Da poco più di due settimane è finalmente disponibile The Delicious Last Course, il tanto atteso DLC di Cuphead che ha richiesto a Studio MDHR ben 5 anni di sviluppo prima di essere ultimato. Un periodo di tempo decisamente lungo, che però è servito a confezionare un pacchetto ricco di sfide inedite di notevole qualità (più qualche piccola sorpresa), offrendo così a molti giocatori il pretesto perfetto per riprendere in mano il successo del 2017.
Si tratta però di un DLC le cui novità, già brillantemente analizzate da Francesco Regano nella sua recensione, non si limitano semplicemente ad aggiungere contenuti extra slegati da quelli del gioco base, ma finiscono piuttosto per espanderne l’universo con elementi originali capaci di modificare ed arricchire quanto già fatto in passato, invogliando così i giocatori a “rivisitare” gli amati/odiati boss delle prime tre Isole Calamaio, traendo il massimo beneficio dalle nuove possibilità.
I colpi e gli charm introdotti in The Delicious Last Course infatti, così come la stessa Ms. Chalice, oltre a permettere nelle battaglie combinazioni e strategie impossibili in precedenza, rendono certe imprese, se non del tutto semplici, perlomeno completabili. Premettendo che il clima di sfida che ha contribuito (insieme ad altri fattori) a decretare il successo del gioco è rimasto intatto, vale la pena provare a spiegare di cosa sto parlando raccontando la mia personale esperienza.
Cuphead tra DLC, RNG, e Rank S
Nel 2017, quando finii Cuphead la prima volta, decisi di provare ad ottenere il rank S in tutti i livelli del gioco. Una volontà destinata a desistere nel momento in cui mi resi conto che, per riuscirci, sarebbe stato necessario, tra le altre cose, non subire nemmeno un danno. Nonostante in alcune boss fight questo limite non costituisse affatto un problema, in altre rendeva il procedimento estremamente tedioso, principalmente a causa della presenza di alcune sequenze dove evadere i colpi dipendeva unicamente dal caso. Ritenendola per questo motivo una sfida non strettamente legata alle mie capacità, decisi di lasciar perdere, reputandomi comunque soddisfatto dell’esperienza complessiva.
Passano sei anni, e all’uscita di The Delicious Last Course non vedo l’ora di provare i nuovi contenuti offerti dal DLC. Una volta finito al 100%, del tutto appagato ma con ancora voglia di giocarci, il mio occhio cade sulla lista presente nel menù di gioco che elenca i punteggi ottenuti nei vari livelli, ricordandomi così la sfida mai portata a termine. Stavolta però, conscio degli strumenti messi a disposizione dall’espansione, ho deciso di ritentare, ritenendo l’obiettivo decisamente alla mia portata.
Il merito di questo cambio di spirito va in particolare ad alcuni charm che, pur causando dei malus, mettono a disposizione più vite nel corso delle bossfight. Così facendo, i danni subiti da attacchi impossibili da evitare vengono attutiti, ed il raggiungimento del rank S in tutti i livelli diventa, finalmente, possibile.
Eliminata del tutto la frustrazione dovuta a penalizzazioni attribuite indipendentemente dalle mie abilità, trionfare su tutti i boss originali di Cuphead è stato un vero piacere, un giro della vittoria tra vecchio e nuovo che, una volta conclusosi, mi ha fatto dire, con grande soddisfazione: “Che bello, mi sono ricordato perché amo questo gioco”.
More of the same…più o meno
Fin troppo spesso i DLC vengono visti negativamente come aggiunte superflue a qualcosa che funzionava già di suo, percepiti come trovate commerciali poco ispirate che vivono di rendita grazie al successo raggiunto dall’originale, che si staglia sopra di loro, irraggiungibile, a prescindere dalla qualità delle novità introdotte.
Più raramente però, e soprattutto se rilasciati a distanza di tempo, i contenuti aggiuntivi si inseriscono talmente bene nel materiale originale da invitare (talvolta grazie anche ad un prezzo accessibile) a ritornare su quei giochi ritenuti completati e ormai a riposo per scoprire cosa c’è di nuovo, cos’è cambiato durante la nostra assenza. Nel migliore dei casi, le aggiunte sono così riuscite e coerenti che viene spontaneo chiedersi come si sia potuto farne a meno fino a quel momento. In questo, Cuphead, pur restando sorprendente, non rappresenta di certo l’unica eccezione alla regola.
