Un argomento molto sentito, tanto per cominciare
Uno degli argomenti più caldi trattati nel corso di questa edizione del Comicon è stato quello riguardante il futuro incerto dei giochi single player. Non è un mistero, infatti, che negli ultimi anni le software house abbiano cambiato decisamente tiro, puntando maggiormente, per non dire esclusivamente, su titoli improntati parzialmente o completamente sulla componente multiplayer. I giochi in singolo sono paurosamente in calando, e quei pochi rimasti sono “vittima” di uno sviluppo pensato comunque per attivare la cooperativa online, che di fatto rende l’esperienza di gioco ugualmente multigiocatore. Basti pensare a Destiny (e poi Destiny 2), For Honor e Monster Hunter World, tutti giochi usciti negli ultimi 5-6 anni, che vantano una trama ed una campagna in singolo. Tale campagna, però, risulta alla fine praticamente inutile, del tutto accessoria, e comunque (nel caso di Destiny) completabile preferibilmente con qualche amico online.
A questi titoli si aggiunge anche il recente Far Cry 5, ultimo titolo dello storico brand Ubisoft, che ha introdotto con questo capitolo la possibilità di giocare l’intera campagna single player in compagnia di un amico online. Inutile girarci intorno: il mondo dei giochi single player è in forte caduta e difficilmente gli sviluppatori, almeno nel prossimo futuro, cambieranno la rotta intrapresa. Tale scelta, però, non è imputabile alle sole software house: i tempi sono cambiati e nell’era degli eSports, dei social e della condivisione ossessivo-compulsiva di massa, anche i videogiochi hanno cambiato la loro valenza. I giochi multigiocatore hanno preso il largo, espandendosi man mano, fino a diventare oggi un prodotto ricercatissimo e che, nonostante alcuni esempi di tioli (vedi la saga CoD o Battleflield) che offrono una spaventosa reiterazione di idee, assetts e contenuti, vendono ancora tantissimo, rendendo così più che semplice il lavoro delle suddette compagnie videoludiche.
L’argomento è stato affrontato dal curatore della fiera Antonio Fucito, insieme a Matteo Santicchia, uno dei padri pondatori del nuovo progetto del buon Fucito (Gameplay Cafè) e firma storica di Multiplayer.it. I due famosi giornalisti hanno fatto alcuni esempi di giochi single player famosi che, di fatto, hanno difeso con le unghie e con i denti il genere negli ultimi anni. Basti pensare a giochi come The Last of Us, la saga Uncharted, The Witcher 3: Wild Hunt, Rise of The Tomb Raider, Kingdom Come: Deliverance o il più recente God of War, tutti giochi che hanno saputo e sanno regalare emozioni uniche a tutti i videogiocatori. L’esempio di questi giochi, però, ha messo in luce una doppia realtà dei fatti: questi “gioconi” single player ci saranno sempre e saranno sempre amatissimi e vendutissimi, ma la stessa cosa non si può dire dei giochi minori. Uno sviluppatore medio, infatti, non potendo contare su un brand di successo e ben avviato come quelli sopracitati, sarà restio a produrre un gioco in single player sapendo di poter, facilmente, fallire. Se il mercato vuole i multigiocatore, uno sviluppatore con un piccolo budget andrà per forza a produrre tale tipo di gioco, anche per un discorso meramente economico.
La morale dei fatti è dunque questa: i giochi in single player continueranno ad esistere, ma saranno sempre di meno le nuove IP e saranno praticamente sempre gli stessi storici a brand a tirare avanti le sorti del genere. Unica speranza è riposta negli indie, che però hanno iniziato anche loro ad uscire un po’ troppo spesso e con strutture, idee e meccaniche un po’ troppo simili tra loro. C’è poi un altro aspetto: i giochi single player hanno anche cambiato pesantemente target e questo si evince da alcuni fattori, come la quasi totale scomparsa degli action e la sempre minore presenza di JRPG di alto livello sul mercato. Basti pensare a God of War, uno dei giochi action più belli di sempre, che alla fine si è piegato alle leggi del mercato finendo col diventare un action-rpg con elementi ruolistici (per carità, di altissimo livello) fin troppo marcati.
Il nostro pensiero è che il gioco in single player è stato, è e sempre sarà, il fiore all’occhiello del mondo videoludico. Nonostante non disdegnamo i giochi multiplayer (chi vi scrive è un grandissimo appassionato di Overwatch, For Honor, The Division, Splatoon e tanti altri), le emozioni ed il livello di immersività generati da una bella storia come quella di NieR:Automata o di Wolfenstein II sono impagabili, e non c’è CoD o Battlefield che tenga. Al mercato videoludico serve comunque una grossa scossa: l’era delle remstered e della preoccupante carenza di idee dovrà pur finire e noi aspettiamo questo momento a braccia aperte.