Sviluppato da Microids Studio Paris e pubblicato da Microids, Amerzone: The Explorer’s Legacy è il remake ufficiale del classico titolo datato 1999 che ritorna non solo con una nuova e potente veste grafica ma anche con alcuni enigmi rieditati e altri completamente inediti. Anche la lore si ritrova rafforzata, il tutto per un’esperienza ancora più coinvolgente. Noi siamo tornati in Amerzone dopo tanti anni su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a un viaggio indimenticabile?
Amerzone: The Explorer’s Legacy come un tempo si raccontavano le storie
Amerzone: The Explorer’s Legacy è dedicato al compianto Benoit Sokal, fumettista e autore di videogiochi belga, autore della serie di Syberia e di Amerzone stesso. Quest’ultima, è stata la prima avventura grafica nata successivamente al suo ingresso con Microids, la stessa casa di produzione che si è occupata, oggi, del remake dell’opera. Si tratta quindi di un titolo fortemente storico, enormemente nostalgico e allo stesso tempo essenziale per scoprire ancor più nel dettaglio, le idee alla base dell’enorme successo delle sue successive opere.
Poter quindi giocare oggi ad Amerzone: The Explorer’s Legacy con una veste grafica quasi del tutto al passo coi tempi dona nuovo lustro tanto al passato quanto al genere stesso delle avventure grafiche. Gli stessi cultore del genere, potranno infatti metter mano a un titolo troppe volte, ingiustamente, ignorato e poco considerato. Laddove, invece, si tratta di una storia narrativa molto ben curata e che riesce a trasmettere concetti ancora oggi essenziali e profondi, oltre che personali.

Entrando nel dettaglio, in Amerzone: The Explorer’s Legacy impersoneremo un giornalista privo di voce e che, per conoscerlo meglio, potremo dedicarci a completare le indagini e a leggere i suoi resoconto in un corposo e ben diluito sistema di diari e rispettivi progressi narrativi a cui si sommano tutta una serie di collezionabili e documenti da scovare in giro. Il giornalista è sì il protagonista delle vicende ma non è lui il fulcro del racconto che vede, anzi, diverse tipologie di “protagonisti”.
Il primo è Alexandre Valembois, primissima figura umana che incontreremo su schermo e scintilla che darà il via a tutta la vicenda. Noi stessi siamo diretti nel faro in cui si è esiliato, per conoscere la sua storia e approfondire alcune delle sue particolari conoscenze. Ma quella che doveva essere un’intervista, si trasforma nell’inizio di un viaggio che richiama quasi Indiana Jones. Un viaggio nelle terre di Amerzone. Questo luogo, che dona anche il titolo al gioco, è il rumoroso e meraviglioso co-protagonista di tutta l’opera.
Si tratta di un luogo tropicale immaginario delle americhe che spicca essenzialmente per il suo folklore tutto da snocciolare e che vede al suo interno misteriose creature, usanze indigene stravaganti e un’evoluzione politica che, ancora oggi, ha tantissimo da raccontarci. Ed è proprio nel folklore, in particolare in tutto ciò che riguarda i grandi “uccelli bianchi”, che ruota tutto ciò che riguarda noi, Alexandre e i suoi vecchi amici.

Sì, perché l’anziano Valembois è coautore di una spedizione rudimentale che ha visto lui e altri due suoi compagni di avventura, scoprire per primi le terre di Amerzone, i suoi abitanti e i loro misteriosi usi. Lo stesso Valembois si è ritrovato immischiato più del dovuto, cedendo a un peccato che lo attanaglia ancora adesso. Un peccato che sveleremo passo dopo passo, tappa dopo tappa, in un viaggio che emoziona e da cui è sinceramente difficile staccarsi.
E come si può viaggiare in un paese ostile e poco civilizzato? La risposta la fornisce lo stesso Valembois che ci fornisce, di fatto, anche il terzo protagonista delle vicende: l’Hydraflot. Si tratta di un’invenzione di Alexandre e della versione 2.0 del modello utilizzato nella sua prima spedizione. A prima vista può sembrare un incrocio tra un sommergibile, un veliero, una nave e un elicottero… ebbene, l’Hydraflot è tutto questo e anche di più e lo scopriremo insieme nel paragrafo a esso dedicato.
Per completare la panoramica sulla narrazione di Amerzone: The Explorer’s Legacy, possiamo affermare che questa è rimasta fedele all’opera originale riuscendo, ancora oggi, a coinvolgere, emozionare e stupire. E ciò vale tanto per chi conosce le vicende originali che può riviverle con una grafica molto più curata e realistica, quanto e soprattutto per chi non ha mai conosciuto l’affascinante mondo di Amerzone.

Una struttura antica ma che non pesa
Amerzone: The Explorer’s Legacy è un’avventura grafica in 3D ad enigmi datata 1999 e che torna con questo remake senza particolari stravolgimenti ludici. Per chi non lo sapesse, si tratta di un’avventura a “schermate” e dove il movimento non è libero ma dettato da spostamenti automatici. Banalmente, cerchi una freccia su schermo muovendo il cursore e ti sposterai automaticamente in un’altra schermata.
Questo significa che l’esplorazione è prettamente visiva e l’interazione è legata esclusivamente al puntatore su schermo che andrà a mutare a seconda se si sposta su elementi con cui è possibile interagire. Parlando di interazione, ci sono oggetti che richiedono particolari movimenti atti a rendere il tutto più “realistico” e coinvolgente come l’atto di girare una chiave per poi aprire la porta ruotando l’analogico. Nulla di eccezionale o rivoluzionario ma la loro presenza soddisfa appieno l’obiettivo prefissato.

Per quanto riguarda gli enigmi, la soluzione è unica e lo svolgimento narrativo è lineare e va benissimo così. Non solo, chi ha giocato l’originale non potrà procedere unicamente a memoria in quanto gli sviluppatori hanno furbamente modificato alcuni enigmi e cambiato il posizionamento di alcuni oggetti, rendendo il tutto “nuovo” anche per chi conosce a memoria il vecchio Amerzone. Ogni intervento risulta comunque ben inserito e perfettamente coeso col resto delle vicende.
La tipologia di enigmi proposta è quasi sempre intuitiva se si è ben attenti a luoghi e dettagli forniti dai numerosi documenti. Questi sono a loro volta racchiusi in categorie definite “indagini” la cui risoluzione è opzionale ma caldamente consigliata. Ogni capitolo ha le sue indagini mentre altre sono così lunghe che i rispettivi oggetti sono sparpagliati in più capitoli. Completare un’indagine, significa sbloccare l’articolo dedicato scritto dal giornalista protagonista che, neanche a dirlo, approfondisce ulteriormente il mondo di gioco e i suoi personaggi.

Dell’Hydraflot e dei bug
L’Hydraflot è il veicolo che ci accompagnerà per tutta l’avventura e il suo fascino è semplicemente inattaccabile. Trattasi di un mezzo trasformabile e da dover aggiornare di tappa in tappa, ricaricando il carburante, cercando floppy con rispettivi upgrade e sfruttando al meglio le sue potenzialità. Oltre a navigare, il veicolo può anche volare ma ogni forma richiede un intervento manuale che, banalmente, ci chiede di ricreare lo stesso schema strutturale muovendo alcune leve.
Sempre sul nostro veicolo, è possibile usare un rampino (seppur limitati dal gioco stesso) o ascoltare una radio oltre a poter rivedere alcuni appunti di Alexandre o i vari oggetti che ci prendiamo di tappa in tappa. E fin qui, Amerzone: The Explorer’s Legacy è solo cose belle e positive, se si tiene conto di una struttura ludica comunque “a binari” e decisamente poco attuale. Purtroppo, il titolo sul versante tecnico presta il fianco a qualche critica.

Tralasciando qualche bug grafico e qualche sporadico rallentamento, legati soprattutto al tipo di modalità grafica prescelta (fluidità o dettaglio grafico, bisogna scendere a compromessi), dobbiamo segnalare alcune problematiche che confidiamo possano essere risolte con qualche patch. Ci è capitato di poter raccogliere oggetti già raccolti e utilizzati, portandoceli inverosimilmente all’interno dell’inventario così come alcuni oggetti restavano attivi anche senza necessità reale, come l’accendino che di solito si autoattiva solo in luoghi chiusi.
Ci è anche capitato qualche fase di spostamento rapido non riuscito e un singolo blocco avvenuto durante una scalata. Sono piccoli inciampi che vanno a puntellare un’esperienza altrimenti d’impatto notevole e arricchita, tra l’altro, di diversi easter egg e di momenti opzionali che faranno la gioia dei fan e che alcuni, già dalla demo, hanno potuto scovare (sì, parliamo del telefono).

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, il confronto remake e originale è enorme. Il remake ha lavorato su tutto, riproponendo interi modelli nuovi e decisamente più credibili e al passo coi tempi. Sì, i modelli umani prestano il fianco a qualche incertezza ma l’impatto generale è solo positivo. Dall’acqua alla natura di Amerozne, tutto splende e danza sotto ai nostri occhi, restituendo una buona credibilità e un’esperienza visiva degna di essere vissuta (o rivissuta).
Discorso analogo per il sonoro, condito da sonorità fedeli e leggermente riarrangiate. Buoni gli effetti sonori, credibili e coerenti. Buono anche il doppiaggio in inglese mentre quello in italiano è totalmente assente. In compenso, è presente la lingua italiana sotto forma di sottotitoli, ben curati e che agevolano non poco il nostro viaggio.