Dopo aver parlato di Klonoa, ma nella sua versione per Game Boy Advance, è arrivato il momento in questa puntata di Old But Gold, di andare ancora più indietro nel tempo, ovvero fino al 1997. Anni in cui usciva un certo Final Fantasy VII, ovvero il capitolo della saga creata da Square, che, probabilmente, è rimasto di più nel cuore degli appassionati, ma non solo, infatti nello stesso anno usciva quello che doveva essere, per molti, lo Zelda, ma su PlayStation, oggi in Old But Gold parliamo di Alundra.
PS. No, non accennerò minimamente al sequel uscito qualche anno dopo, perché non merita nemmeno 5 secondi del tuo tempo.
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Alundra, come ti dicevo prima, nasce nel 1997 dalla software house Matrix Software, che potresti conoscere in quanto ha lavorato, in tempi più recenti (ma non troppo), a parecchi remake di Final Fantasy per conto di Square Enix. Esempi sono Final Fantasy III e Final Fantasy IV per Nintendo DS, Final Fantasy IV: The After Years e anche The 4 Heroes of Light. Andando ancora più indietro nel tempo, questa casa di sviluppo faceva parte di Climax Entertainment, tuttavia l’intraprendenza è sempre premiata, quindi alcuni dei membri decidono di staccarsi e creare un loro gioco…e fu così che nacque Alundra.
Prima della nascita di Matrix Software, se sei un fan di Sega Megadrive, potresti ricordare Landstalker, ovvero uno dei giochi più iconici della console giapponese, il quale è rimasto particolarmente impresso nella mente dei videogiocatori, soprattutto per i dungeon parecchio difficili e per le sue parti al limite del super frustrante. Alundra nasce come seguito spirituale di Landstalker, quindi non aspettarti nulla di meno, anzi…
Chi è Alundra?
Alundra, ovvero il protagonista del gioco, è un piccolo elfo con un potere parecchio peculiare, infatti può entrare nei sogni delle altre persone, come un novello Freddy Krueger.
Il gioco inizia con Alundra su una barca diretta verso il villaggio di Inoa, nel continente di Torla, perché una figura spettrale di nome Lars ha chiamato Alundra attraverso un suo sogno implorandolo per il suo aiuto. Quando arriva uno studioso di nome Septimus, questo subito capisce l’abilità del protagonista di poter entrare nei sogni, basandosi sulla sua natura elfica e sulle esperienze che ha avuto.
Per apprezzare appieno la premessa di questo gioco, è necessario un po’ di lore del gioco, giusto per contestualizzare il tutto. Nel continente di Torla, il Re (che non viene mai ne presentato o nominato) proibisce il culto di qualsiasi Dio, ma non solo ordina la distruzione di tutti gli idoli, statue e figure che ritraggano qualsiasi forma divina.
Per colpa di questo divieto, gli abitanti della terra e quindi anche del villaggio di Inoa, perdono la loro inventiva. La loro vita si suddivide tra la cura del proprio orto e il tormento di incubi incessanti. Nel tentativo di combattere questi incubi, essi iniziano a pregare segretamente un noto Dio della terra, ma nonostante questo i brutti sogni continuano. Anzi, all’arrivo di Alundra, questi si intensificheranno, tuttavia il protagonista ha il potere di entrare all’interno di questi sogni e combatterne direttamente il male.
Sfortunatamente, Alundra non può salvare tutti, visto che alcuni abitanti, purtroppo, moriranno nel sonno, mentre altri si trasformeranno in lupi mannari o peggio in demoni a causa di questi brutti sogni. Questo porterà ad una tragica fine per questi sfortunati individui, mentre altri verranno assassinati a sangue freddo per motivi che verranno rivelati più avanti nel gioco.
Mentre tutto ciò accade, Il fabbro, Jess, ovvero colui che accoglie Alundra al suo arrivo su Inoa, si ritrova quasi incontrollabilmente a creare nuovi strumenti e armi che Alundra può usare ogni volta che un individuo muore. Jess dice di riuscire a sentire le loro voci che gli suggeriscono di creare questo o quel power up (anche se secondo me Jess avrebbe preferito 3 numeri da giocare al lotto come fanno i defunti normali, ma vabbè questo è un altro discorso).
