Sviluppato da Rootnstudio Ltd. e pubblicato da PQube, White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition è un horror in prima persona incentrato sugli enigmi nonché sequel ufficiale del controversio ma per molti considerato un classico coreano White Day: A Labyrtinth Named School. Noi siamo tornati alla Yeondu High School pronti a svelare nuovi e terribili misteri su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione.
White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition – Tre storie per un’unica lore
Dopo aver recensito White Day: A Labyrinth Named School, abbiamo affrontato White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition con non poche curiosità soprattutto legate alla trama e ai suoi sviluppi. Purtroppo, gli sviluppatori hanno deciso per questo sequel di utilizzare una formula che non a tutti potrebbe piacere: quella antologica. Parliamo, infatti, di tre episodi con protagonisti differenti ma tutti ambientati nella stessa scuola, con la stessa lore di base e con l’intenzione di aggiungere nuovi misteri ancorandosi ad altri precedenti.
Se è essenziale conoscere il primo capitolo? Di base, sì (il gioco prende il via il giorno successivo alle vicende del prequel) e noi lo consigliamo. Anche perché non solo le vicende ma anche le location rievocano parte di quanto già visto nel precedente capitolo mostrando una vaga coerenza e provando a reggere con una certa fatica la medesima atmosfera. Il problema è che le trame in sé, salvo rare eccezioni, arrancano a causa della loro stessa formula. Parliamo di storie semi-autoconclusive dotate di diversi finali ciascuno.
Sono circa 14 finali differenti che spingono a giocare e rigiocare i vari episodi alla ricerca di un finale “giusto” ma, personalmente, abbiamo faticato non poco a individuare una coerenza nelle varie conclusioni. In realtà, e bastano le prime battute del primo episodio, la trama stessa fatica a causa di un cast sopra e righe, poco credibile e sconclusionato. Insomma, perché tornare in una scuola dichiaratamente infestata?
Prendiamo in esame la scelta di Jung Soo-jin, la protagonista dell’episodio uno anche se inizialmente vestiremo i panni di Jang Sung-tae, il ragazzo su cui Jung vuole fare colpo. Ebbene, Jung decide di entrare nell’istituto in quanto turbata da misteriose voci riguardo la morte di una sua compagna. Di base è quindi è una ricerca di indizi che però si evolve male e in modo poco coerente in qualcosa di ben più terrificante sia da svelare che, purtroppo, da giocare.
Ma non solo la narrazione frammentata arranca e aiuta ben poco a seguire le fila dell’intreccio che, di base, è già confuso, ma anche le scene a schermo sono spesso prive di senso. Un esempio? Jung riesce a intrufolarsi nell’edificio con movenze lente e passando praticamente al fianco di una guardia che non la nota neanche. Una scena che scritta non offre il giusto impatto rispetto a quanto abbiamo assistito. Una roba surrealmente comica e decisamente poco credibile.
Eppure, se la narrazione principale è affaticata da un cast non sempre azzeccato e da uno sviluppo caotico e poco chiaro, danneggiato sia dalla scelta antologica che da finali multipli in parte forzati e poco soddisfacenti, a vincere in White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition è tutto il corollario di storie che potrai svelare scoprendo documenti e andando a esplorare la scuola. Ci sono storie tetre, altre molto creepy e alcune decisamente già sentite/lette altrove. Un’antologia di episodi che sembra far pensare: “ma capita tutto in questa dannata scuola?”
L’atmosfera generale del titolo ne esce quindi discretamente vincitrice anche se, chi ha giocato il capitolo originale, troverà meno fantasia e le sorprese andranno a svanire velocemente, risultando particolarmente telefonate. Questo perché lo schema di base è grossomodo uguale giocando (bene) con le sonorità e offrendo jumpscare per lo più prevedibili ma difficilmente gratuiti se si pensa che l’intera scuola è praticamente un alveare maledetto.
Come sopravvivere
White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition non innova praticamente niente e anzi muove qualche passo indietro rispetto al capitolo originale, sacrificano la complessità di alcuni enigmi e ritrovandoci grossomodo a muoverci da una parte all’altra della scuola, cercando oggetti, numeri o indizi per sbloccare passaggi e intercettare la prossima cut-scene per progredire nell’avventura.
