Sviluppato e pubblicato da Chimera Entertainment in sinergia con H2 Interactive, Song of Silence è uno strategico a turni con elementi gestionali con tanto di carte da giocare. Il tutto con uno stile grafico fortemente identitario e visivamente fantastico. Noi abbiamo affrontato l’estenuante avanzata del Silenzio su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a una nuova epopea in chiave fantasy?
Song of Silence di un Inno e del Silenzio vorace
In principio c’erano gli dei che distrussero il mondo spaccandolo a metà, tra traditori, dolore e falsi vincitori. Nacquero così due mondi, frutto di uno: un mondo di luce e uno di oscurità. A quel disastroso conflitto, seguì un tempo di pace apparente durante la quale nacquero dei “purgatori”, cellule silenti di un male oscuro e viscerale che divorava le radici di ogni cosa.
Contemporaneamente, gli equilibri vennero minati dalla brama di potere e dal cieco egoismo che portò a numerosi gruppi capeggiati da altrettanto numerosi e sciocchi re. Ognuno che cercava di imporre se stesso sugli altri, devastando la terra comune a tutti. Questa è stata denominata l’Era dei Mille Re. E come è prevedibile, dalla sciocca cecità dei viventi si somma l’oscurità dilaniante che divora la voce e il suono: il Silenzio.
Questo è solo il preambolo di un mondo pulsante, vivo e tremendamente stiloso che gli sviluppatori hanno imposto su schermo. Una trama che, nell’ossatura, non sorprende e che anzi si sposa con la classica epopea fantasy composta da eroi solitari, regine in cerca di una casa per il proprio popolo, visionari fuori di testa, approfittatori di ogni genere e creature decisamente fantastiche. Un mix che trova una coesione affascinante e coinvolgente seppur non sempre chiara e cristallina.
D’altronde, ci ritroviamo immersi in un mondo i cui segreti vengono sviscerati lentamente e mai completamente, di capitolo in capitolo, di eroe in eroe, di popolo in popolo. Un mondo pulsante e ferito, morente, dove la luce è energia vitale ed elemento cruciale in grado di ribaltare un conflitto ma non di ridare la voce a ciò che il Silenzio domina. E se c’è una cosa di cui il titolo non è parsimonioso, è proprio l’abbondanza di lore descrittiva che potrai recuperare per ore e ore di lettura (tra carte e vademecum di vario genere).
Per quanto riguarda la campagna principale, ammettiamo di essere rimasti affascinati non tanto dall’intreccio in sé ma dal mondo di gioco, dai suoi abitanti, dalle sue regole e dalla sua struttura intrinseca, dalla lore molto ramificata e variegata. Il bestiario, tanto per dirne uno, brilla di una caratterizzazione molto intrigante potenziata a sua volta dal Silenzio, un qualcosa che può apparire scontato nelle prime battute ma che cela più di una sorpresa e che, pad alla mano, saprà farci saltare non poco i nervi.
Un ibrido ludico solo in apparenza complesso
Song of Silence è uno strategico a turni in 3D tempo reale ibridato con un sistema gestionale di truppe e città/avamposti e potenziato a sua volta con elementi di deck building. Tradotto in termini pratici, per ogni turno potremo muoverci sulla mappa di gioco (muovendo singolarmente ogni nostro team identificati dal singolo eroe di gruppo) rispettando i limiti di movimento per poi decidere il da farsi.
Potremo, ad esempio, ingaggiare battaglia, o prendere d’assedio un avamposto/città nemico, nasconderci tra il fitto del bosco (limitando quindi i nostri movimenti e piazzandoci in aree ben precise per evitare assalti a sorpresa), riposarsi in una nostra città/avamposto, migliorare e/o personalizzare i vari team e fornire upgrade ai nostri terreni. Come puoi vedere, le opzioni (di cui abbiamo citato solo alcune) a nostra disposizione sono molte e infatti, il primo impatto con Song of Silence può essere discretamente dispersivo.
