C’era un tempo, molto remoto, dove Konami creava videogiochi veri. No, non remake che possibilmente ci lasceranno perplessi oppure mere operazioni commerciali fatte in maniera annoiata (ogni riferimento a remastered di giochi di 26 anni è puramente voluta) no, una volta Konami i giochi li sapeva fare…e pure bene!
In questa puntata di Old But Gold ti racconterò di un gioco che inizialmente non si filò nessuno, ma con il passare del tempo diventò una così detta hit dormiente, ovvero giochi che magari all’inizio non sono apprezzati, ma pian piano diventano dei propri must have, oggi ti narro della nascita di Alucard e di Castlevania Symphony of the Night per PlayStation…ah sì, è uscito anche per Sega Saturn.
È l’alba del 3D…facciamo tutto in 2D allora!
Siamo nel lontano 1994, un anno pieno di avvenimenti cruciali, Baggio sbaglia un rigore in finale contro il Brasile, in Italia nasce un certo partito politico che ci terrà compagnia per gli anni a venire e Sony decide che è arrivato il momento di scendere in campo per fare un dispetto a Nintendo. Nel frattempo che tutti questi accadimenti si svolgono uno dietro l’altro, nelle sedi Konami, il team dietro ai brillanti Castlevania decide di darsi da fare su un nuovo gioco per il Sega 32X, che, al tempo, portava il nome di Castlevania: The Bloodletting.
Tuttavia Konami annusa, a buonissima ragione, che il 32X sarà un flop di quelli pesanti e con il proverbiale colpo di scena degno di una telenovela, decide di buttare tutto alle ortiche per concentrarsi sulla PlayStation. Risultato? Addio The Bloodletting e ben arrivato Symphony of the Night.
Il progetto venne diretto e prodotto da Toru Hagihara, la stessa mente dietro Rondo of Blood (altro titolo di un certo spessore, che prima o poi in Old But Gold dovrà essere trattato, non so quando, ma prima o poi si farà). A dargli man forte c’è Igarashi, il quale si occuperà di storia e programmazione. E così il dinamico duo si intestardisce sul fatto che in questo nuovo Castlevania ci vuole il proverbiale scossone, qualcosa che davvero non si sia mai visto all’interno della saga.
Igarashi racconta che Symphony of the Night è concepito come una storia parallela della saga, così da dare al team una certa libertà d’azione e poter, quindi, mandare all’aria tutti i canoni dei vecchi Castlevania introducendo un sacco di nuovi elementi.
Avete carta bianca!
Si continua nello sviluppo e Igarashi pensa che i giochi d’azione normali siano troppo brevi e vuole creare qualcosa che deve essere goduto a lungo dal giocatore. Così, di comune accordo con il team di sviluppo, si decide di abbandonare il vecchio stile a livelli dei precedenti titoli del franchise (che lo rendevano praticamente un platform, ma con un accenno di trama horror), per un castello che i giocatori potevano esplorare liberamente.
Per farlo si ispirarono addirittura a The Legend of Zelda di Nintendo. La sfida era quella di rendere il castello inizialmente inaccessibile, ma mano a mano che i giocatori acquisivano oggetti e abilità, nuove aree si aprivano. L’idea alla base voleva premiare l’esplorazione mantenendo comunque l’azione tipica di Castlevania.
Ma non solo questo, per dare un’ulteriore profondità al tutto si aggiunsero anche delle meccaniche da gioco di ruolo tipo i punti esperienza (che dai, quello ci sta sempre bene). Facendo così si cercava, in qualche modo, di facilitare chi si approcciava alla saga. Sei uno di quelli che ritiene i vecchi Castlevania troppo difficili? Nessun problema! Ecco un bel sistema di livelli con punti esperienza, che premiava i giocatori con migliori statistiche di attacco e difesa ogni volta che sconfiggevano i nemici.
Non riesci a passare un punto? Che problema c’è…inizia a farmare e passa la paura. Armature, armi e incantesimi vari rendevano poi l’esplorazione meno traumatica anche per chi aveva meno esperienza (che è un modo gentile di dire ti facilito se sei scarso).
Come ti dicevo prima, il gioco inizia il proprio sviluppo nel 1994, per poi uscire nel 1997, anni in cui il mondo dei videogiochi, si affacciava al 3D. Konami di questo se ne frega altamente e decide di utilizzare il 2D (almeno in larga parte). Infatti il titolo utilizzava visuali bidimensionali, con sprite animati su sfondi a scorrimento.
E no, la PlayStation non aveva hardware pensato per lo scrolling, quindi gli sviluppatori si arrangiarono come potevano. Di tanto in tanto sfruttarono anche le capacità 3D della console per delle piccolezze, come ad esempio alcuni nemici (i libri volanti nella biblioteca su tutti) e per i punti di salvataggio. Il risultato? Qualcosa di fenomenale, che riesce a tenere botta ancora oggi. Oh se buona parte delle opere indie utilizza questo identico stile grafico, pixellato e pieno di colori, un motivo ci sarà pure…o no?
Un Castlevania con Dracula, ma senza Dracula
Ma andiamo alla ciccia, in cosa consiste alla fine questo capitolo di Castlevania? Symphony of the Night usa un gameplay a scorrimento laterale in due dimensioni in cui l’obiettivo è esplorare il castello di Dracula nei panni di Alucard (il figlio di Dracula, mezzo umano e mezzo vampiro) con lo scopo di sconfiggere Shaft (un prete che serve il conte Dracula), il quale sta manovrando Richter Belmont (ovvero il protagonista di Rondo of Blood) che si è autoproclamato signore del castello.
Quindi un Castlevania senza Dracula? Non proprio. Infatti una volta esplorato il castello e sconfitto Shaft, si scopre che esiste un altro castello uguale, ma invertito. Questa versione sottosopra è piena di nuovi nemici e boss. Alucard dovrà trovare cinque boss per raccogliere i pezzi di Dracula (un omaggio a Castlevania II: Simon’s Quest), per poi affrontare il padre risorto per l’ennesima volta.
E oggi com’è Castlevania Symphony of the Night?
Se sei tra coloro che al tempo hanno snobbato Symphony of the Night, ti posso solo consigliare di cercare di recuperarlo al più presto, perché sei di fronte a qualcosa di maestoso, divertente, appassionante più di tante opere uscite al giorno d’oggi. Un titolo che riesce a tenere il passo ancora nel 2024, senza ombra di dubbio, che fa dell’esplorazione e del backtracking il suo cavallo di battaglia, ma che non te lo fa pesare. L’unico difetto, che però non lo è, semplicemente al tempo non c’era la tecnologia adatta, l’assenza del supporto allo stick analogico, ma hey…è uscito pure per PlayStation 4, PSP e Xbox 360, quindi ti basta recuperare queste versioni. Problem solved!