“Riusciremmo a fare un buon videogioco galattico e procedurale, in 2D?”. È rispondendo a questa domanda che nel 2017, gli sviluppatori di Fancy Fish Games, iniziarono a concepire Aground; un’esperienza esplorativa che, seppur limitata, dimostrava già un certo potenziale.
La vera svolta, a detta di chi componeva il team di sviluppo, avvenne quando scelsero di far sì che sarebbero dovuti essere i giocatori a guadagnarsi la possibilità di esplorare quel mondo, scoprendo nel dettaglio tutto ciò che aveva da offrire.
Nacque così un nuovo tentativo di approcciarsi al genere survival, da parte di chi voleva creare qualcosa di diverso dal solito open world. L’idea alla base di Aground era infatti quella di un videogioco incentrato sulla progressione, che non smettesse mai di guidarti nella giusta direzione.
“Io voglio sapere perché sto scavando o raccogliendo risorse. Voglio sapere a cosa mi servirà.”
Non si può certo dire che David Maletz, progettista e programmatore dietro al progetto, non avesse le idee chiare e dopo il successo su Newgrounds e altri portali dedicati al panorama indipendente, oggi Aground si trova a un passo dal debutto su console.
Il risultato finale sarà all’altezza della fama che ruota attorno al titolo? Dopo aver giocato per svariate ore alla sua versione PlayStation 4, sono finalmente pronto a parlartene in anticipo sull’uscita, che avverrà precisamente giovedì 11 febbraio.
Toccato il fondo, è tempo di risalire
Dopo un ammaraggio involontario, il protagonista da noi creato tramite un editor limitato, si ritrova in mezzo al nulla con nient’altro che sé stesso. È partendo da questo incipit che di originale ha ben poco, che Aground si apre a noi come un qualsiasi altro survival.
Raccogliendo legna da terra e prendendo dimestichezza con il sistema di gioco, la prima cosa che ci è richiesta è quella di costruirci un rifugio. Qui, è dove potremo salvare i nostri progressi e riposare in qualsiasi momento, così da recuperare la stamina persa nel corso del tempo.
Dispersi in un luogo sconosciuto e aiutati dai pochi sopravvissuti che condividono il nostro destino, non ci resta che porre le basi di una civiltà improvvisata, che grazie ai nostri sforzi evolverà esponenzialmente.
Prima una semplice accetta, poi una modesta zattera seguita dalla costruzione di strumenti alimentati a batteria, fino ad arrivare a una navicella con cui esplorare altri pianeti, sventare una minaccia aliena e perché no, se avanza tempo, trovare antichi draghi da abbattere o ammaestrare.
È proprio questo progresso, tema attorno al quale ruota l’intero videogioco, la costante più preziosa di tutto quanto Aground; un elemento che non si limita alla semplice storia narrata, ma pervade ogni istante del gameplay vero e proprio.
Binari precisi che sei libero di ignorare
Dalle quest che si accumulano in maniera naturale alle varie novità introdotte attraverso il loro completamento, Aground risulta chiaramente costruito per stupire e ti assicuro che ci riesce nonostante i ritmi altalenanti.
Questi, compensati se vogliamo dalla costanza con cui il gioco ti sbatte in faccia il prossimo compito, sembrano invitare il giocatore a una libertà che gli compete ma che potrebbe rigettare a seconda dei suoi gusti.
Attraversare una distesa d’acqua per raggiungere l’altra sponda o abbandonarsi alla corrente in direzione dell’ignoto? Aground fa proprio questo: prima ti mostra la via da percorrere in sicurezza e poi ti lascia libero di ignorare quei binari, così da goderti a pieno il piacere dell’esplorazione.
A ogni azione completata nel corso delle giornate, che si tratti dello scavare, l’abbattere mostri, il coltivare, cucinare o costruire, viene associato un quantitativo di esperienza ottenuta che fa parte di un sistema fin troppo basilare. Salire di livello, ottenendo così punti abilità da spendere a tuo piacimento, permette di aumentare le statistiche del nostro protagonista, come ad esempio il valore del peso che può reggere senza fatica.
Questo sentore di GDR (gioco di ruolo) che va a influenzare l’esperienza, con il chiaro tentativo di donarle profondità, rischia però di apparire come una banale digressione che semplifica elementi propri di un genere più complesso. In altre parole, forse per le poche abilità che in parte ho ritenuto inutili, questo aspetto di Aground è ciò che meno mi ha convinto.
A compensare, comunque, ci pensa ancora una volta la varietà di contenuti che a partire dalle armi, gli strumenti e il loro impiego, spinge davvero a domandarsi quanto ancora stupirà. Lo sviluppo della tecnologia a cui noi stessi diamo inizio, porta a vedere persino il cielo come un limite valicabile e a quel punto, la curiosità, faticherà a darsi un freno.
Riguardo al comparto tecnico…
Dopo le parole spese a favore di come Aground riesca a stupire, dopo aver elogiato il suo tentativo di distinguersi dal giá visto, è il momento di dedicarci al tralasciato comparto tecnico che in produzioni come questa, più modeste di molte altre, tende a rivestire il ruolo di anello debole.
L’opera di Fancy Fish non fa differenza e malgrado alcune scelte stilistiche riportino la mente ai fasti del passato, tra piccole cutscene dettagliate e pixel art ben realizzata, il fascino del retrò colpisce fino a un certo punto, in un’esperienza che visivamente non riesce a dare sempre il meglio.
Dal punto di vista sonoro, tralasciandone gli effetti facilmente dimenticabili, Aground fa il suo dovere grazie anche al lavoro del compositore Chase Bethea, già autore di molti accompagnamenti per quanto riguarda i giochi del team.
L’ultimo appunto non può che andare alla traduzione italiana del gioco che, senza girarci troppo attorno, è tanto presente nelle opzioni quanto assente nell’esperienza. Aground è infatti tradotto male e a malapena, perciò tienine conto nel caso in cui scegliessi di acquistarlo.