Le grandi case videoludiche come Atari fanno parte dell’immaginario collettivo. Queste software (e anche hardware in questo caso) house hanno fatto la storia del medium e plasmato in un certo modo la fantasia di generazioni, ci hanno cresciuto e sono parte del nostro vissuto ormai. So che ti starai chiedendo se é normale parlare in questo modo di semplici aziende, ma qui ci riferiamo a prodotti e sviluppatori ai massimi livelli, il cui contenuto artistico viene spesso sottovalutato.
Non per insistere, ma molte volte ci troviamo di fronte ad una sorta di snobismo nei confronti del medium videoludico, quasi fosse ancora relegato a un mondo primitivo, quando veniva considerato solo uno svago per i più piccoli. Non c’è bisogno di ricordare quanto ora la situazione sia differente e quanto l’attenzione dei media ormai si sia rivolta sempre più al “nostro” mondo.
In effetti il videogioco sta forse subendo una mutazione profonda, e sta lentamente uscendo da quel ghetto a cui era relegato. Basta pensare a quanti artisti ormai collaborano e recitano all’interno dei nostri titoli preferiti, quanto poi le produzioni stiano diventando sempre più simili a quelle dei “cugini ricchi”, ovverosia film e serie TV. Molte volte il budget assegnato a un titolo non si discosta poi di molto da quello per un film, pensiamo solo a grandi produzioni come quella di Death Stranding o similari.
Con questi occhi ci approcciamo alla storia di Atari, considerando che si tratta di grandi caseproduttrici, alla pari delle più celebri “rivali” hollywoodiane. Una di quelle aziende che hanno lasciato un segno importante nella cultura pop e non solo, al pari di grandi film o altri medium. Considerando quanto siano in effetti grandi queste case di sviluppo, rivolgiamoci ad Atari, cercando di capire come una realtà così importante, che produceva hardware oltre che software, si sia oggi così ridimensionata.
Gli anni settanta e i primi ottanta di Atari: 2600 e 5200!
Nel periodo compreso fra i tardi anni settanta e i primi ottanta il nostro medium preferito viveva una vera e propria epoca d’oro. Il mercato era dominato da Atari e chi voleva sviluppare o anche solo vendere un gioco doveva rivolgersi alla casa californiana. Il loro VCS (meglio conosciuto come Atari 2600) vendeva molto ed era in molte case americane, il videogioco stava entrando nella vita di tutti, non era più un passatempo per una nicchia ristretta di appassionati, nasceva di fatto un nuovo fenomeno di costume.
Le prime pubblicità in televisione (che puoi vedere qui sotto!) iniziavano a bombardare i consumatori, proponendogli console e videogiochi da acquistare per la prima volta, nasceva in un certo senso l’industria odierna.
In quegli anni d’oro il dominio Atari sembrava non avere fine, le vendite continuavano a salire e il mercato non era mai saturo di videogiochi, i consumatori sembravano aver scoperto un nuovo medium da consumare, come la musica o i film. Qualcosa poi andò storto, ma andiamo con ordine, cercando prima di delineare una breve storia della leggendaria casa.
La casa californiana nasce nel 1972, dai due fondatori Nolan Bushnell e Ted Dabney, due pionieri assoluti della storia del videogioco, autori di innumerevoli successi e ormai ascesi alla categoria di “padri” di tutta l’industria.
Nel 1976 Bushnell, grazie all’acquisizione di una società specializzata, Cyan engineering iniziò lo sviluppo del primo mitico VCS. La console, meglio conosciuta come Atari 2600 (rinominata così solo dopo l’uscita del 5200) era un piccolo miracolo tecnologico, una delle prime console in grado di leggere più giochi registrati su supporto, in questo caso una “cassetta” (che spesso integrava ram aggiuntiva per l’esecuzione del gioco stesso!). a questo successo commerciale seguirono diverse versione come l’edizione nera (soprannominata Darth Vader) e più tardi, una revisione in formato più piccolo, il 2600 Junior.
Per avere la necessaria “potenza di fuoco” per invadere il mercato, Bushnell cercava altri investitori e li trovò nella Warner Communications, la società “costola” della gigantesca AT&T che si occupava di hardware elettronico. Questa alleanza diede i suoi frutti e la 2600 fu un successo.
Poco più tardi però iniziarono i guai e le incomprensioni che portarono al licenziamento di Bushnell nel 1978. Ma un altro personaggio leggendario si profila a all’orizzonte per Atari: Raymond Kassar. Questi era un manager di successo e portò grandi profitti all’azienda, cercando di piazzare una console nella casa di ciascun americano. Nei primi anni 80 però le interferenze da parte della Warner si fecero sempre più pressanti, portando il management interno a un punto critico.