Pur avendo giocato Hollow Knight direttamente nella sua forma completa di tutti i DLC, più volte mi sono chiesto quanto diversa sia stata l’esperienza di quei “pionieri” che lo hanno giocato nel 2017. Per me, che considero Grimm e la sua combriccola parte integrante dell’esperienza complessiva, è possibile solo immaginare come sia stato ritornare sul gioco mesi dopo averlo completato perché, a quanto pareva, Team Cherry aveva aggiunto una misteriosa lanterna da qualche parte all’interno della mappa. Quel che si credeva finito da tempo era, invece, solo all’inizio, e Hollow Knight si apprestava a diventare ancor più grande e ricco di quanto già non fosse. Una sorpresa non da poco.
Un caso di cui invece posso parlare in prima è persona è quello del ben meno noto Human: Fall Flat. Si tratta di un titolo che in origine apprezzai solo moderatamente, perlopiù a causa di una certa ripetitività e per la mancanza di idee capaci di sfruttare pienamente il concept alla base del gioco, se non nei primissimi livelli. Ciononostante, dal 2016 ad oggi sono tornato periodicamente a provarne le novità.
Dapprima, lo ammetto, lo sprono è nato dal senso di fastidio provato nel vedersi rimosso il “platino” degli Achievement di Steam a causa dei nuovi obiettivi introdotti insieme ai livelli. Col tempo però, sebbene le remore nei confronti del funzionamento del sistema di Achievement di Steam siano rimaste, l’appuntamento ha finito per assumere caratteristiche dapprima solo rituali, e poi anche piacevoli, stupendomi di quanto fosse in effetti possibile, volta dopo volta, implementare qualcosa di nuovo in quel gioco dalle meccaniche così essenziali, frutto, peraltro, dell’inventiva della sua community. Forse alcuni giochi hanno bisogno di 6 anni di tempo per risplendere davvero, chi lo sa.
A proposito di grandi riscoperte, come non pensare a Mario Kart 8 Deluxe? Per chi come me ha giocato l’originale su Wii U, magari acquistando anche i DLC annessi, recuperare questa riedizione per Nintendo Switch difficilmente ha costituito una priorità al momento del lancio. Tutto è cambiato quando, solo qualche mese fa, Nintendo ha annunciato l’esistenza del pacchetto Pass percorsi aggiuntivi, che alle 48 piste del gioco originale ne aggiungerà nel tempo altre 48, duplicando di netto i contenuti offerti dal titolo.
Inutile dirlo, alla prima occasione ho recuperato il gioco in offerta e, prim’ancora che uscissero i nuovi percorsi, ho riscoperto il piacere di percorrere quegli stessi tracciati che la mia memoria muscolare (analogamente a quanto avvenuto con Cuphead) ricordava a menadito, nonostante gli anni passati. Al momento sono stati rilasciati solo i primi 2 Gran Premi, ed è decisamente troppo presto per poter valutare la qualità complessiva dell’operazione; eppure, tornare a provare interesse per le novità in arrivo su un gioco che, nonostante resista così bene alla prova del tempo, è stato comunque chiuso nel cassetto dal 2014, ha per me dell’incredibile.
A volte ritornano
È inevitabile, l’idea di novità viene comunemente associata a quella di inedito. È alle nuove IP che chiediamo tacitamente di sorprenderci con qualcosa di mai visto prima, mentre releghiamo a franchise iconici e contenuti aggiuntivi la responsabilità di restituirci ciò che già conosciamo, che sappiamo di volere, e che sempre vorremo. Questa visione delle cose però, oltre ad apparire limitante, finisce anche per essere errata.
Più spesso di quanto si possa pensare infatti, i DLC finiscono per costituire dei terreni di prova ideali per gli sviluppatori, piccoli luoghi sicuri dove sperimentare con idee nuove che potrebbero essere ampliate successivamente in titoli dal più ampio respiro (state pur certi che Bowser’s Fury influenzerà il futuro dei giochi 3D di Mario), sempre che non si decida già in fase di lavorazione di renderli tali (pensate a Hollow Knight: Silksong). In questa accezione i contenuti aggiuntivi, lungi dal voler semplicemente emulare il successo dei loro capostipiti, spingono piuttosto i giocatori a ritornare su un titolo non tanto per riconfermare le loro aspettative, ma per stravolgerle e superarle.
Eppure, anche quando si tratta di piccole aggiunte, risulta sorprendente come le novità applicate dai DLC siano spesso in grado di ridestare l’interesse dei giocatori verso quei titoli che, per un motivo o per un altro, non avevano finito di raccontare la loro storia. Che sia un personaggio inedito aggiunto al roster di un picchiaduro o la tanto attesa espansione di un titolo amato e messo da parte da un po’ (e qui il pensiero va subito a Elden Ring), non ha importanza. Ogni scusa è buona per ritornare dove si è stati bene, e a volte basta davvero, davvero poco. Lungo il cammino, però, chissà che non ci si accorga di un ulteriore motivo per restare?