Pubblicato e sviluppato da Valorware, 9th Dawn Remake è un action RPG con visuale isometrica dotato però di un’inedita opzione da gioco in prima visuale e infarcito da minigiochi tanto sviluppati dal trasformare radicalmente l’esperienza stessa del titolo. Insomma, abbiamo tra le mani un’opera tanto nostalgica quanto moderna in alcune meccaniche che ritorna per far la gioia di appassionati e neofiti. Noi abbiamo vissuto una gloriosa avventura su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione.
9th Dawn Remake un open world nostalgico
9th Dawn Remake, come da titolo, è il remake ufficiale dell’originario 9th Dawn, titolo realizzato nel 2012 dalla stessa Valorwave. Bisogna però fare alcuni accorgimenti in merito a quest’operazione. Non si tratta di un semplice remake ma, anzi, considerando la mole d’interventi che andremo ad analizzare a breve, il titolo è paragonabile, con le dovute e innegabili differenza, a quanto effettuato da Square Enix con Final Fantasy VII.
Questo paragone lo facciamo perché anche in 9th Dawn Remake è stata messo mano tanto all’aspetto grafico quanto alla storia. Ma non solo, all’interno del titolo sono stati inseriti diversi mini giochi tra cui ne spiccano due che per struttura, gameplay e “durata rispettiva” sono paragonabili quasi a giochi a parte. Esattamente come alcuni degli innumerevoli minigiochi aggiunti nel secondo capitolo del remake di Final Fantasy VII.

Abbiamo quindi davanti un titolo che possiamo considerare quasi inedito ma che, nonostante le innumerevoli modifiche, permane fedele all’originale risultando pur sempre il primo capitolo di una serie ancora oggi forte di una nicchia da non sottovalutare. Ma cosa racconta 9th Dawn Remake? La storia del titolo funge da giustificazione per spingerci a esplorare un vasto open world da esplorare a piacimento e stracolmo di piccole storie che a loro volta danno vita a un mosaico sfaccettato e tutto da svelare e unire.
Sì, la narrazione non brilla per originalità e l’intreccio in sé non è estremamente complesso o sorprendente, ma quanto andremo a vivere è una sorta di avventura personale che rispetta i dettami classici delle vecchie avventure con dungeon di un tempo. Insomma, amanti di D&D, siete invitati a dar più di un’occhiata, 9th Dawn Remake non vi deluderà. Comunque, l’inizio della nostra storia parte dalla scomparsa del guardiano del faro e da lì ci ritroveremo a vagabondare nelle immense lande di Montelorne scoprendo, tra l’altro, oltre 40 dungeon tra cui molti inediti.

Mille cose da fare
9th Dawn Remake è un ARPG con visuale isometrica ma, come aggiunta di rilievo, potrai passare anche a una visuale in prima persona che porta a tutt’altro tipo di esperienza agevolando non poco alcuni punti esplorativi ma indebolendone altri. L’ideale è quindi passare più volta da una all’altra in modo da poter godere, in base all’occasione, dei rispettivi vantaggi visivi e anche ludici. Per quanto riguarda l’attività principale ed essenziale del gioco, è quella classica ossia: combattere.
Il combattimento è tanto nostalgico quanto fedele all’originale, con tutti i suoi pro e contro, ma impreziosito da sprite e animazioni aggiuntive che provano a rendere il tutto più “moderno”. Il risultato finale è sì gradevole ma diventa presto abbastanza semplice e standard se non fosse per i numerosi valori da tenere d’occhio. Lo diciamo subito, l’interfaccia di 9th Dawn Remake non è delle più intuitive ed è palese che è stata progettata essenzialmente per il computer ma si difende abbastanza bene anche su console, salvo per i menù rapidi con cui bisogna far un po’ di pratica extra.

