Nintendo Switch è una console che non smette mai di stupire. Dalla sua prima uscita, l’ultima gemma di casa Nintendo ha sfornato tantissimi porting degni di nota, creandosi, poco alla volta, un parco titoli considerevole e vario. Uno degli ultimi arrivi è la storica saga di Amnesia. Una serie di tre giochi horror (due titoli e un’espansione per essere precisi) inizialmente appannaggio solo dell’utenza PC, ma successivamente giunti anche sulle console di ultima generazione. Amnesia Collection, quindi, porta anche su Nintendo Switch degli orrori che metteranno a dura prova la nostra sanità mentale (soprattutto se giocati al buio, con le cuffie).
Tre storie ambientate nel buio
Amnesia: The Dark Descent ha una storia narrata poco alla volta, attraverso flashback e note che svelano progressivamente dettagli sul protagonista, sull’obiettivo che lo guida e sul castello in cui è ambientata la vicenda. All’inizio dell’intreccio ci svegliamo nei panni di Daniel, un uomo che soffre della stessa amnesia che da il nome al gioco. Dopo diversi giramenti di testa, il protagonista raggiunge una scrivania dove trova una nota scritta da lui, quando aveva ancora la memoria e indirizzata proprio a se stesso. Il “vecchio Daniel” scrive alcune informazioni fondamentali: siamo in un castello e dobbiamo uccidere un uomo situato nella parte più profonda di esso. Inoltre, una specie di “ombra” ci segue continuamente, cercando di ucciderci. Da questo incipit narrativo inizia l’esplorazione del suddetto castello nel quale troveremo diverse note scritte che ci aiuteranno a ricomporre frammenti del passato insieme ai frequenti flashback. Siamo quindi di fronte a un’atmosfera misteriosa e cupa, in cui tutto viene rivelato poco per volta.
Amnesia: Justine, invece è un contenuto aggiuntivo che propone un’esperienza tanto breve quanto intensa. Questa volta impersoneremo una donna risvegliatasi in una cella, senza nessun ricordo del passato. La protagonista scopre presto di essere, suo malgrado, la prescelta per un macabro esperimento condotto dalla nobildonna che da il nome al gioco. Ci saranno quindi diverse, e brutali, prove da superare, in un orribile crescendo di atrocità che tengono il giocatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine.
Infine, Amnesia: A Machine for Pigs ci mette nei panni di un uomo svegliatosi, ancora una volta con un’amnesia, in una villa apparentemente disabitata. Qui, il protagonista cercherà i suoi figli, solo per scoprire di essere finito in un disegno paranormale molto più grande di lui. La narrazione è il perno centrale di questo sequel, che propone al giocatore una storia inquietante e appassionante, fatta di allegorie davvero ben riuscite.
L’intramontabile orrore in prima persona
La saga di Amnesia è celebre per presentare dei survival horror in prima persona. In questo caso, la visuale in soggettiva contribuisce enormemente alla creazione della tensione complessiva, dato che (soprattutto nel primo dei tre giochi) vedremo spesso delle distorsioni della realtà. La mente del protagonista, infatti, gioca brutti scherzi e,, alcune volte è difficile capire cosa sia reale e cosa no.
Per la maggior parte del tempo, in Amnesia: The Dark Descent, esploreremo un castello in stato di abbandono e quasi interamente in penombra. Spesso delle finestre o delle fessure illuminano leggermente l’ambiente, ma la maggior parte delle stanze sono poco accoglienti. Proprio questa conformazione dell’ambiente influisce sul gameplay: oltre allo stato di salute di Daniel, infatti, va monitorata anche una barra della sanità mentale. Stare a lungo al buio, vedere eventi traumatizzanti e guardare i mostri troppo a lungo fa pericolosoamente abbassare la lucidità mentale del protagonista. Come conseguenza, durante le esplorazioni potremmo assistere a vere e proprie allucinazioni, distorisioni visive, suoni inesistenti e così via.
Per far tornare lucido Daniel possiamo rifugiarci nelle aree illuminate del castello, risolvere enigmi e proseguire nell’avventura. Questa meccanica dona all’esplorazione un pizzico di tensione extra, che è sempre presente anche durante le riflessioni per superare i puzzle. Potremmo ritrovarci a scappare da un mostro che non è mai stato li, oppure potremmo girarci per un suono che non arriva da nessuna parte.
Per aiutarci a non impazzire velocemente possiamo tenere illuminate le stanze. Per farlo abbiamo a disposizione degli oggetti consumabili, da usare per accendere candelabri, camini o torce di ogni tipo, e una lanterna a olio che si consuma con l’uso. Mentre i primi consentono semplicemente di illuminare le stanze (magari quelle che percorriamo più spesso), la seconda ci permette di avere una fonte di luce portatile, utilissima nei momenti peggiori in cui la sanità mentale è pericolosamente bassa. In ogni caso, parliamo di strumenti dall’uso limitatissimo (gli acciarini sono limitati e la lanterna richiede olio), che quindi deve essere assolutamente dosato.
Non è tutto. Durante l’esplorazione del castello dobbiamo dedicarci anche alla risoluzione di piccoli puzzle ambientali. Questi sono molto vari e a volte richiedono anche di recuperare oggetti da diverse stanze: potremmo dover cercare degli interruttori nascosti, combinare ingredienti, rompere un muro e così via. In alcuni casi, inoltre, torna utile sfruttare il motore fisico del gioco che ci consente di afferrare e lanciare oggetti di forma e peso diverso.
