“È assolutamente necessario, per la pace e la salvezza dell’umanità, che quegli angoli oscuri e morti della terra e quelle profondità inesplorate vengano lasciati tranquilli.” Così H.P. Lovecraft scriveva nel suo romanzo “Le Montagne della Follia” riferendosi ai freddi ghiacciai dell’Antartide. Un monito per tutti coloro che, affamati dalla conoscenza e dal potere che ne consegue, si avventureranno in posti remoti e dimenticati, senza avere la coscienza che tali posti sono inospitali per un motivo. Snowsquall Grip ci catapulta proprio in uno di questi luoghi: freddo, inaccessibile e con qualcosa che doveva essere lasciato in pace.
Snowsquall Grip, l’orrore del freddo
Snowsquall Grip inizia a bordo di un elicottero. Dal portellone aperto possiamo vedere l’area designata come laboratorio dall’ennesima corporazione, immersa nei ghiacci più inospitali. La nostra missione sarebbe semplice, consegnare dieci batterie alla torre di comando, un compito come tanti altri, ma il destino ha in serbo altro per noi: l’elicottero, senza alcun preavviso, incomincia a precipitare e poi buio.
Ci risvegliamo accanto alla carcassa del velivolo in fiamme, la nostra vista riesce a penetrare per pochi metri all’interno della bufera che ci circonda, ma abbiamo una missione da portare a termine, perciò ci avviciniamo all’elicottero e ci riscaldiamo con i suoi resti in fiamme: “sembra che la vita sia tornata nel tuo corpo“, è il messaggio che compare una volta che interagiamo con una fiamma, i nostri punti di salvataggio, in tutti i sensi. Vicino a noi troviamo una batteria, ne restano altre nove da trovare.
Snowsquall Grip è un’avventura horror dalla breve durata – anche troppo breve – nella quale dovremo risolvere una serie di enigmi per riuscire a scappare da una base segreta immersa nei ghiacci. Il titolo si presenta con una visuale in prima persona e una grafica in stile PlayStation 1, caratteristica che farà tutta la differenza del mondo in termini di immersione.
L’elemento chiave sul quale gira l’intera avventura è proprio il freddo e il gioco riesce perfettamente a trasmettere la sensazione di star gelando: dopo pochi minuti passati lontani da una fonte di calore, il nostro protagonista incomincerà a congelarsi, con tanto di effetto visivo sulla telecamera di gioco, e inizierà a vedere cose che nessun umano dovrebbe vedere. Dovremo tornare in uno dei punti di salvataggio per tornare alla normalità, in caso contrario…meglio non fare spoiler.
Enigmi troppo semplici?
Gli enigmi in Snowsquall Grip non brillano né di originalità, né di una particolare difficoltà. La maggior parte delle volte consisteranno nel portare un determinato oggetto nel posto opportuno, svelando la posizione di una delle batterie. L’unica difficoltà che ci porteremo per tutto il corso dell’avventura sarà data dall’aria glaciale che ci accompagnerà in ogni angolo della piccola mappa di gioco. Infatti, il titolo è ambientato in una singola mappa “aperta”, non dovremo seguire un particolare ordine per risolvere gli enigmi ma piuttosto starà a noi decidere quale fare prima e quale fare dopo.
Introduzione a parte, non avremo alcun spunto di narrazione se non da alcuni documenti che troveremo sparsi per la mappa, che ci forniranno dettagli in più e, molto spesso, ci daranno consigli su come proseguire nel corso dell’avventura. In più, sparsi un po’ nell’area di gioco, potremo trovare vari segreti ai fini degli achievement, facilmente sbloccabili nel corso di una singola partita.
Il gioco dura all’incirca un’ora ma riesce comunque a creare un senso di immedesimazione notevole, trasportando il giocatore nel mezzo dei ghiacciai, anche grazie al comparto grafico retrò e a un’ottima colonna sonora.
L’estetica che ci piace
Come accennato poco fa, Snowsquall Grip ha una visuale in prima persona con grafica low poly, ispirata ai classici PlayStation 1. Questa particolare estetica, molto di moda in questi anni, riesce a aumentare il senso di mistero e contribuisce in modo eccellente all’immersività generale, andando a giocare sul fattore “nostalgia” che insieme alla colonna sonora gioca un fattore cruciale per la buona riuscita del prodotto.
Infatti, anche la colonna musicale, composta utilizzando principalmente synth, va a ripescare dall‘immaginario horror anni ’80, soprattutto dal cult “La Cosa” di John Carpenter, opera cinematografica palesemente usata come ispirazione da VidyGames, lo sviluppatore del gioco. Tutti questi elementi riescono a salvare un titolo che fa dell’ambientazione il suo unico punto forte e che trasformano un’ora di gioco in un’esperienza che potrebbe stuzzicare i fan del genere.