La prima giornata del Modena Nerd si è conclusa con un eccezionale sold out (ebbene sì, le fiere non sono mancate solo a noi di iCrewPlay). Come si sa, ogni fiera che si rispetti è tenuta ad includere una serie più o meno lunga e variegata di eventi, e questa non ha fatto eccezione, con ben due location dedicate alle conferenze, confronti e presentazioni. La prima ha avuto luogo sul Palco Cosplay, un’area squisitamente open air dedicata sia a questo mondo che a quello della musica.
Le danze si sono aperte esattamente alle 11:00, circa un’ora dopo l’apertura dei cancelli. Neanche a dirlo, i videogiochi sono stati il filo conduttore di questo primo evento, focalizzato su un aspetto particolare del medium che amiamo, il quale peraltro riguarda da vicino anche iCrewPlay: l’editoria videoludica.
A parlare di questo settore (il nostro settore) sono stati due rappresentanti delle primissime generazioni di redattori e recensori videoludici italiani: Carlo Santagostino e Fabio Massa, meglio noto con lo pseudonimo di Bio Massa, che hanno alle spalle una lunga carriera presso diverse storiche riviste videoludiche iniziata nei primi anni novanta.
Quarant’anni di storia editoriale raccontati al Modena Nerd
I due protagonisti, a cui solo alla fine si è potuto unire il terzo ospite, Mario Petillo, presentatosi in ritardo a causa dell’onnipresente problema del traffico autostradale, si sono divisi equamente la parola durante l’evento, raccontando gli albori delle rispettive carriere, iniziate pochi anni dopo l’avvento della prima rivista italiana dedicata al mondo videoludico, vale a dire Videogiochi, del gruppo editoriale Jackson, la cui pubblicazione è cominciata a fine 1982.
Carlo Santagostino ha esordito come redattore nel 1989, facendo procedere in parallelo a questa carriera quella di retailer e tecnico informatico, culminata al giorno d’oggi con archeologiainformatica.it, di cui è il principale curatore.
Dal canto suo, Fabio Massa ha descritto il proprio esordio nel mondo dell’editoria videoludica come avvenuto nella maniera più candida possibile. Desideroso di mettersi alla prova in tal senso a causa dell’amore per l’allora ancora giovane medium videoludico, fece la cosa più semplice da fare: chiamò in redazione chiedendo se avessero bisogno di nuovi collaboratori, ottenendo risposta positiva.
La discussione è andata avanti con qualche considerazione sui titoli d’epoca per poi parlare più nel dettaglio di come fosse il lavoro di un redattore videoludico prima dell’informatizzazione di massa portata anche dall’avvento di internet. Un primo e molto interessante aneddoto ha riguardato il genere di articolo principe di questa branca dell’editoria: la recensione.
I due protagonisti hanno infatti puntualizzato che molto spesso, ma non sempre, le recensioni che si leggevano nelle riviste videoludiche primeve non erano altro che traduzioni integrali e complete di recensioni scritte in lingua inglese. Un fatto sbalorditivo e al tempo stesso rimarchevole per l’epoca, considerata l’inesistenza di traduttori automatici e la non ancora troppo diffusa conoscenza dell’idioma albionico, ancora in larga parte appannaggio degli studenti di lingue straniere e degli italiani che avevano trascorso periodi di studio o lavoro in Paesi anglofoni.
Un secondo segreto dell’editoria videoludica delle origini svelato da Carlo Santagostino e Fabio Massa risponde alla domanda seguente: come si faceva, senza sofisticati strumenti informatici o comunque videoregistratori, ad ottenere schermate dai giochi? La risposta è stata anch’essa molto interessante. Stando alla descrizione del metodo, si usava coprire lo schermo con uno scatolo di cartone, praticando in quest’ultimo un foro rotondo che combaciasse con l’obiettivo di una comune polaroid. Il tutto era volto ad evitare problemi legati alla luminosità e a ridurre quanto più possibile lo sfarfallio.
Si trattava in effetti di un procedimento piuttosto rudimentale e a tratti rocambolesco considerando che, onde riuscire a catturare il momento preciso, c’era bisogno che un ‘secondo operatore‘ stesse pronto a premere il tasto pausa e a ripremerlo subito dopo, onde mantenere l’immagine il più ‘ferma’ possibile.
Questi aneddoti, oltreché molto interessanti per chi non è del settore ma ne fruisce assiduamente, sono oltremodo catartici per noi che scriviamo di videogiochi, facendoci sentire, in poche parole, fortunati ad operare in un periodo dove queste tecniche sono ormai un vago ricordo, consentendoci di produrre di più a livello scrittorio senza per questo perdere di qualità.
Come anticipato, il panel si è concluso con un intervento di Mario Petillo, che è riuscito a raggiungere il Palco Cosplay giusto in tempo per dire la sua. Dopo aver elogiato il traffico in autostrada come segnale di ripresa dopo il lungo periodo di stasi portato dalla pandemia tutt’ora in corso, ha parlato di un cambiamento dell’approccio alla professione di redattore videoludico causato dai youtuber e dagli influencer, allo stile contenutistico dei quali l’editoria videoludica si starebbe conformando. “Cerchiamo di essere forse un po’ più votati al video che allo scritto“, sottolineando poi la natura commerciale di tante produzioni editoriali videoludiche recenti.
Una conclusione, questa, piuttosto forte e che può essere condivisa come può non esserlo, fatto sta che, come in tutti i casi, non bisogna mai fare di tutta l’erba un fascio: esiste un largo numero di redattori che rimane legato e fedele alla parola scritta, che ha il pregio di stimolare molto la creatività e l’immaginazione, laddove il video forse vince per una maggiore immediatezza.