Electronic Arts non ha mai brillato per essere una casa di produzione particolarmente affezionata alla sua utenza. Nota per essere una vorace elargitrice di DLC e microtransazioni, la società di distribuzione fondata da Trip Hawkins sembra però aver oltrepassato il limite del libero mercato. Paradossalmente non si parla di scorrettezze contro un potenziale rivale nello sviluppo videoludico, ma di un intero paese che si vede negare l’accesso al nuovo sparatutto free-to-play dei record, Apex Legends.
Sono giunte prove, infatti, suffragate dagli stessi community manager EA, che l’azienda abbia bandito il gioco in Iran
Disconnessioni improvvise. Questo è quanto ottenuto da Niloofar Ibrahimpour, utente iraniano, alla richiesta di spiegazioni sull’incapacità da parte dell’utenza del suo paese di entrare nei server. Il problema infatti si estende a tutte le piattaforme su cui è supportato il gioco (PC, PlayStation 4 e Xbox One).
Non ci vuole molto prima che la risposta giunga dai vertici della Electronic Arts.
Una risposta che nessuno vorrebbe mai ricevere, specialmente in tempi simili.
Embargo.
Sanzioni.
Pratiche dittatoriali e che onestamente lasciano pensare a regimi di controllo totalitario di ben poco lusinghiera memoria.
Questo il frutto dell’essere affiliati alla politica imperialista di un presidente xenofobo, la cui parte più vera mostrata al pubblico è riposta nel suo toupet (ed è tutto dire).
La Electronic Arts, con ipocrisia e una non certo velata vena di servilismo, ha affiliato la sua linea di pensiero economico a quella di un dittatore in boccio. So che queste mie parole, di cui mi assumo ogni responsabilità, possono sembrare forse troppo severe, troppo sferzanti. Che magari, riguardando un paese a maggioranza islamica, qualcuno possa pensare, nell’attuale clima politico mondiale, che si faccia solo un favore a diminuire gli spunti di “allenamento” per potenziali terroristi.
Forse.
O forse può voler dire che una casa distributrice di videogiochi, lungi dal riconoscere anzitutto il lato umano dei suoi fan, dei giocatori, degli utenti in tutto il mondo che hanno passato anni a fruire dei suoi prodotti, un’azienda che ha sempre -almeno nominalmente – fatto del rispetto della diversità e delle differenze il suo mantra, si sia rispettosamente fatta da parte, magari minacciata da ritorsioni governative alla soglia di un periodo di guerra tiepida (non così imminente, non così improbabile).
Minacciata da una politica di repressione del diverso, di paura fomentata da due ambiti – l’Islam e gli sparatutto – che vengono sempre più visti come un pericoloso accostamento.
Ma la EA non ha rilasciato dichiarazioni in merito, trincerandosi nel silenzio stampa, quindi a noi non resta che fare congetture.
L’affiliazione di Electronic Arts all’embargo americano dell’Iran, anche se solo per un videogame come Apex Legends, dà molto su cui riflettere, e so che probabilmente nessuno vorrebbe leggere di politica in un articolo su un videogioco, che in fondo non è che un semplice passatempo. Un modo come un’altro di evadere dalla realtà.
Lo capisco.
Ma non posso fare a meno di chiedermi: se mai fossimo noi italiani a essere visti come la minaccia, il problema, il potenziale peso da parte degli Stati Uniti, quanto ci metterebbero a fare lo stesso?
E in quel caso, chi si batterebbe per noi, se non abbiamo mai pensato che a noi stessi?
Non vorremmo essere difesi anche noi da quello che a tutti gli effetti è un sopruso bello e buono?
Per il momento, non resta che riflettere e stare pronti.
Stare saldi.
Stare uniti.