C’è molto da comandare, gestire e tenere d’occhio onde evitare di soccombere in malo modo in un titolo che, nonostante la personalizzazione dei livelli di difficoltà, può diventare facilmente frustrante, soprattutto per chi è novizio del genere. Prima di tutto, ogni azione gestionale viene eseguita con le carte, queste sono affidate di default e sono legate all’eroe del rispettivo team. Tale eroe, è il personaggio principale, ossia coloro che portano avanti i dialoghi e le redini del racconto.
Ogni eroe ha bonus e malus oltre ad abilità (ossia le carte) ben specifiche. Queste possono essere di vario tipo e legate alla strategia, al combattimento diretto sul campo (come far piovere proiettili magici dal cielo sul nemico o curare i nostri guerrieri) o alla gestione delle risorse. In questo ultimo caso, l’utilizzo di tale carta comporta una spesa in monete e/o materiali. Queste risorse si ottengono a ogni turno dai nostri avamposti e dal loro stato.
Facciamo tale specifica perché possiamo investire risorse anche nel potenziare le difese e le strutture delle nostre aree da gioco, producendo così più materiali e garantendoci ulteriori possibilità e sbocchi strategici. Come? Liberando carte reclutamento che, a conti fatti, consistono nello spendere monete per ottenere e reclutare una determinata tipologia di guerrieri da poter posizionare nel nostro team.
Ogni team, oltre all’eroe, può infatti contenere un dato numero di truppe (arcieri, guerrieri, soldati a cavallo di tori corazzati, ecc.) che possiamo personalmente posizionare su una scacchiera. Tale posizionamento è di vitale importanza e va modificato più volta in previsione dei nemici da affrontare per sfruttare al meglio le potenzialità di ogni elemento in nostro possesso (banalmente, gli arcieri raramente dovrai posizionarli in prima linea, e così via). Oltre ai guerrieri (decisamente particolari) reclutabili, ci sono anche quelli evocabili, alcuni dei quali richiedono come spesa della luce (altro valore che si ricarica a ogni turno).
Queste sono solo alcune delle variabili che mette in gioco Song of Silence che ha dalla sua un vasto arsenale di possibilità che garantiscono una messa in scena strategica di tutto rispetto e anche discretamente galvanizzante quando tutto va come dovrebbe andare. E a tal proposito, gli scontri tra team avviene in tempo reale e autonomamente. Non avremo il controllo diretto sul campo se non nell’utilizzo di carte supporto come quelle precedentemente citate.
Come detto, tra l’altro, Song of Silence non è semplice da padroneggiare e può capitare facilmente, soprattutto in determinati capitoli del gioco, di ritrovarci privi di risorse e con poche possibilità a disposizione (costretti quindi o a ricominciare o a caricare vecchi save). Elemento che porta facilmente alla sconfitta, costringendoci a moderare l’esplorazione magari procedendo nascosti (stando ben attenti anche alle imboscate). Costrizioni che non tutti apprezzeranno ma che regalano in compenso una buona varietà ludica.
Abbiamo parlato di esplorazione perché in ogni capitolo di gioco c’è almeno una sottoquest o un elemento da svelare che vanno però svelati, chiedendoci quindi di spendere turni per spingerci oltre le linee guide della narrazione principale. Un modo interessante per ampliare le sfide, sbloccare bonus e scoprire nuovi misteri (oltre che per ottenere trofei). E se la discretamente corposa campagna single player non dovesse bastarti, Song of Silence offre anche sfide cooperative e competitive multigiocatore con tanto di una buona personalizzazione di regole e terreni di gioco.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Song of Silence è un gioiello, una meraviglia per gli occhi. Ha stile da vendere e la resa visiva è coinvolgente e d’impatto. Funziona tutto discretamente bene, dagli artwork alla palette cromatica delle aree di gioco che, seppur non brillano per dettagli, offrono un colpo d’occhio coeso e affascinante. Ammettiamo di esserci persi ad ammirare la complessità di alcune opere grafiche che richiamano veri e propri dipinti, perdonando così le schermate di caricamento un po’ lunghe.
Il sonoro è di ottima fattura, riuscendo ad accompagnare l’esperienza senza risultare noiosa o ridondante ma anzi, settandosi bene a seconda dei momenti. Graditissima, infine, la presenza inaspettata dei sottotitoli in lingua italiana che, considerando la complessità generale del titolo e la mole di testo a sua disposizione, non può che farci bene.