Sviluppato da C2 Game Studio e pubblicato da Versus Evil in sinergia con TinyBuild, Astor: Blade of the Monolith è un action 3D con elementi da gioco di ruolo che tenta di avvicinarsi alle orme di The Legend of Zelda. Noi abbiamo vissuto le avventure dell’eletto su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione. Pronto a imbracciare la spada e a partire per un lungo e misterioso viaggio?
Astor: Blade of the Monolith e quel sentore di “già visto”
Siamo a Gliese, un pianeta in cui l’essere umano sembra essersi estinto, scomparso, sparito. In compenso, la nostra specie è venerata come una sorta di divinità. Da chi? Ma dalle sue stesse creazioni senzienti, ovvio. Trattasi di una sorta di automi simil bambolotti, dei costrutti o golem che dir si voglia, la cui “vita” è racchiusa nelle loro bizzarre maschere.
Il protagonista di Astor: Blade of the Monolith, tale Astor, è uno di questi costrutti. Un esploratore/avventuriero che si ritrova senza volerlo a imbattersi in un’antica spada a sua volta legata a un’altrettanto antica profezia che lo attanaglia al ruolo di “prescelto”. Esatto, niente di troppo originale all’orizzonte. Astor è quindi il prescelto e si ritroverà a girovagare per il mondo cercando di avverare la profezia che lo vede protagonista.
Ma perché effettuare tale viaggio? Il motivo è semplice, i Diokek, ossia il nome di questa particolare razza di costrutti, è minacciata dagli Hiltsik che sono fondamentalmente la loro controparte malvagia. Ecco quindi che le tribù e piccole comunità Diokek vengono braccate, catturate e schiavizzate dai malvagi di turno che dovremo sconfiggere man mano che progrediremo nelle nostre scoperte.
Un percorso quindi di crescita con un grosso mistero alle spalle che non si dipana se non nelle ultime battute del titolo che sono anche quelle più narrativamente significanti. C’è infatti da dire che la storia soffre di ritmo e, soprattutto all’inizio, fatica a catturare e coinvolgere quanto dovrebbe. Il problema è dovuto a un incipit estremamente abusato e ad alcune scelte che provano ad avvicinarsi a titoli più blasonati ma senza lo stesso carisma.
Ci riferiamo a The Legend of Zelda e in particolare a Link di cui Astor fa il verso. Astor, infatti, è il prescelto, è uno spadaccino, può rompere le scatole (al posto dei classici vasi) e soprattutto non parla. A dar voce ai suoi pensieri e al suo percorso è una voce femminile narrante. Unica voce doppiata visto che i Diokek comunicano a versi in stile Animal Crossing. Astor: Blade of the Monolith presta quindi un po’ il fianco a una scarsa originalità e uno scarso coraggio nel realizzare un intreccio narrativo in grado di catturare a dovere.
Tanti stili di combattimento per nemici non all’altezza
Sul versante del gameplay, Astor: Blade of the Monolith si distacca in parte da The Legend of Zelda anche se l’impostazione di base, legata soprattutto all’esplorazione, è sempre lì con una certa prepotenza. La differenza principale è legata comunque al sistema di combattimento, qui profondo, vario e ben stratificato. Astor, infatti, man mano che andrà avanti nella sua avventura, entrerà in possesso di diverse tipologie di armi che possono anche concatenarsi tra loro dando vita a combo di tutto rispetto.
Ma procediamo con ordine. Astor è dotato di un attacco semplice (veloce e che causa danni limitati) e un attacco pesante (lento e che causa danni elevati). I due tipi d’attacco possono mischiarsi e variano leggermente per esecuzione e ritmo a seconda dell’arma che s’impugna. Il prescelto può portare con sé diverse tipologie di armi “standard” (una spada, dei guantoni, ecc.) e se è vero che puoi intercambiarle a tuo piacimento, queste possono apparire anche a seconda delle combo eseguite.