Parliamo di un horror in prima persona e White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition non si discosta quasi in nulla dal predecessore calandoci nuovamente in panni di persone indifese e che non possono eliminare coloro che li inseguono. E fidati, saremo inseguiti spesso. Il problema è che tali inseguimenti sono fonte di frustrazione vedendo i nostri inseguitori apparire in modo poco credibile e riuscendo a localizzarci nonostante una buona distanza o addirittura in presenza di pareti a dividerci.
Volendo essere onesti, tali inseguimenti perdono il loro fattore di “ansia” quasi subito, risultando più fastidiosi che altro. In quanto dover cercare riparo o ritrovarci a giocare ad acchiapparella (dove noi siamo il topo e loro il gatto) nel bel mezzo della risoluzione di un enigma può far storcere il naso. Il titolo ci offre poi ben poche possibilità di difesa tra cui la possibilità di scattar foto ai nostri aggressori per paralizzarli temporaneamente (ma le foto sono limitate e i rullini non si trovano così spesso in giro).
Se ti stai chiedendo la tipologia di enigmi, alcuni di questi sono discretamente interessanti chiedendo di osservare ciò che ci circonda con una visione laterale piacevole anche se, di fondo, si tratta pur sempre di scovare indizi (numeri, simboli, ecc.) da poi inserire nel giusto ordine. Altri modi d’avanzare sono invece legati alla ricerca di specifici oggetti (quasi sempre chiavi) che non sempre son visibili e spesso ci richiede di posizionarci in modi assurdi per poter interagire bene (come accovacciarci e inclinare la telecamera in una data posizione).
Insomma, l’esperienza in White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition non è tutta rose e fiori e l’impianto tecnico non perfetto, aiuta poco. Anche la location non riesce a coinvolgere come dovrebbe, mostrando almeno inizialmente una sequela di aule e corridoi che sono orfane dell’effetto iniziale fornito dal suo stesso predecessore. Cosa salva il titolo? Ancora una volta è l’atmosfera generale che riesce anche a fornire un discreto senso di inquietudine anche se siamo distanti dai maestri del genere.
Ecco un nuovo esempio concreto: procedere lungo un corridoio divorato dall’oscurità e sentire un rumore di fondo sordo e costante come qualcosa che sbatte costantemente per poi scoprire, aprendo un armadietto, che si tratta di un’entità che sta tirando craniate contro il fondo dell’armadietto stesso. Entità che si ferma, si volta verso di noi, ci regala un verso tetro e raggelante per poi svanire, lasciando una chiazza di sangue proprio dove sbatteva la testa con costante follia.
Ecco, sono queste piccole chicche a salvare White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition da un’esperienza altrimenti anonima e sciapa. Da segnalare che la “Complete Edition” oltre a includere tutti e tre gli episodi che compongono la trama principale, porta con sé ogni DLC pubblicato fino ad ora. Si tratta prevalentemente di costumi, alcuni abbastanza provocanti e che comunque vedrai relativamente poco (il gioco è in prima persona) oltre a non fornire alcunché all’esperienza ludica in sé.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, salvo per alcuni dettagli e alcuni effetti visivi, White Day 2: The Flower That Tells Lies – Complete Edition sembra offrire molto poco rispetto al capitolo precedente. Partendo dai personaggi fino alle loro animazioni, ancora in parte legnose e poco credibili. Si salano le entità e tutto ciò che le coinvolge anche se il titolo non si può definire al passo con la next-gen offrendo il fianco anche a diversi problemini tecnici: da elementi che si ricaricano in ritardo a qualche caricamento di troppo.
Il sonoro, invece, è l’elemento che spicca di più grazie a effetti ben studiati che arricchiscono un viaggio altrimenti vuoto e lento. C’è cura nel dettaglio acustico e lo si nota sin dai primi attimi con ben pochi momenti sottotono. Infine, da segnalare la totale assenza della lingua italiana, un ostacolo non da poco considerando che le storie più belle, quelle racchiuse nei vari e numerosi documenti, richiedono un livello di inglese almeno di base.