Sviluppato da Mojiken Studio, Toge Production e Chorus Worldwide e pubblicato da Serenity Forge, A Space for the Unbound è un’avventura grafica fortemente incentrata sulla narrazione di una storia che lascia il segno. Dopo averla apprezzata su Nintendo Switch siamo tornati a emozionarci insieme ad Atma su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione.
A Space for the Unbound: il libro magico rosso
A Space for the Unbound è una piccola grande sorpresa in termini narrativi. Tra le mani abbiamo una storia che sorprende, si evolve, infrange se stessa, si rimescola e alla fine ti accarezza ma ti fa anche male. Tanto. La narrazione di A Space for the Unbound è sia l’elemento principale dell’intero prodotto sia il suo punto più forte, capace di trascinarti lungo le sue dieci ore senza neanche rendertene conto.
Ma procediamo con ordine. A Space for the Unbound racconta la vita di Atma, un ragazzo come tanti, un creativo, che vive in una cittadina dell’Indonesia nel corso degli anni ‘90. Una vita tranquilla che viene di colpo, brutalmente, stravolta da un incidente. Incidente le cui conseguenze sfumano completamente e inspiegabilmente nel giro di pochi secondi. Un cambio scena che vede lo stesso Atma risvegliarsi seduto al proprio banco, in classe, a scuola.
Cosa è successo? Come è arrivato fin lì? Ma soprattutto chi è Raya? Una splendida ragazza, sua vicina di banco, è lì a guardarlo e, nel giro di pochi minuti, ci rivela essere la sua fidanzata. Atma e Raya sono innamorati e vogliono anche marinare la scuola per andare al cinema ma prima, perché non stilare un elenco di cose particolari che si desidera fare o ottenere?
Come dici? Sembra un percorso leggermente sconclusionato? Nulla di tutto ciò, A Space for the Unbound ha una scrittura estremamente attenta e curata in ogni minimo dettaglio. Quello che sembra essere un continuo rimbalzo, un loop magico, un mondo nel mondo, è in realtà un costrutto metaforico utilizzato sapientemente per affrontare tematiche estremamente dolorose e difficili da trattare.
Il titolo stesso lo dice prima di qualsiasi cosa on un piccolo avviso a schermo: in A Space for the Unbound si parla di depressione, suicidio e c’è anche qualche animale che soffre. Tutte tematiche non semplici e che possono dar fastidio a più di una persona ma che, lo garantiamo, sono qui trattate in modo esemplare, in modo leggero ma mai superficiale, scavando nell’animo dei protagonisti e mettendo in scena dialoghi e incontri/scontri che sapranno lasciare il segno.
Tutto in A Space for the Unbound ha un senso, inclusa la massiccia presenza dei gatti. Gatti a cui il protagonista potrà dare persino un nome (tra i tre proposti dal gioco stesso) e che fungono sia da collezionabile (uno dei tanti presenti) sia da veicolo narrativo, quasi come una sorta di guida considerando che si trovano ovunque e che raccolgono le informazioni in modo similare ai ragazzini di strada che aiutavano Sherlock Holmes.
Ma torniamo alla narrazione in quanto c’è ancora molto da sviscerare e il tutto cercando di non svelare elementi della trama che merita di essere vissuta con lo stupore di chi non ha idea di cosa sta succedendo. Perché il bello è anche quello: azzardare ipotesi, teorie e metterle costantemente in discussione di dialogo in dialogo, capitolo in capitolo. Ebbene, abbiamo già parlato di quanto sono scritti bene i personaggi di A Space for the Unbound ma il motivo di tale sottolineatura è dovuta al fatto che potremo entrare nelle loro “teste”.
Sembra Psychonauts sotto certi aspetti ma decisamente meno platform e più filosofico. Anche se l’ingresso in quello che viene denominato spacedive, è una scusante estetica e ludica ben sfruttata con scenari costantemente mutevoli e differenti e con l’ingresso in scena di momenti ludici inediti e leggermente più variegati (andando anche a migliorare un ritmo di gioco generale abbastanza compassato). Inoltre, è in questi momenti che emergono alcuni easter egg di tutto rispetto: da Masterchef ad altri titoli videoludici famosi che non citeremo per non rovinare la sorpresa.