Chiudono il cerchio le orribili creature che abitano gli scenari di gioco. Queste possono essere avvistate in lontananza ed evitate. Infatti, Amnesia non permette di fronteggiare in alcun modo questi mostri, costringendoci a scappare e nasconderci. Diventa quindi imperativo spegnere la torcia ed entrare in posti poco illuminati. Questo, tuttavia, considerando la fragile sanità mentale di Daniel, che non può restare al buio troppo a lungo.
Tra tutti questi ostacoli, è importante capire dove andare e cosa fare. Spesso possiamo trovare diverse note sparse per gli scenari o dei flashback che ci danno degli indizi preziosi sulle nostre destinazioni. Alcune volte la soluzione dei puzzle o la destinazione successiva non è immediata da capire, quindi bisogna prestare molta attenzione. Da questo punto di vista, pesa enormemente l’assenza di una mappa che possa essere consultata, dato che, nelle fasi finali di gioco, sarà davvero semplice perdere l’orientamento per colpa di un mostro o di una strada imboccata male.
Amnesia: Justine
Questa espansione basa la maggior parte dell’esperienza sugli enigmi ambientali. In pratica, Justine è una versione ridotta ma intensa del classico gameplay sperimentato nel capostipite. L’esplorazione avviene in aree ridotte, a cui corrispondono delle vere e proprie trappole che richiamano quelle di Saw. In ogni area dobbiamo scegliere se salvare la nostra vita attivando la trappola stessa (portando alla morte di un malcapitato legato a quest’ultima) oppure metterla a rischio cercando di disinnescarla per uscirne vivi senza nessuno sulla coscienza.
Chiaramente, disattivare la trappola ci mette davanti a pericolosi enigmi ambientali e a situazioni poco piacevoli. Tutto questo è impreziosito dalla morte permanente, che aggiunge tantissima tensione. In ultimo, i finali multipli rendono questa breve esperienza estremamente rigiocabile.
Amnesia: A Machine for Pigs
Questo sequel di Amnesia propone un’esperienza horror semplificata e, per certi versi, meno carica di tensione degli altri due giochi della serie. A Machine for Pigs, infatti, ha una serie di semplificazioni che abbassano inesorabilmente il livello di tensione complessivo.
Tanto per cominciare, è stata rimossa la sanità mentale del protagonista. Questo significa che stare al buio non riduce la lucidità del nostro alter ego, dandoci modo di esplorare lo scenario senza nessuna pressione addosso. Allo stesso modo, la lanterna adesso ha soltanto la funzione di illuminare gli ambienti bui e non quella di mantenere stabile il nostro avatar. In aggiunta, non è più necessario consumare olio per tenerla accesa.
Anche l’inventario è stato rimosso, quindi i puzzle ambientali sono stati semplificati, dato che non richiedono più di raccogliere o combinare oggetti specifici. In pratica, siamo di fronte a un’esperienza meno profonda e meno spaventosa delle altre due.
Sono ancora presenti mostri e creature che si aggirano nell’ombra, che restano l’unico vero motivo di temere gli angoli bui. Il gioco riesce comunque a impaurire il giocatore, grazie a un sapiente utilizzo delle luci soffuse o lameggianti, nonostante non si respiri la stessa ansia onnipresente in Amnesia: The Dark Descent.
In generale, il porting per Nintendo Switch della saga è soddisfacente sotto ogni punto di vista, tuttavia ci sono alcuni difetti. La produzione sente chiaramente il peso degli anni per alcune meccaniche di gameplay che non sono invecchiate benissimo o per il modo di interagire con alcuni oggetti. Inoltre, quando si devono raccogliere piccole cose (come gli acciarini per le candele) si nota l’imprecisione delle levette analogiche.
Qualche compromesso tecnico
La realizzazione tecnica di Amnesia: Collection è accettabile. Il lavoro svolto dagli sviluppatori permette di godersi il gioco al meglio, senza i compromessi visti in altri porting per Switch. C’è da dire, tuttavia, che parliamo di un comparto grafico datato, figlio del suo tempo. Alcune volte possiamo vedere dei brevissimi cali di frame o dei glitch grafici, ma per fortuna sono casi sporadici che non inficiano sull’esperienza di gioco complessiva.
Il comparto artistico è davvero ottimo. I diversi scenari sono costruiti bene, con una buona alternanza tra luci soffuse e ombre e i mostri, soprattutto in Machine For Pigs, hanno un design intrigante. Gli sviluppatori hanno fatto un lavoro eccelso inserendo piccoli effetti che costringono sempre il giocatore a stare all’erta: folate di vento, soffitti che si scuotono per dei possibili passi, scarafaggi giganti e così via.
Chiude il cerchio un comparto sonoro semplicemente perfetto. I suoni più disparati accompagnano ogni nostra peregrinazione nello scenario. Denti che si stringono, ruggiti, pianti, fruscii, passi: c’è davvero di tutto. Molto spesso, questi suoni sembrano provenire da una posizione vicina, o da stanze in cui non dovrebbe esserci nessuno, donando una tensione costante all’esplorazione. Questo è visibile soprattutto in The Dark Descent, dove la pazzia di Daniel porta a situazioni davvero cariche di tensione.