Sviluppato e pubblicato da Aspyr Media, Star Wars: Bounty Hunter è la remastered ufficiale dell’omonimo titolo del 2002 ideato e pubblicato da Lucasfilm Games. Si tratta di un gioco d’azione nonché sparatutto in terza persona 3D che ha saputo ritagliarsi un suo spazio nel tempo arrivando fino a oggi con un’edizione che nasconde più di un’accortezza tecnica che farà la gioia dei fan. Noi abbiamo rivestito i panni di Jango Fett su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione! Pronto a partire per una galassia lontana, lontana?
Star Wars: Bounty Hunter in una galassia lontana, lontana…
Lo abbiamo già scritto due volte e questa è la terza: in una galassia lontana, lontana… è l’inizio di Star Wars: Bounty Hunter. Un effetto nostalgia che rievoca con prepotenza le opere di Lucas e il titolo stesso. Parliamo di font, colori e lettere che unite, in questo modo, con questa ormai arcaica riproposizione, ti lanciano indietro nel tempo con una nostalgia viscerale e bellissima.
Ciò che segue queste parole in celeste, è uno scroll verticale di frasi con font in giallo che riassumono e allo stesso tempo collocano cronologicamente, il set narrativo delle vicende di Star Wars: Bounty Hunter. Per chi non lo sapesse, il titolo in analisi è considerato ufficialmente canonico nell’universo espanso di Guerre Stellari e si colloca tra Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma e Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni. Il protagonista è il già citato Jango Fett, un cacciatore di taglia mandaloriano che irrompe nel mondo dei videogiochi con ancor più importanza considerando la scia della serie televisiva The Mandalorian.
Il buon Jango viene coinvolto in una missione per conto di Darth Tyranus, a sua volta comandato dal sempre rugosamente malvagio Darth Sidious. Senza fare spoiler, per chi non lo avesse ancora giocato, la trama di Star Wars: Bounty Hunter si difende discretamente bene regalando piacevoli approfondimenti su uno dei personaggi più forti e intriganti dell’intero immaginario di Lucas. Una storia non sempre supportata da un buon ritmo ludico ma capace comunque di trainare fino agli inevitabili titoli di coda.
Prima di affrontare il gameplay di Star Wars: Bounty Hunter approfondendo i ritocchi apportati dal team di Aspyr è bene ricordare che stiamo analizzando una remastered di un titolo vecchio di oltre vent’anni. L’originale, pubblicato nel 2002, è un titolo già di sua natura molto controversa, non amato da tutti e appesantito da meccaniche per alcuni già vecchie per il suo tempo e non propriamente user friendly.
Ecco, il team di Aspyr ha apportato diverse piccole migliorie soprattutto al sistema dei comandi e alla grafica (che approfondiremo nei rispettivi paragrafi) senza però modificare l’impianto generale del titolo. Cosa significa? Significa che a differenza della recente trasposizione (non remastered) di Tomba! Special Edition (di cui puoi recuperare la nostra recensione), non sono stati inseriti sistemi aggiuntivi come il salvataggio istantaneo o metodologie atte a rendere l’esperienza più accessibile, comoda e fruibile anche ad utenti meno pazienti.
Spara e vola catturando criminali
Star Wars: Bounty Hunter è un action sparatutto in terza persona con un interessante sistema di jetpack che permetteva già all’epoca di poter girovagare in livelli open-map dalle discrete dimensioni (ma dai contenuti esteticamente e quantitativamente deludenti). Le meccaniche di base sono rimaste tutto completamente invariate, nel bene e nel male. Anche qui ci ritroveremo quindi a comandare Fett impegnato in sei capitoli a loro volta suddivisi in tre livelli ciascuno con una longevità più che soddisfacente.
Ad aiutarci ad affrontare un’avventura non proprio alla portata di tutti (a metà esperienza il livello di difficoltà s’impenna e ci ritroveremo anche in fasi platform non comodissime e afflitte da una telecamera poco pratica) c’è l’intero set di armi e strumenti del nostro buon cacciatore di taglie. Si va dalle doppie pistole laser alla Lara Croft (armi classiche ma eccezionali, con proiettili infiniti e un buon danno) al rampino, passando per un visore, il lanciafiamme (discretamente scomodo da padroneggiare) fino al co-protagonista per eccellenza: il jet-pack.
