Sviluppato e pubblicato da Undev Games in sinergia con EastAsiaSoft, Doug’s Nightmare è uno sparatutto top-down a doppia levetta, o meglio, un bullet-hell in 2D con visuale dall’alto che ha per protagonista una banana e i suoi incubi. Noi ci siamo armati di tutto punto e abbiamo affrontato vari orrori e disagi su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione.
Doug’s Nightmare: anche le banane hanno gli incubi
Con nostra sincera sorpresa, Doug’s Nightmare ha una storia e non è neanche tanto da sottovalutare se viene considerato il suo messaggio di fondo. Seppur su schermo ci sia una banana con gli occhi, in realtà Doug è la personificazione di un ansioso patologico. Un soggetto X che non riesce a vivere in modo sereno e che si fa mille paranoie su qualsiasi elemento, incluso soprattutto quelli del quotidiano.
Insomma, Doug siamo noi, ci rivediamo in quasi ogni incubo, di scenario in scenario, con elementi improbabili (suoli spaziali violacei) e altri assolutamente quotidiani (una cucina, un parco, un ospedale, ecc). Ci rivediamo anche nel suo alter ego immaginario, un Doug oscuro che appare quando la situazione si fa difficile e che, al posto di aiutarci a combattere l’ansia, ci è addirittura d’ostacolo.
Doug’s Nightmare è quindi prevalentemente un grande sfogo metaforico, un modo per abbattere le ansie e le paranoie (ben diverse da titoli come Pneumata), sparandoci contro pugni volanti senza alcuna pietà. In effetti, il titolo non va molto oltre, nonostante utilizzi uno scomodo sistema a fumetti per raccontare le bizzarre e sconclusionate vicende del povero e insonne Doug. Una banana che, in un certo senso, riesce anche a creare empatia nonostante le vicende stesse non appassionino più di tanto.
Inferno di fuoco
Nonostante un messaggio di fondo, quello di abbattere l’ansia cercando di dormire in santa pace, sia lodevole seppur non ben raccontato, Doug’s Nightmare è principalmente gameplay. Siamo davanti a uno sparatutto 2D top-down a doppia levetta estremamente classico e che, all’immediatezza e accessibilità (con una levetta ti muovi, con l’altra punti e con un tasto fai fuoco) contrappone una totale assenza di innovazione.
Il sistema ludico, infatti, è decisamente classico e sintetico (se non pigro), la maggior parte del tempo lo passerai sparando orde di nemici e passando di stanza in stanza fino all’inevitabile boss di fine area. Tutto qui, niente enigmi o esplorazioni di alcun genere. E se questo diverte all’inizio, grazie a un sistema di combattimento comunque discretamente veloce e appagante, dopo poco viene facilmente a noia.
Combattere, infatti, richiede oltre a muoversi e puntare, unicamente la possibilità di fare fuoco con l’unica aggiunta di una mossa extra per tentare di colpire più nemici a schermo in contemporanea. Piccola differenza è la presenza della barra dell’ansia, posizionata sotto quella della salute, che si riempie man mano che Doug va in ansia (a causa dei nemici a schermo, ovviamente) e che portano alla comparsa del già citato Doug malvagio.
Ripetitività e mancanza di rifinitura tecnica
Il motivo è che, oltre a fare sempre la stessa cosa, la farai con una scarsa varietà di armi e nemici. O meglio, di armi da raccogliere ce ne sono ma il feedback è grossomodo lo stesso mutandone solo la forza. E lo diciamo subito: esplora le aree, tutte. Avere armi aggiornate è essenziale, soprattutto nelle fasi avanzate dove il livello di difficoltà subisce una sorprendente impennata, fermo restante che potrai sempre modificare il livello di difficoltà base del gioco.
Esplorare, oltre a trovare nuovi armi (ne puoi equipaggiare di diverse) ci permette anche di scovare elementi estetici come costumi e scarpe. Gran parte di questi non comportano alcun tipo di vantaggio mentre altri possono dare dei piccoli bonus passivi come una maggior velocità di movimento. Il tutto con un sistema di equipaggimenti simil RPG ma estremamente rudimentale e striminzito (seppur alcuni costumi son divertenti da vedere e includono anche citazioni più o meno dirette ad altri mondi e immaginari).
In effetti, la mancanza di rifinitura tecnica, che parte dai menù e si espande un po’ in tutto Doug’s Nightmare è abbastanza visibile ed è anche un peccato. Sarebbe bastato davvero poco per rendere Doug’s Nightmare un titolo migliore e più identitario e memorabile. Allo stato attuale, seppur esteticamente folle e vario, ludicamente il gioco si perde tra i competitor offrendo, tra l’altro, una longevità discretamente bassa (chi ha esperienza col genere può terminarlo in tre ore scarse).
Nota a parte per i boss che, laddove i minion tendono a ripetere e copiare i propri attacchi in modo classico, provano a offrire sfide più impegnative nonostante il loro essere prevalentemente statici (non si muovono). Purtroppo, anche in questo caso, per sconfiggerli basterà guadagnare distanza, attaccarli nei punti ciechi e poi devastare i minion per curare le nostre energie.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Doug’s Nightmare non è granché, con animazioni un po’ legnose eppure riesce comunque a cingersi di un’identità propria. L’idea di utilizzare degli schizzi, quasi degli scarabocchi, in modo quasi similare all’ormai defunto Drawn to Death di David Jaffe (il papà di God of War), è interessante e offre una buona varietà visiva nonostante sia anche complice di una certa (e inevitabile nel caso dei bullet hell) confusione a schermo.
Il sonoro è modesto e dimenticabile, niente di eclatante ma neanche fastidioso. Da segnalare la totale assenza della lingua italiana che però non danneggia l’esperienza, considerando che i testi a schermo sono pochi e abbastanza semplici da tradurre. Infine, Doug’s Nightmare si difende bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo anche se consigliamo quella portatile, data anche la natura del titolo e la sua estetica poco dettagliata.