Come salvare un’anima
A Space for the Unbound è un’avventura grafica in 2D a scorrimento orizzontale abbastanza standard e che, ludicamente, non inventa quasi nulla. L’esplorazione è in stile 13 Sentinels: Aegis Rim mentre gli enigmi variano leggermente mantenendosi comunque sulla ricerca e combinazione di oggetti o il decifrare codici seguendo pittogrammi o indizi estrapolati da interrogazioni e dialoghi vari.
In realtà, oltre a muoverci da un’area all’altra (non molte ma abbastanza varie e coerenti oltre che evocative e nostalgiche), potremo cercare collezionabili di vario tipo e anche dilettarci con alcuni minigiochi che diventano parte integrante del sistema ludico del titolo. Ti basti pensare che potrai anche lottare o eseguire rituali magici in momenti ben precisi e stabiliti dal gioco. Come si eseguono queste due operazioni? Con un minigioco a tempo.
tale minigioco non è altro che l’eseguire una combinazione di tasti in un lasso di tempo ben preciso. Questa è la fase di attacco o di esecuzione di un rituale magico mentre, se ci si vuole difendere, dovrai fermare un indicatore che si muove da solo in un piccolo spazio verde. A questo minigioco se ne aggiunge un altro dove, in stile gioco di golf, dovrai puntare una freccia a parabola e poi caricare il lancio.
Ma la varietà di A Space for the Unbound non finisce qui, nel corso della campagna ti ritroverai anche a eseguire delle semplici fasi stealth, un po’ lente e goffe ma abbastanza efficaci dove dovremo letteralmente sgattaiolare nascosti dietro a oggetti di vario genere senza farci vedere da uno o più nemici. E che dire di oggetti letali che piombano dal cielo e che dovrai schivare quasi a tempo? Ecco, tutto ciò scandisce il ritmo di una storia che rimane sempre al servizio della narrazione senza però mai stancare troppo se non con alcuni momenti di inevitabile backtracking.
Collezionabili qua e là
Lo abbiamo già detto, A Space for the Unbound ha una serie di collezionabili che consigliamo calorosamente di cercare anche per arricchire al meglio la storia stessa. Se da una parte c’è la richiesta opzionale di accarezzare ogni animale possibile, dall’altra abbiamo da cercare una serie di tappi (localizzabili tramite un brilluccichio a schermo) e qualche particolare lettera, ottenibile da missioni secondarie e opzionali.
Grafica, sonoro e retail
Graficamente parlando, A Space for the Unbound è un piccolo grande omaggio alla pixel art. bastano pochi pixel per emozionare come pochi titoli riescono a fare. Tutto funziona, le espressioni, seppur limitate, comunicano efficacemente e non fanno assolutamente pesare l’assenza del doppiaggio. I personaggi hanno carisma e, nonostante alcuni troppo simili tra loro, sono facilmente distinguibili e identificabili.
Anche le location sono splendidamente riprodotto dando un feeling quasi simile ai grandi film animati Giapponesi solo che qui il folklore è Indonesiano e funziona altrettanto bene. Non mancano, infatti, creature di vario genere come gatti giganti alati, mannari e tanto altro che lasciamo il piacere di scoprire. Il sonoro, seppur orfano delle voci per i personaggi, si difende egregiamente dietro tracce orecchiabili e ben posizionate. Ancora una volta, invitiamo a prestare occhio e orecchio a un particolare omaggio al mondo Capcom.
Nota dolente, invece, per la totale assenza della lingua italiana. Chiariamoci, il gioco non usa un linguaggio complesso ma i testi sono molti e la storia è discretamente longeva. Senza contare che ci sono interi enigmi basati unicamente sulle parole. Infine, è sempre amaro vedere un titolo localizzato in tante lingue tranne la nostra.
Concludiamo questo viaggio indicando che A Space for the Unbound è distribuito in Europa da Tesura Games che ha previsto un’edizione Standard e una Special Edition per PlayStation 4, PlayStation 5 e Nintendo Switch con la pubblicazione prevista il 10 luglio 2024.