Nuovo giorno, nuovo speciale! Oggi ti parlerò di una vicenda legale che nell’ultimo periodo ha avvicinato Activision al povero creativo Randy Ficker, uno sviluppatore indipendente la cui unica colpa sembra essere stata la scarsa lungimiranza. Prima di iniziare però, fornendoti ulteriore contesto, ti anticipo che questo articolo sarà più personale del solito dato che ci tengo a trasmettere cosa penso dell’argomento.
Mentre Activision era impegnata a combattere i cheater che ancora oggi infestano Verdansk, sopravvissuti a una bomba atomica, a ben sette ondate di ban e ai molti (475’000) account sospesi a vita, Warzone si è trovato al centro di nuove attenzioni dovute a quello che potremmo definire un curioso caso di sfortunata omonimia. Se non hai idea di ciò a cui mi sto riferendo, sei capitato nel posto giusto.
Era il 2017 quando l’intraprendenza del citato Ficker lo portò a pubblicare il browser game chiamato Warzone, ampiamente ispirato al celebre Risk (RisiKo!) e aperto a chiunque ne amasse la struttura. Da quel giorno, il suo titolo strategico ha avuto successo e quelli che inizialmente erano pochi fruitori, con il passare del tempo, si sono trasformati in una solida nicchia alla quale io stesso ho preso parte.
Tre anni più tardi, come saprai, Activision ha scelto di entrare a gamba tesa nel mercato dei free-to-play conscia di poter contare su un franchise già dominante. Il risultato? Uno sparatutto altamente competitivo che ha dato prova di meritare spazio quanto i colossi a cui si era affiancato in quel momento. Quello che prima di Call of Duty: Warzone era da considerarsi un genere inflazionato, senza più molto da dire, si è nuovamente rivelato essere un’enorme miniera d’oro.
La mossa di Activision
I due Warzone, seppur su scale di grandezza diverse, hanno quindi continuato a crescere in autonomia e inizialmente il loro contatto era delineato più che altro dalle domande dell’utenza che definirei un po’ distratta – talvolta rivolte a Ficker pur riguardando Call of Duty. Questo equilibrio fra le due realtà, questa situazione di calma apparente, si è però trasformata in tempesta lo scorso 8 aprile quando lo sviluppatore indipendente si è visto citare in giudizio.
“Ciao, il mio nome è Randy e sono stato denunciato da Activision per essere uno sviluppatore indipendente”.
È con queste parole dirette e cariche di risentimento che il creatore del primo Warzone ha condiviso la notizia, avviando una raccolta fondi nella speranza di poter difendere quella che al momento è la sua unica fonte di reddito. Nella speranza che riesca a ricevere i 50’000 dollari di cui ha bisogno, così che sia la legge a decidere e non il divario fra lui e Activision, entriamo un po’ più nel dettaglio per capire dov’è l’inghippo.
L’azienda statunitense gemellata con Blizzard Entertainment, oltre che sulla forza del suo prodotto, può infatti contare su un’evidenza che rende l’esito di questa causa meno scontato del previsto: per quanto il gioco strategico sia nato in anticipo rispetto all’FPS, Ficker non fu il primo a registrare il marchio in questione. In altre parole, il titolo Warzone risulta tecnicamente proprietà di Activision ma ciò non significa che la ragione sia esclusiva di una sola parte.
Purtroppo l’ignoranza in materia non mi permette di fare pronostici e mentre spero con tutto me stesso che tu possa arricchire la sezione commenti, magari con idee personali o conoscenze che non mi competono, mi appresto a passare oltre e concludere questo speciale. Per farlo, facciamo un altro salto indietro e torniamo a quando Activision catalizzò su di sé l’odio di azionisti e dipendenti.
Karma, se esisti batti un colpo
Era il 17 marzo quando Activision scosse l’opinione pubblica decidendo di licenziare 200 collaboratori, imputando la causa di tutto alle conseguenze del dannato virus che di fatto bloccò il lavoro dei suoi dipartimenti legati agli eSport. Fin qui tutto normale, dirai, se non persino comprensibile, ma a destare scalpore fu il tempismo della cosa e ciò che il CEO dell’azienda aveva fatto giorni prima.
Bobby Kotic infatti, al quale i soldi non mancano vista la posizione invidiabile, si era da poco regalato un bonus di 200 milioni sul proprio stipendio, con l’idea di autopremiarsi per gli ottimi risultati della società. Tralasciando la ripugnanza che sento farsi strada nella mia mente, va detto che tutti quei soldi non meritavano di andare a lui dato che i ricavi di quel periodo, come dichiarato da CtW Investment Group, erano da imputarsi solamente alle ripercussioni del citato virus.
Sarà l’eterno fascino di Davide contro Golia, l’idea che i più piccoli possano prevalere sui colossi, ma a me non dispiacerebbe vedere trionfare Randy Ficker. Se sei dello stesso avviso, ti invito ancora una volta ad aprire la sua raccolta fondi in cui viene messa in luce l’ipocrisia di Activision Blizzard, tra screenshot in bella mostra a svalutarne le affermazioni. In caso contrario, invece, ti prego di non essere timido e farmi conoscere il tuo punto di vista.