Sviluppato e pubblicato da EmergeWorlds Pty. Ltd., DROS è un puzzle platform 3D con una spruzzata di action abbastanza prevedibile e che prende ispirazione da diversi titoli cercando però di offrire una narrazione fortemente identitaria con un cast di personaggi stravaganti. Noi abbiamo vissuto l’avventura di Captain e Little Dros su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione. Pronto a scalare la torre alla ricerca dell’Alchimista?
DROS e la coppia che non scoppia
DROS non inventa praticamente nulla, soprattutto sul versante ludico mentre sul piano narrativo, il prologo alza discretamente l’asticella lasciando intendere sviluppi e intrecci che si evolvono purtroppo in modo decisamente più compassato e prevedibili. Ma procediamo con ordine. Il primo dei due protagonisti di cui faremo conoscenza è l’elemento “inedito” del titolo, tale Little Dros. Nel dettaglio, si tratta di un Dros, una creatura nera e dalla composizione vischiosa e appiccicosa, insomma… una sorta di Grimer (Pokèmon veleno di prima generazione).
Tale Dros è imprigionata in una teca di vetro da cui si libera con ben pochi sforzi. Da qui, inizia la sua mirabolante fuga ostacolata da una sola necessità: trovare uno “shell” a cui legarsi per poter sopravvivere. Trattasi di un qualsiasi tipo di “ospite” che possa preservare la nostra piccola e apparentemente gracile esistenza. I primi Dros che troveremo, ad esempio, come una sorta di paguro, hanno trovato come “shell” rottami di vario genere ma la protagonista sembra avere ben altre pretese. Una casa coi fiocchi.
E tale “casa” è Captain. Costui è un umano con tanto di armatura completa che come lavoro fa il cacciatore di taglie. Un tipo burbero, scontroso, di poche parole ma determinato e sprezzante del pericolo. Il suo scopo? Recuperare un oggetto in possesso dell’Alchimista (figura che recupereremo a breve). Purtroppo il destino non procede di pari passo con Captain che si ritrova velocemente sconfitto, con un braccio amputato e prossimo alla morte. Insomma, non un inizio meraviglioso.
Ma ecco la formazione del duo: Little Dros scova Captain e vede in lui il guscio perfetto con cui unirsi. Captain, dal canto suo, non vede di buon occhio il buffo e occhiuto essere nero ma non ha forza di opporsi. Dros e umano si uniscono, sopravvivendo insieme e dandosi forza a vicenda. Questo perché il Dros è praticamente inoffensivo mentre Captain, senza Dros, è praticamente inerme. Insieme, l’umano ottiene energie dal Dros e il Dros viene difeso dal corpo umano che può attaccare i nemici. Insomma: un’unione perfetta.
Inoltre, entrambi sembrano avere degli affari in sospeso con l’Alchimista, una sorta di scienziato mezzo megalomane con tanto di creature, i Dros, piegate al suo volere, che domina una torre la cui atmosfera non sembra promettere niente di buono. Il Captain, come anticipato, deve recuperare un oggetto da tale alchimista, oltre a incassare la taglia e i soldi mentre Little Dros ha uno scopo più nobile: salvare gli altri Dros e fuggire dalla torre insieme a loro.
L’intreccio narrativo di DROS parte quindi decisamente bene per poi smarrirsi in una classica e lineare avventura dove sconfiggere i classici quattro guardiani (legati ognuno a rispettivi elementi) fino al boss finale. Nel mezzo una serie di dialoghi con personaggi secondari che brillano principalmente per resa estetica e per umorismo in parte grottesco ma comunque coerente col contesto. C’è anche un po’ di lore, con tanto di documenti da scoprire e conservare, che approfondiscono il mondo e i suoi personaggi offrendo un mosaico finale intrigante ma che trova poco riscontro nell’avventura in sé.
In parte è un peccato perché il duo riesce a regalare piacevoli siparietti senza però mai approfondire quanto si deve il legame che li unisce se non nelle battute finali. Discorso analogo per alcuni comprimari, spesso troppo “misteriosi” e poco chiari, quasi come delle mere comparse accessorie. Insomma, nonostante gli sforzi narrativi di tutto rispetto, è palese che DROS punti molto sul gameplay. Ma com’è scalare la torre dell’alchimista?
Di enigma in enigma con qualche battaglia
DROS è un puzzle-platform 3D con fasi action e persino momenti stealth che prende la struttura a missioni e dei livelli stessi da titoli come Captain Toad. Ogni missione, infatti, è una sorta di diorama ben contenuto e da poter esplorare tanto orizzontalmente quanto verticalmente. Il tutto infarcito da collezionabili e guidato da obiettivi sempre ben precisi e facilmente individuabili.
