Il 2024 è stato un grande anno per gli auto battler: abbiamo avuto Unicorn Overlord, the Bazaar, Toy Tactics e molto altro. Di per sé è un genere considerato un po’ da tutti come “secondario” e semplicistico nella propria formula, ma molti titoli, come quelli appena sopracitati, lo hanno innalzato attraverso ibridazioni originali, rendendo questo genere uno dei miei preferiti. Ed ecco che arriva Valefor, un “RPG” auto battler con elementi rogue-lite che non si capisce bene dove voglia parare. Al netto di un comparto artistico creato quasi esclusivamente con l’utilizzo delle IA generative, il titolo di Valefor Ltd commette alcuni grossolani errori anche nel proprio design di gioco, parliamone più a fondo nella recensione!
Una terra magica
Il mondo di Artharaka è una terra dilaniata dai conflitti, dove la fede e la magia che essa concede sono diventate strumenti di potere. Le leggende narrano di un’epoca in cui tutti i popoli erano uniti, ma una serie di guerre interminabili ha plasmato il mondo fino a renderlo quello che è oggi.
Gli Umani, guidati dal Padre-Imperatore, dominano il continente, convinti della loro missione divina. Gli Elfi, ritirati nelle foreste remote, hanno preservato i loro antichi ideali democratici e disprezzano i loro vecchi alleati, vedendoli come servi di una tirannia che schiavizza ogni altro popolo. Gli Orchi, nati e morti in catene, pregano per la libertà e si preparano alla ribellione, traendo forza dalle benedizioni del loro oscuro dio.
Questa è la Lore di Valefor, un insieme di cliché dark fantasy che servono solo come pretesto per scegliere la fazione iniziale; qualsiasi altra nozione ci verrà fornita attraverso alcune pietre magiche che troveremo sparse nei livelli, sotto forma di canzoni create con l’IA che molto spesso si ripeteranno e non forniranno alcuna idea sulla cronologia degli eventi proposti dal gioco. Nulla di quello che ci viene mostrato nell’incipit, ossia la lore generale del titolo, avrà il minimo peso durante la campagna, finendo per rilegare tutto il comparto narrativo come mera cornice.
Valefor, un rogue like dove non puoi sbagliare
Quando dico che non puoi sbagliare non intendo che ogni errore ti costerà caro, ma semmai l’esatto opposto: in Valefor fallire una missione non comporta a nulla, se non a doverla rifare da capo. Tutto quello che succederà è che torneremo alla nostra hub principale, dove potremo utilizzare le risorse acquisite durante l’esplorazione dei dungeon, per poi riprovare il livello una volta che ci saremo potenziati a dovere.
La nostra base consisterà in una larga area nella quale potremo costruire vari edifici che andranno a potenziare la nostra squadra o determinate unità. L’intero sistema di potenziamenti di Valefor si basa su uno dei concept più strani che abbia mai trovato in un videogioco: ogni qual volta creeremo tre copie dello stesso edificio, le copie si uniranno per crearne uno di “rarità” maggiore. Dopo aver ripetuto il processo per tre volte, ci troveremo tra le mani la versione più potente dell’edificio. La stessa cosa vale per i personaggi, ma qua la cosa sarà ancora più strana.
All’interno di un’area specifica potremo comprare vari oggetti, come semi, spille, pezzi di ghiaccio eccetera eccetera. Se ad esempio riuscissimo a comprare tre semi, questi si uniranno per formare una torta alle mele. Una volta create tre torte alle mele, ai miei ranghi si unirà un orco armato di ascia. Ma la cosa non finisce qua, perché se riuscissimo a creare tre orchi armati di ascia, allora avrei un orco armato di ascia potenziato!
Senza considerare il no-sense alla base del reclutamento delle unità, questo sistema è fallace nel proprio design: non offre né un elemento tattico nella scelta degli oggetti da acquistare, né limita il giocatore nella tipologia di unità che andremo a creare e non c’è nessun elemento di progressione che dia una qualsiasi forma di appagamento.
Auto battler tattico?
Una volta formato il nostro party, composto da tot unità in base al livello dell’edificio “di Comando”, potremo esplorare i vari dungeon offerti da Valefor. Questa fase esplorativa, in cui potremo muovere anche singolarmente i nostri membri della squadra è completamente fine a sé stessa, visto che tutto quello che potremo fare alla fine dei conti sarà cliccare su una porta, combattere e poi cliccare sulla porta successiva. I combattimenti consistono nel piazzare all’interno di una griglia i nostri personaggi e poi cliccare “avvio”.
Essendo Valefor un auto battler, tutto quello che succederà dopo sarà ovviamente automatico, ma il posizionamento iniziale si rivelerà presto inutile, visto i personaggi si muoveranno e attaccheranno senza una vera logica di fondo, andando a distruggere anche quel minimo elemento tattico che ci era stato offerto. Alla fine di uno scontro, che sia stato vittorioso o meno, verremo ricompensati con uno scrigno contenente vari potenziamenti per i nostri personaggi: anche per questi item la regola delle tre copie tornerà in tutto il suo splendore, creando oggetti sempre più rari che andranno equipaggiati alle nostre unità.
Anche in questo caso, l’unico elemento di complessità viene meno a causa della possibilità di rimuovere gli oggetti equipaggiati anche nel caso li avessimo combinati con altri pezzi. In questo modo potremo equipaggiare sin da subito i nostri eroi con tutto quello che troveremo, tanto potremo rimuovere e rimodulare il tutto ogni volta che vorremo, senza alcun costo.
Grafica e sonoro
Come anticipato all’inizio, il comparto sonoro e grafico di Valefor è stato in gran parte creato con l’utilizzo di IA generative, cosa che in sé non dovrebbe essere penalizzante, ma è il risultato generale che fa storcere il naso. Nonostante ci sia una coerenza estetica nel design dei personaggi, alcuni di questi sembrano completamente fuori contesto e molti altri elementi soffrono di artefatti visivi piuttosto evidenti.
Anche il comparto sonoro è un misto tra elementi stock e tracce create con intelligenza artificiale, ovviamente il risultato non è assolutamente all’altezza degli altri titoli del genere e sinceramente non comprendo come il team di Valefor abbia pensato che si trattasse di una buona idea