato fatto di budella ed esplosioni di sangue che sorprendono per crudeltà e ingegno.
I Savior stessi o chi ha provato a seguirne le orme, sono creature intriganti così come una sorta di peste che da vita a vermi che crescono dentro l’infetto fino al punto di farli esplodere (con un effetto simil Alien). E che dire dei costrutti? Esseri di roccia con volti impassibili ma sanguinano e perdono organi al pari di un essere vivente. Golem di pietra che vengono piegati al nostro volere, diventando parte integrante di enigmi ambientali. Tasselli di un percorso ciclico e già noto a chi quella storia la racconta ma inedita per noi che ci avviciniamo per la prima volta.
Ma chi è che racconta le gesta di Antar? E qui veniamo all’ingegno di Saviorless, a quella doppia storia che abbiamo anticipato poco fa. Le gesta di Antar sono gesta di una storia già scritta, di un racconto infinito, di un percorso già raccontato. Un narratore, anziano, è il custode di questa storia che tramanda e ripete, ancora e ancora, a due giovani narratori.
E sono proprio questi due giovani a ribellarsi all’anziano, evidenziando come la storia abbia bisogno di mutare, di cambiare protagonista o di portarlo a percorrere nuove vie. C’è bisogno di cambiamento e, in qualche modo, riescono nei loro intenti. Ma a che prezzo? Quanto conviene mutare una strada già scritta? Che conseguenze può portare ad Antar e al suo mondo? E al mondo dei narratori stessi?
Saviorless sorprende con una narrazione non pienamente lineare, piena di spazi vuoti e metafore non limpide. A dialoghi acuti e a istruzioni non sempre ben chiare, si interfaccia un intreccio non adatto a tutti, misterioso nel raccontare una storia a sua volta misteriosa e non chiara. Un mondo sconosciuto che si impone come già noto ai suoi stessi narratori che però ne vogliono alterare il percorso.
Ecco quindi che la storia di Antar si mescola a quella della narrazione in senso lato, dell’atto del raccontare e dei pericoli del mutare una storia che è anche tradizione. E ognuno in Saviorless può trovare un messaggio o se non si vuole cercare oltre, quello a cui si assiste è comunque un viaggio crudele, sanguinoso e originale, dotato di un’atmosfera unica e gradevole, che lascia il segno. In un modo o in un altro.
Un platform sempre più crudele
Quello che invece fatica a lasciare il segno è il gameplay. Chiariamoci, Saviorless è un ottimo platform in 2D a scorrimento orizzontale ma è anche un platform che non innova niente, un platform essenziale, un percorso unilaterale e dalla difficoltà vertiginosa. Un platform che non perdona alcun errore e che basta un colpo e sei morto.
Citare Limbo non è strettamente appropriato eppure in Saviorless si procede così: trial and error. Tra leve da localizzare e utilizzare, piattaforme o creature da spostare più volte per creare percorsi, scale da utilizzare, funi da cui oscillare, nemici letali da schivare e così via. Antar non può difendersi ed è dotato solamente di un unico salto (eppure, nonostante ciò, affronterai boss fight ottimamente elaborate ma decisamente ostiche).
Il salto stesso, in Saviorless, non perdona. Bisogna essere precisi e in caso di inseguimenti rocamboleschi o fughe su percorsi cedibili, la precisione e la velocità costante sono essenziali. Rallenta e sei morto. Sbaglia un salto e sei morto. Chiariamoci, i checkpoint ci sono e sono abbastanza generosi eppure è inevitabile dover ripetere più volte interi passaggi per un piccolo sbaglio.
E qui bussa la frustrazione soprattutto nelle fasi più avanzate dove, ironia della sorte, Antar diventa più forte, dando vita alla seconda anima, più action, di Saviorless. Qui, infatti, Antar ha l’occasione di poter arrecare danni ma tutto ha un costo. La sua “trasformazione” è sì forte e brutale con tanto di barra di energia a resistere contro i colpi avversari ma è una trasformazione temporanea e che porta alla morte.
Per evitare ciò, bisogna tenere la barra vitale costantemente piena mentre lo scorrere dei secondi andrà invece ad azzerarla in un inesorabile countdown. Come riempirla? Sterminando i nemici o distruggendo particolari oggetti sul nostro percorso. Ma tale forma di Antar non è solo forte in battaglia ma è dotata anche di un dash veloce che gli permette di spostarsi più velocemente.
Concatenare combattimenti, dash e salti è essenziale per poter sopravvivere in questa forma ma, allo stesso tempo, richiede una precisione ancora maggiore in quanto il tempo, come tutto in Saviorless, non perdona e, ancora una volta, la frustrazione può emergere con prepotenza. Altro aspetto di cui tener conto è la durata di questo viaggio: siamo tra le 4 e le 5 ore. Non molto eppure il percorso di Antar colpisce nel segno.
Collezionabili e pericoli
Per provare a prolungare una longevità non alle stelle, Saviorless ha introdotto una serie di collezionabili abbastanza complicati da intercettare. Si tratta di frammenti di documenti che potrai poi cedere al mercante (da localizzare). Questi offrirà in cambio un cimelio che andrà a fondersi col complesso mosaico meta-narrativo del titolo.
Per trovare tali frammenti, non solo dovrai percorrere percorsi inediti e cercare luoghi nascosti ma dovrai anche concatenare le suddette ricerche come il localizzare e recuperare una chiave nascosta nel punto X per poi spostarti in un altro punto segreto per aprire uno scrigno che contiene solo uno dei frammenti necessari. Niente di complicato ma che richiede particolare attenzione nell’esplorazioni di zone comunque quasi sempre lineari e discretamente piccole.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Saviorless è un piccolo gioiellino. Animazioni fluide, creature e luoghi disegnati a mano. Il tutto è perfettamente messo in scena dando vita a un mondo convincente, a suo modo unico e dall’atmosfera degna di nota. Se è vero che Antar risulta anonimo e spoglio, le creature e i Savior stessi, restituiscono un’immaginario convincente e coinvolgente.
Anche la messa in scena della brutalità e cupezza di cui Saviorless ne è custode, seppur in parte disturbante e crudele, si amalgama a un mondo malato e sofferente, aiutando la narrazione stessa nel raccontare una duplice storia. Altro aiuto notevole è il sonoro, convincente, orecchiabile e che si adatta ai momenti, risultando quasi sempre coerente.
Non aiutano, invece, l’assenza dei sottotitoli in lingua italiana, una mancanza che, nonostante una mole di testo abbastanza scarsa, è comunque sentita a causa di una narrazione già di base non facile da seguire ma che merita comunque di essere vissuta. Da segnalare infine che il titolo si difende molto bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo.