Sviluppato da Flying Beast Labs e pubblicato da Artax Games (gli stessi di Glitch Hero di cui puoi recuperare la nostra recensione), A Rite from the Stars: Remaster Edition è un’avventura grafica in 3D infarcita da puzzle di vario genere e che spesso sfociano in altri generi sfiorando l’action e il platform. Noi abbiamo vissuto tutti e tre i percorsi di prova previsti per diventare il “prescelto” su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a visitare la misteriosa isola di Kaikala?
A Rite from the Stars: Remaster Edition di una stella, di un prescelto e delle sue dure prove
A Rite from the Stars ha come protagonista un piccoletto di nome Kirm, una sorta di indigeno dal volto mascherato con una foglia gigante e privo di voce (è muto). Kirm fa squadra con Hoku, una vera e propria stella che è scesa sulla terra per legare un rapporto con Kirm e guidarlo verso la via della leggenda. Questo perché la tribù Makoa di cui il protagonista fa parte è strettamente legata al cielo, alle stelle e alla terra stessa, ma non solo. C’è tutto un sistema di valori, una narrazione “epica” che va svelata lentamente, di prova in prova.
Quali prove? Ma quelle che attendono il povero disgraziato di Kirm. Per l’esattezza, sono tre percorsi ben distinti: quello della Saggezza, quello del Coraggio e quello dello Spirito. Ogni percorso ha una sua guida a partire da quella della Saggezza che ha un legame particolare proprio con noi mentre quello dello Spirito, il più anziano, si mostra decisamente avverso contro le nuove generazioni, ai suoi occhi troppo pigre e inette.
![A rite from the stars: remaster edition, recensione (playstation 5) A rite from the stars: remaster edition, recensione (playstation 5)](https://www.icrewplay.com/wp-content/uploads/2025/02/aaaaaaaaaaaaaaaa-1024x576.jpg)
In realtà, la guida del percorso dello Spirito non ha tutti i torti… nell’ultimo periodo, infatti, i fallimenti da parte dei giovani delle prove sono sempre maggiori. Per farla breve: sempre meno giovani superano il rituale che permette loro di lasciare l’infanzia. Non solo, alcune stelle guida non sono tornate nel firmamento e questo non è un buon presagio. Insomma, se c’è una cosa che affascina in A Rite from the Stars è proprio la lore narrativa che presenta un’atmosfera ben costruita infarcita da un corollario di storie tutte da svelare.
Buono anche il duo di protagonisti, nonostante Kirm sia muto, riesce a comunicare con versi e con movenze lasciando il ruolo di “Cicerone” alla stella che, dal canto suo, parla fin troppo. La scrittura è semplice e trasversale, comunicando a un pubblico molto vasto e risultando quindi accessibile anche a un target più giovanile, considerando che la storia in sé non è altro che un’avventura di formazione con tanto di lezioni di vita di vario genere.
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Tantissimi puzzle da risolvere
A Rite from the Stars è un’avventura in 3D infarcita di puzzle che spiccano siano per la loro varietà sia per la complessità di risoluzione di alcuni. Procedendo con ordine, dall’hub principale di gioco potremo sin da subito accedere liberamente a uno dei tre percorsi che compongono l’intero rituale e il gioco stesso. Non solo, potrai anche intervallare la risoluzione da uno all’altro in modo del tutto libero.
Ogni percorso, però, è caratterizzato da una particolare tipologia di risoluzione. Il primo è basato su puzzle ambientali legati alla ricerca e posizionamento, in vari modi, di alcuni oggetti. Il secondo è più “action” e ci mette al comando di due personaggi contemporaneamente (da controllare coi due analogici). L’ultimo percorso, quello più affascinante sia esteticamente che ludicamente, vede l’utilizzo del multiverso (Doctor Strange sei tu?) con la risoluzione di enigmi multidimensionali ma connessi tra loro.
Su carta sembra tutto molto interessante ma pad alla mano, A Rite from the Stars mostra diverse criticità. La prima è la sua struttura tecnica che risulta lenta, obsoleta e fin troppo legnosa. Nel dettaglio, per raccogliere un oggetto, dovremo tener premuto un tasto dorsale e il relativo tasto a schermo. Da segnalare non solo l’animazione (sempre uguale) che accompagna l’azione di Kirm ma anche la totale assenza di un qualsivoglia inventario che ci vede costretti a raccogliere e posare vari oggetti finché non si trova la soluzione (il tutto sorbendoci le varie animazioni).
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I puzzle, come detto, sono molto vari e la loro differenza è un punto di pregio ma, a differenza della trama che è molto trasversale, alcuni enigmi possono risultare molto ostici per i meno attenti. Passiamo da enigmi di posizionamento di oggetti ad altri che richiedono un pensiero laterale senza alcun aiuto particolare se non una manciata di indizi da interpretare. Quindi se alcuni risultano davvero ingegnosi, altri sono molto poco intuitivi e richiedono di procedere quasi a caso.
La situazione peggiora nelle fasi simil-platform dove i problemi tecnici, uniti a un’imprecisione abbastanza notevole, va a complicare situazioni altrimenti abbastanza semplici. Un peccato considerando la volontà del titolo di offrire un’abbondante varietà di situazioni in oltre 28 livelli differenti (e suddivisi nei già citati percorsi). Da segnalare anche alcuni rallentamenti, qualche texture caricata in ritardo e dei bug, tra cui uno che ci ha costretto a riavviare il gioco perché l’oggetto che avevamo posato era letteralmente svanito. Si tratta comunque di un caso isolato.
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Grafica e sonoro
A Rite from the Stars: Remaster Edition, come da titolo, è la remastered del titolo originario datato 2018. In quanto remastered, dobbiamo dire che il lavoro estetico svolto è quasi impercettibile. Le migliorie ci sono ma sono molto poche. Inoltre, l’assenza di materiale inedito o di extra notevoli rende l’acquisto inutile per coloro che hanno giocato il titolo originale.
Tornando al versante grafico, A Rite from the Stars si difende discretamente in quanto omaggio degli anni ‘90 ma perde il confronto con gran parte dei titoli attuali a causa di un aspetto tecnico sottotono unito ad animazioni poco convincenti. Buona invece l’atmosfera e gli elementi folkloristici immaginari che compongono i rituali e la storia della tribù Makoa. Per quanto riguarda il sonoro, abbiamo apprezzato le musiche ma meno il doppiaggio.
Per quest’ultimo, infatti, si è deciso di inventare una lingua che, alla lingua, risulta abbastanza fastidiosa, soprattutto se si è costretti a risentire alcuni dialoghi dopo un game over (perché sì, in A Rite from the Stars si può morire e potrebbe capitare abbastanza spesso). Infine, da segnalare la graditissima presenza dei sottotitoli in lingua italiana, elemento molto utile per decifrare i vari enigmi che ci aspettano.