Il jet-pack lo otterremo nelle prime fasi del gioco e va a potenziare tanto l’esplorazione quanto le fasi platform (telecamera capricciosa permettendo). E parlando di esplorazione, in Star Wars: Bounty Hunter regna la vecchia filosofia videoludica: niente guida o mappe, sta a te capire dove andare e quanto. Questa libertà, che per alcuni può significare girare per ore senza capire che diavolo fare, si riscontra anche nell’attività opzionale che a suo modo rende unico Star Wars: Bounty Hunter: la caccia ai ricercati.
Sì, la caccia ai ricercati è rimasta immutata nel tempo e sì, è ancora terribilmente meccanica, scomoda e lenta ma anche per questo ferocemente identitaria. Per chi non lo sapesse, in ogni livello sono nascosti dei ricercati che vanno localizzati e marcati prima col visore (che una volta attivato non ci permette di attaccare e difenderci). Inclusi i ricercati che ci danno fuoco e che magari son nascosti da e tra i nemici comuni. Doverli localizzare PRIMA di ucciderli o catturarli è di vitale importanza pena il mancato ottenimento della taglia (utile per sbloccare gli extra del menù principale, senza quindi apportare alcun vantaggio ludico).
Se la meccanica di ricerca dei ricercati è rimasta arcaica e legnosa, lo stesso vale per l’intelligenza dei nemici, dei totali sciagurati privi di strategia che ci caricano a testa bassa pronti a farsi falcidiare senza pietà. Un classico che li vede diventare realmente pericolosi solo in gran numero. In tal caso, toccherà difendersi a dovere visto che non abbiamo chissà quanta energia vitale e il game over è dietro l’angolo (e dal terzo capitolo in poi la frustrazione aumenta vertiginosamente).
Parlando di game over, avremo a disposizione 5 sole vite, terminate le quali dovremo ricominciare tutto il livello dal principio. Un problema non da poco considerando che spesso morirai per un errore della telecamera o, peggio ancora, per dei bug che ti scaraventano in abissi sconfinati (ci è successo ben cinque volte) o che vedono proiettili nemici attraversare le pareti. A completare il pacchetto d’esperienza, si riconferma la presenza di alcuni collezionabili abilmente nascosti nei livelli oltre a un’opzione nel menù iniziale con alcune grafiche e video dedicate ai fan e ai collezionisti.
Le novità
In tutto ciò, dove sono le novità apportate da Aspyr? Il primo impatto è ovviamente quello grafico ma in realtà, pad alla mano, si scopre che l’intero set di comandi è molto più fluido, moderno, accessibile e veloce. Giusto il sistema di lock è rimasto meccanico e impreciso mentre il resto offre un feedback molto più gradevole del passato. Al sistema è stata aggiunta anche una torcia per dar luce alle zone più buie e un rallentamento dell’azione a schermo quando si passa al visore. Piccolissimi ma graditi accorgimenti.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Star Wars: Bounty Hunter segue la scia della remastered della trilogia di Tomb Raider (di cui puoi leggere la nostra recensione) ma con meno impatto scenico (d’altronde Star Wars: Bounty Hunter è una generazione successiva rispetto ai titoli di Lara). Se è vero che l’armatura di Fett spicca insieme ai nemici e ad altri sporadici dettagli ambientali, è altrettanto vero che molte location ritornano con la loro pochezza sia estetica che contenutistica.
Distese di nulla monocromatico o con pochi poligoni, molti affaticati da un caricamento tardivo delle texture che stona leggermente in un lavoro comunque notevole e apprezzabile e che dona al titolo una nuova veste nonostante il peso del tempo. Il sonoro, tra cui il doppiaggio italiano (non perfetto ma comunque gradito e sempre più raro), è forte delle sonorità tipiche della saga e riesce subito a farci sentire a casa. Infine, sono presenti i sottotitoli in lingua italiana, senza neanche troppi errori.