Tener d’occhio le statistiche, che non riguardano solo il combattimento ma anche altre attività da quelle di farming a quelle più “sociali”, va di pari passo con la cura del proprio equipaggiamento. Quindi sì, combattere è tanto questione di abilità, che per alcuni potrebbe sembrare quasi del semplice button smashing, quanto e soprattutto di statistiche. Che non è un male considerando l’età del titolo e l’utenza a cui va a rivolgersi, ben consapevole della propria nicchia e delle proprie radici che non rinnega praticamente mai.
Ma anzi, il passato viene rispettato e potenziato con ammirevole coerenza, ampliando e fortificando i dungeon, trasformandoli con uno stile visivo in 2.5D che rende il tutto più gradevole e leggermente meno anonimo. Lo stesso, purtroppo, non possiamo dirlo per i nemici che rimangono quasi indefiniti sullo schermo oltre che fortemente anonimi e poco accattivanti da affrontare. Discorso diverso per i nostri di “mostri”, creature che potremo allevare con tanto di sistema di uova integrato. Senza contare che ogni creatura ha un suo “carattere” che andrà a influenzarne il ruolo e le caratteristiche.
Allevare creature è appagante tanto quanto il sistema di crafting essenziale praticamente per tutto, dalle armi all’equip, passando dal soddisfare le innumerevoli missioni secondarie che infarciscono un’opera che può potenzialmente durare per decine e decine di ore, smarrendosi in situazioni quasi sempre diverse. Uno smarrimento gradevole e che viene ulteriormente potenziato dall’aggiunta di minigiochi che sono veri e propri giochi in più. Da segnalare che l’intera esperienza può essere vissuta insieme a un amico grazie alla modalità cooperativa sia online che locale, seppur con qualche limitazione in termini ludici.

Minigiochi o giochi extra?
Il primo, e solo apparentemente semplice, è denominato Fishing Survivors e sostituisce il sistema di pesca classico e tipico di altri titoli. Qui impersoneremo la nostra esca, un verme, e ci ritroveremo a vivere livelli in stile bullet hell survivor dove dovremo eliminare quanti più pesci possibili senza crepare. Il risultato della mattanza verrà poi tradotto in ricompense della pesca. Inutile dire che, più si progredisce, più il titolo aggiunge piccoli elementi che provano a rendere il tutto meno monotono e prevedibile.
Ancor più sviluppato è invece Deck Rock, un gioco di carte che trae palese ispirazione da Slay the Spire e che presenta una grafica stile Paper Mario estremamente accattivante e “fresca” che fa quasi svalutare la grafica, più grezza e minimal dell’esperienza principale. Il gioco di carte non è altro che una sequela di sfide di carte sparpagliate in dungeon ramificati da punti con spot e bonus di vario genere. Le regole sono praticamente quelle di Slay the Spire con deck personalizzati per ogni nostro eroe e carte da selezionare man mano che si progredisce nell’avventura.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, è notevole l’upgrade effettuato da 9th Dawn Remake e l’impegno nel mutare se stesso restando però coerente al materiale originale. Il 2.5D funziona ma non tutto ritorna con potenza. I nemici, soprattutto, risultano ancora sciapi e anonimi (risultano decisamente più accattivanti quelli del gioco di carte) così come il nostro stesso eroe che, nonostante un mini editor, è un semplice “stick” che si muove in modo buffo ammazzando tutto ciò che trova. Bisogna però evidenziare anche il cambio grafico e positivo dettato da Deck Rock che sembra letteralmente un altro gioco.
Il sonoro è di buona fattura, coerente con le atmosfere promosse e mai eccessivamente ridondante. Da segnalare, invece, l’assenza della lingua italiana (non sono inclusi neanche i sottotitoli). Una mancanza che potrebbe allontanare più di un utente considerando comunque una discreta mole di testo. Infine, le criticità segnalate dell’interfaccia del gioco si amplificano leggermente in modalità portatile dell’ibrida Nintendo in cui abbiamo anche notato qualche sporadico rallentamento in più.