Nel 1982 Atari rilasciò il 5200, una versione più potente del 2600 e presentata sul mercato come l’evoluzione del videogioco. La console però ebbe vita breve e fu ritirata dal mercato dopo solo due anni…si addensavano nubi nere sul futuro della casa.
Fu la grande crisi del mercato videoludico dell’83 a chiudere un’era in Atari. Questa crisi colpì gravemente la Warner, che decise di vendere in blocco Atari a Mitsubishi, nel 1984. Fra le conseguenze della grande crisi ricordiamo un episodio divertente: fu proprio grazie alle difficoltà in cui versava Atari che Nintendo decise di rimanere indipendente, aspettando qualche anno per lanciare la sua console proprietaria, il leggendario NES.
I tardi anni ottanta e i novanta per Atari: 7800, Lynx e Jaguar!
Nel periodo fra i tardi anni 80 e i primi novanta Atari si rivolse con forza verso il mercato degli home computer, rilasciandone diversi (Atari St ed XE solo per citarne alcuni). Le console furono in un certo senso messe in secondo piano, e con i concorrenti ormai sul piede di guerra (Nintendo aveva rilasciato il suo NES nel 1985), Atari era costretta sulla difensiva dopo il fallimento del 5200.
Nel 1986 rilasciò l’Atari 7800, una console ben più moderna ma con ancora dei difetti anacronistici come l’uso della sola uscita antenna per visualizzare i videogiochi a schermo. In questi anni il divario fra Atari e gli altri attori della scena videoludica si fa via via sempre più grande, e nonostante alcune incursioni di successo, la casa californiana faticava a rimanere a galla.
Per quanto riguarda le console portatili, vera frontiera in quegli anni, Atari rilasciò il Lynx nel 1989, una console interessante come concept ma ancora una volta non abbastanza per l’esigente mercato.
E’ necessario dare atto ad Atari di aver rilasciato la prima console a colori del mondo ma basta un semplice dato per capire quanto ormai il ritardo con i competitor si era accumulato. Per Atari Lynx uscirono solo 75 giochi, un numero molto limitato rispetto al più datato tecnologicamente GameBoy. Come al solito, il successo delle console lo fanno i titoli, e per la “battaglia” Game Boy-Lynx furono questi a condannare la console Atari.
Nel 1993 possiamo poi ricordare il famoso Atari Jaguar, l’ultima console di Atari come produttore hardware, anche questa condannata ad una caduta nel dimenticatoio a causa del grande ritardo accumulato con gli altri competitor.
In seguito i diritti di Atari vennero venduti a diversi partner, prima ad Hasbro e poi in seguito a Infogrames, che ne detiene tuttora il controllo. Da segnalare che nel 2010 Nolan Bushnell, il leggendario fondatore, rientrò nel CDA di Atari, venne in un certo senso ricompensato degli anni passati.
Negli ultimi anni poi ha fatto scalpore l’uscita su diverse piattaforme di crowdfounding di una nuova console con il marchio Atari, chiamata Atari VCS. Si sa ancora poco su i titoli che supporterà e sulla piattaforma hardware, ma rimane un progetto da seguire con attenzione, sperando di non trovarsi davanti ad una realizzazione raffazzonata.
La storia di Atari va guardata con rispetto e in un certo senso dimostra quanto a volte l’industria sia severa con le aziende che vi si affacciano. Da una posizione di assoluto vantaggio, Atari riuscì in un certo senso a ridimensionare in pochi anni.
Sicuramente la grande crisi del videogioco ha contribuito a questa forte riduzione del suo ruolo, ma anche gli errori di management hanno una buona dose di colpa. Atari è il progenitore di tutte le grandi case e ha in un certo senso aperto la strada all’intrattenimento videoludico e di fatto, senza Atari non avremmo questa industria che ci appassiona e alle volte ci fa disperare.
Senza Atari non avremmo avuto Activision, la grande casa di sviluppo che conosciamo oggi è nata da una costola della casa californiana.
Senza la crisi di Atari forse non avremmo avuto il NES, Nintendo sarebbe rimasta “solo” una software house, senza avventurarsi nell’hardware.
Tutto sommato sulle spalle di questa leggendaria casa poggia una grande fetta dell’industria odierna e anche una buona dose di videogiochi. In un certo senso dunque siamo tutti debitori alla casa californiana e non possiamo che augurargli di proseguire la sua avventura in qualche modo. Siamo tutti grati ad Atari per aver plasmato l’immaginario collettivo e per aver costruito la fortuna del mondo dei videogame.