Alcuni degli strumenti che Alundra ottiene ricordano, giusto per usare un eufemismo, quelli che potrai utilizzare nella saga di Zelda, quindi bombe, arco e frecce, bacchetta del fuoco, guanti che permettono di sollevare oggetti pesanti e via dicendo. Nonostante ciò, non mancano power up unici come ad esempio il Sand Cape, il quale ti permetterà di immergerti nella sabbia per passare sotto gli ostacoli nel deserto.
Se hai giocato a suo tempo a questo titolo potresti ben ricordare la forte frustrazione per le sue sezioni platform, visto che alcuni salti richiedo una precisione praticamente millimetrica. Peccato che il protagonista ha un grosso difetto, ovvero il suo balzo lascia parecchio a desiderare, non è quello che puoi trovare in un Super Mario qualsiasi e questo ti farà venire voglia di lanciare il pad contro lo schermo. Non farlo perché un monitor o una TV, insieme ad un pad, costano un occhio della testa e piuttosto impara a saltare da una piattaforma cercando di essere preciso al millimetro, questo è il segreto di Alundra. Non ti piace? Eh, ma è così.
Ok i salti di questo gioco ti faranno venire l’orticaria, ma il combattimento? Dopotutto stiamo pur sempre parlando di un action RPG. In realtà, il combattimento è generalmente semplice e non richiede di risolvere enigmi durante le battaglie con i boss come ad esempio accade in qualsiasi titolo della saga di Zelda.
Tuttavia, Alundra vanta un design dei dungeon straordinario, con numerosi enigmi sfruttando parecchio la tecnica degli interruttori. Questi enigmi possono frustrare il giocatore medio? Sì, ma ciò non compromette per nulla l’esperienza di gioco. Quello che lo fa è la posizione davvero approssimativa dei check point. Se infatti perderai in punto cruciale del gioco, potresti davvero doverti rifare pezzi enormi del titolo prima di poter arrivare, nuovamente, a quel boss che ti aveva sconfitto poco fa.
Graficamente si poteva fare di meglio
Se c’è un aspetto in cui Alundra potrebbe migliorare, è sicuramente il comparto grafico. Ovviamente non è tutto da buttare via, ma la combinazione di colori è parecchio monotona, visto che questa appare un po’ cupa a causa dei toni che tendono al marrone. Prendi, ad esempio, A Link to the Past, questo aveva colori accesi e brillanti, tuttavia c’è da dire che il gioco di Nintendo aveva un tono più leggero e scanzonato rispetto ad Alundra, nonostante questo un tocco di colori vivaci, magari solo per alcuni dungeon, a parer mio, non avrebbe gustato.
Concludo parlando dell’eccellente colonna sonora composta da Kōhei Tanaka, il quale è riuscito a creare una delle più belle musiche presenti di un videogioco nato su un sistema a 32 bit. Questa riesce ad integrarsi ai contesti di gioco in maniera davvero eccellente senza mai andare fuori tema, usando addirittura delle campionature vocali emulate, cosa che nel 1997 non era così scontata. Ovviamente per gli standard moderni questa potrebbe sembrare superata e quasi artificiale, tuttavia ti ricordo che stiamo pur sempre parlando di un titolo di quasi 30 anni fa.
Che facciamo lo rigiochiamo al giorno d’oggi?
Giocare ad Alundra nel 2024 è un’impresa ardua, perché al contrario di altre opere 2D sempre della stessa epoca (vedi Castlevania: Symphony of the Night) non è invecchiato benissimo. Il combattimento è semplice sì, ma la frustrazione di alcune meccaniche, come ad esempio il salto, lo fanno diventare molto poco digeribile per un pubblico odierno. Anche la grafica un po’ cupa, non tiene botta con gli standard di oggi, tuttavia se sei disposto a chiudere un occhio su questi aspetti, ti ritroverai tra le mani un qualcosa che assomiglia molto a The Legend of Zelda, ma con una trama molto più matura oltre che una difficoltà parecchio più alta.