Tali combo sono legate anche ad eventuali abilità sbloccate e che richiamano a un sistema da gioco di ruolo semplice ma intuitivo ed efficace. In quanto action RPG, Astor: Blade of the Monolith non innova niente ma si difende discretamente bene, chiedendoci di cercare e raccogliere due tipologie di materiali: i primi, delle sfere rosse, ottenibili dalla distruzione di cristalli, oggetti o dall’abbattimento dei nemici e i secondi, delle reliquie piramidali nascoste in giro per i livelli.
L’unione di questi due collezionabili può essere spesa per potenziare il nostro eroe o acquistare determinati oggetti. Avere cura del proprio equipaggiamento ci garantirà un viaggio sereno anche se il livello di difficoltà generale del titolo delude in parte. I nemici, seppur vari, soffrono infatti di pattern ripetitivi, poco originali e prevedibili. Ciò si traduce in un susseguirsi di scontri relativamente tutti uguali dove la difficoltà è legata principalmente al numero di nemici contemporaneamente visibili su schermo.
Un peccato enorme considerando il combat system a nostra disposizione e che può regalare molteplici spunti strategici. Astor, infatti, oltre ad attaccare, può schivare e creare uno scudo lucente che attutisce i danni. Non solo, se agiamo in tempo, possiamo anche effettuare una serie di contrattacchi che possono moltiplicare i danni avversari e velocizzare la loro sconfitta.
Ma le possibilità di Astor non finiscono qui, il protagonista, infatti, è dotato di un ulteriore potere che lo lega al “mondo degli spiriti” e che utilizzerai principalmente per svolgere i pochi e in parte ciclici enigmi ambientali (banalmente, tale potere può far apparire oggetti, ecc.). Tale potere, però, può essere utilizzato anche in battaglia, attivando un momento temporale che ne dimezza la barra vitale (rendendoci più vulnerabili) e offrendo in cambio un generoso boost offensivo.
Di templi ed enigmi
Il mondo di gioco di Astor: Blade of the Monolith si difende discretamente bene per ampiezza, varietà e colore. Meno per originalità e creatività, offrendo spesso aree troppo desolate ai margini dei percorsi principali. Anche le missioni opzionali e gran parte degli enigmi sono poco ispirati e terribilmente classici, richiedendo di svolgere mansioni insipide (come uccidere TOT nemici) e risolvere banali e abusatissimi enigmi (indirizzare e far riflettere un raggio di luce).
Un peccato considerando che il titolo cerca di condividere una lore propria smarrendosi però in dialoghi fumosi e mai realmente approfonditi. I protagonisti stessi, dal protagonista ai comprimari, faticano a restare nella memoria risultando esteticamente ispirati ma caratterialmente poco approfonditi. C’è una mancanza di intraprendenza che mina un po’ tutta l’esperienza generale che si poggia invece su un’ossatura ludica di tutto rispetto.
Sul piano tecnico, da segnalare qualche caricamento iniziale di troppo e ritardi nelle texture con tanto di fugaci pop-up. Nulla di grave, ovvio, ma il titolo presta il fianco a una trasposizione non propriamente perfetta per quanto riguarda la versione portatile dell’ibrida Nintendo, la più debole delle due modalità disponibili anche se vivere un’avventura del genere, dove vuoi, ha comunque i suoi vantaggi.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Astor: Blade of the Monolith oscilla costantemente. Se è vero che il mondo di gioco, vivace e colorato, si difende bene dietro una discreta varietà è altrettanto vero che di originale non c’è moltissimo. Sicuramente premiamo la caratterizzazione estetica di tribù e nemici, anche se alcuni di quest’ultimi sono palesemente poco ispirati (i ragni sembrano usciti dal mondo di Borderlands).
Il sonoro è molto buono, con tracce orecchiabili e coerenti con quanto avviene su schermo. Il doppiaggio in inglese è gradevole e ben recitato anche se rilegato prevalentemente al ruolo di narratore. Peccato, invece, per la totale assenza della lingua italiana anche se i testi a schermo sono abbastanza semplici da comprendere.