RIPOUT è un titolo che sembra rifarsi al filone di sparatutto PvE a squadre in stile Left 4 Dead o Warhammer Vermintide, dove un gruppo di giocatori avanza per livelli con alcuni elementi generati proceduralmente, potenziando poco alla volta il personaggio. Un classico.
In questo caso, però, il setting non è fantasy o apocalittico, ma scifi horror. Per certi versi, quindi, RIPOUT si distacca almeno in parte dai suoi congeneri, proponendo un’atmosfera diversa. Basterà a renderlo interessante?
Tanto per cominciare, il titolo non ha una trama degna di questo nome, ma si limita a un incipit di stampo scifi, che descrive un futuro dove l’umanità ha incontrato altre specie aliene. Questo incontro, neanche a dirlo, è finito in varie ostilità. Gli esseri umani hanno quindi iniziato a modificare geneticamente i soldati, in modo da renderli più performanti.
Questo però ha portato alla creazione di veri e propri mutanti e, di conseguenza, al collasso dell’umanità. Chissà quanto tempo dopo, il protagonista si risveglia, con un solo obiettivo: trovare Sanctuary, l’ultimo baluardo dell’umanità. Ammesso che esista davvero.
Mira, spara e uccidi, in RIPOUT
Il gameplay di RIPOUT è decisamente classico: si parte da un HUB, si seleziona una missione e una volta completata si torna all’HUB per potenziare il personaggio e scegliere subito una nuova missione da intraprendere.
Queste ultime sono veri e propri livelli abbastanza lineari, dove avanzare tra orde di nemici, completando obiettivi e superando minimi ostacoli ambientali. Nonostante il livello resti praticamente lo stesso, questi elementi vengono generati proceduralmente, rendendo leggermente diversa ogni partita.
Di conseguenza, intraprendere lo stesso livello porterà, per esempio, dei fili scoperti che ostacolano il passaggio a essere posizionati diversamente, rendendo necessario modificare leggermente il giro da compiere per completare un certo obiettivo.
Proprio gli obiettivi, peraltro, sono le classiche premesse che poi danno vita a dei last stand o a battaglie più o meno epiche. Possono quindi comprendere l’attivazione di qualcosa, la distruzione di oggetti specifici e così via.
Proprio nel completamento dei vari obiettivi, si prosegue nel livello di turno, affrontando i nemici. Ed ecco il fulcro del gameplay di RIPOUT. Nel titolo, soprattutto, si spara tanto. Il gunplay, però, lascia a desiderare.
I controlli base sono classici: mira, spara e scatto. A questi si aggiungono due meccaniche davvero interessanti: la possibilità di lanciare la propria arma-animale (eh già!) e la possibilità di…raccogliere altri animali da usare come armi.
Nel primo caso parliamo di un comando che, una volta inquadrato un nemico, vede la nostra arma saltarci di mano per aggredirlo come farebbe un mastino da caccia. Nel secondo caso, invece, la raccolta di insettoni giganti permette di accedere ad abilità temporanee, come guarigioni, cannoni, scudi e così via.
Come detto, le idee sono interessanti ma, tristemente, nel complesso non funzionano. Questo perché i nemici si dimostrano sempre prevedibili, lenti e poco reattivi. Allo stesso modo, non si vedono tipologie particolari di alieni, che possano aggiungere pepe alle sparatorie. Certo, ci sono vari tipi di nemici, ma nulla di paragonabile ai ratti-collare di Vermintide o a qualcosa che possa davvero rendere la vita difficile.
A rendere tutto peggiore si aggiunge la sensazione di avere a che fare con spugne di proiettili. I nemici sono infatti spesso molto coriacei, richiedendo interi caricatori per essere uccisi. Questo rende alcune sparatorie inutilmente lunghe, ripetitive e noiose.
Lo stesso si può dire per il level design. Nonostante i livelli siano pensati per essere rigiocabili, di fatto si dimostrano poco interessanti da esplorare. La generazione procedurale, in fondo, è minima, e in alcuni casi risulta addirittura inutile, presentando strade “bloccate” da ostacoli ambienti facilmente aggirabili con qualche salto. Persino livelli totalmente procedurali come quelli di Void Bastards si dimostrano più interattivi e interessanti.
La personalizzazione del personaggio si dimostra poi scialba, sia per le abilità selezionabili durante le partite, sia per i potenziamenti delle armi. Questo perché, per esempio, non presenta la stessa varietà di titoli come Warhammer Vermintide, dove le classi di armi e di potenziamenti possono enormemente cambiare lo stile di gioco di un personaggio. Semplicemente, si raccolgono oggetti nei livelli, poi necessari per sbloccare varie cose.
In sintesi, RIPOUT si dimostra un titolo dalla buona struttura ludica, che però allo stato attuale sembra più una base di partenza per costruirci meccaniche più complesse intorno. Meccaniche che allo stato attuale mancano. Nemici più reattivi, livelli più interessanti, ma soprattutto un combattimento più fluido e dinamico, renderebbero tutto decisamente più fruibile.
Tecnicamente non convincente
Il comparto tecnico di RIPOUT non è male, ma presta il fianco a una generale mancanza di dettagli. Nonostante il colpo d’occhio sia buono, i nemici e gli ambienti si dimostrano da subito poco dettagliati e animati in modo approssimativo.
Allo stesso modo, il comparto artistico pecca di eccessiva genericità, non riuscendo a emergere. Lo stesso dicasi per il comparto sonoro, dove spicca un doppiaggio da migliorare.