La particolarità di DROS è la possibilità di alternare il comando tra i due personaggi in modo pratico e intelligente, oltre che immediato. Di base, si è al comando di Captain che può muoversi unicamente quando è unito con Little Dros. L’umano è il più lento dei due, non può saltare ma, in compenso, è l’unico in grado di combattere, essendo armato di una piccola spada con cui poter sferrare poderosi fendenti.
Lo diciamo subito: il combattimento in DROS è abbastanza elementare e molto, forse troppo, semplificato. Banalmente si tratta di colpire e allontanarsi di continuo fino alla morte dell’avversario di turno, il tutto con un livello di sfida medio-basso e che trova reali ostacoli solo in caso di un numero cospicuo di nemici o di alcune boss fight. Questo perché DROS si focalizza più sulla risoluzione di puzzle ed enigmi ambientali da risolvere per liberare la strada verso l’ascensore (ogni area è un viaggio per creare un percorso dal punto A al punto B).
Little Dros, invece, è in grado di muoversi da sola, spiccando per velocità e soprattutto per poter saltare e doppio-saltare. Insomma, la parte platform del titolo è tutta sua ed è sempre lei quella più votata all’esplorazione e quindi alla scoperta di collezionabili e segreti. Purtroppo però, Little Dros non può combattere e anzi, se viene vista dai nemici ritorna subito da Captain annullando tutto il percorso fatto (possiamo tornare da Captain anche manualmente, quando vogliamo e in modo estremamente rapido, eliminando qualsivoglia backtracking).
Nei panni neri e appiccicosi di Little Dros, infatti, il titolo introduce momenti simil-stealth che sono fatti in modo rozzo e semplicistico più del combat system. Ogni nemico ha un raggio di visuale con tanto di semicerchio che cambia colore ma non è mai chiarissimo fin dove possono vederci. In compenso, col fatto che possiamo saltellare in giro, non sarà difficile eludere la sorveglianza, trovando scorciatoie e semplificando gran parte dei percorsi stealth.
Tanto da cercare
Per superare i livelli di DROS basta far cooperare Captain e Little Dros, individuando i marchingegni con cui possono interagire individualmente (alcuni li può attivare solo Captain e viceversa) ed eliminando i vari ostacoli, il tutto passando per i già citati enigmi ambientali che vanno da piattaforme a peso, passaggi stretti in cui può entrare solo Little Dros, scale che può salire solo Captain, tubi da ruotare e tanto tanto altro, per una varietà che spicca soprattutto da bioma in bioma per un totale di 40 livelli.
La longevità di DROS non è altissima, parliamo di una media di 6-8 ore per la campagna principale che può però allungarsi discretamente se si decide di ottenere il 100% in ogni area. I collezionabili in DROS sono di tre tipo: delle sfere gialle denominate “Prima”, dei cristalli rosa e dei frammenti di marchingegno. Se gli ultimi due sono principalmente accessori e privi di qualche motivazione narrativa (salvo il marchingegno che vi lasciamo scoprire in game), le sfere gialle hanno un’utilità anche ludica.
I Prima, infatti, possono essere convertiti per curare l’energia vitale di Captain. Basta spenderne un TOT e potremo essere quasi immortali. Purtroppo però, alcune abilità, sbloccabili man mano che si andrà avanti nella campagna principale, consumano la stessa materia prima. Un esempio è lo sprint che rende Captain più veloce e simile a un ariete da sfondamento. Tale “dash” consuma Prima e bisogna quindi prestare un pochino d’attenzione anche se, nella nostra esperienza, non ci siamo mai trovati a secco.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, DROS non brilla per cura del dettaglio o per originalità. Se gli artwork 2D dei personaggi sono accattivanti, le aree di gioco offrono una certa ripetitività avvolta in un manto anonimo e poco ispirato. Un peccato considerando il concept narrativo che poteva offrire ben altri sviluppi visivi. Insomma, messo a confronto con Captain Toad, DROS ne esce sconfitto anche se ha diversi barlumi d’inventiva per quanto riguarda la struttura e i level design, in alcuni casi sorprendentemente più complesso e vario.
Il sonoro è abbastanza dimenticabile. I personaggi sono privi di doppiaggio e comunicano a versi mentre le tracce audio sono poco ispirate ma mai fastidiose o invasive. Da segnalare l’assenza della lingua italiana che può portare a non dare la giusta attenzione alla lore del titolo e ai suoi documenti. Infine, DROS si difende discretamente bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo con quella portatile particolarmente consigliata per comodità e stabilità.