Il genere Roguelike rappresenta un pozzo senza fondo di idee e meccaniche esplorabili in ogni modo, che a quasi cinquant’ anni dalla sua nascita riesce ancora a risultare innovativo e fresco. I giochi di questo genere solitamente hanno come loro punto di forza una meccanica principale associata dal dover ricominciare da capo la partita nel caso della sconfitta o della vittoria del giocatore.
Ma cosa accadrebbe se si dovessero aggiungerne molteplici, generando un patchwork di sottogeneri e ambientazioni racchiuso in un singolo titolo? Apocalypse Party, dello sviluppatore cinese Breaker Games, sembra essere disceso dal cielo per donare a tutti gli appassionati dei Roguelike la risposta.
Apocalypse Party: la Trama
L’elemento ricorrente di Apocalypse Party, costante in ogni aspetto del suddetto prodotto è uno e uno solo: l’assoluta mancanza di costanza nelle sue scelte. Per quanto questo commento possa sembrare lapidario, è in realtà sia un difetto che un pregio all’interno del gioco
Nella trama, ad esempio, il nostro protagonista (senza nome, ma targato Hero all’interno del gioco) si trova nel mezzo di un’apocalisse zombie, che gli ha portato via sua figlia e sua moglie, lasciandolo solo con il suo desiderio di vendetta, apparentemente esaudito grazie al completo stravolgimento del contesto prestabilito dal gioco.
Difatti, un’entità angelica lo trasporterà in una realtà parallela per combattere quella che sembra essere la causa dell’apocalisse del mondo moderno in cui si trovava, ma all’interno di un contesto medievale fantasy affrontando non più solo gli zombie, ma mostri di qualunque tipo, quali goblin, orchi, elfi e chi più ne ha più ne metta.
Questo radicale stravolgimento sembrerebbe fuori contesto se ci fosse una linea di demarcazione fra il protagonista e l’ambiente circostante, ma dato che al giocatore sono messi a disposizione decine di altri personaggi provenienti da contesti diversi, come vichinghi, maghi, giocatori di Football, musicisti e ninja, la mancanza di un contesto di base sembrerebbe quasi voluta.
Comandi e Gameplay
Il gameplay principale è forse l’aspetto meno vittima della mancanza di costanza all’interno del gioco: il giocatore muove all’interno della mappa di gioco, che si espande mano a mano che quest’ultimo progredirà nella trama, il personaggio da lui scelto, che dispone un set di abilità uniche a loro volta riconducibile alla meccanica di level up principale, ovvero i Talenti.
I talenti sono potenziamenti ottenibili una volta accumulati un certo numero di punti esperienza dall’uccisione di nemici, e potenziano statistiche basilari quali la velocità di movimento e il danno a distanza/corpo a corpo, o anche più empiriche come l’ RNG del trovare talenti e armi più rare. I personaggi cominceranno la partita con a loro disposizione un talento e un’arma diversi l’uno dall’altro, che potranno espandere prendendo armi dello stesso tipo o talenti dello stesso ramo.
Per quanto i talenti siano un’ottima progressione che permette soddisfacenti risultati arrivati verso l’endgame della partita (circa 20, 30 minuti), essi sembrano valorizzare uno stile di gioco di più rispetto ad altri stili disponibili, ovvero il combattimento corpo a corpo.
I talenti, le armi e i personaggi basati sullo shooting, per quanto gradevoli da giocare, sono evidentemente più deboli di personaggi basati sul corpo a corpo, in quanto non sono presenti immediati potenziamenti o armamenti in grado di contrastare l’altra principale pecca del core gameplay, la radicale difficoltà delle orde di nemici.
A differenza di altri titoli roguelike basati sul contrastare orde di nemici, come il celeberrimo Vampire survivors o 20 Minutes Till Dawn, la mancanza di un timer implica una dispersione della difficoltà che risulta nel dover affrontare minuscole orde di nemici nei primi minuti di gioco che si trasformeranno in eserciti da lì a poco, punendo i giocatori che sottovalutano i propri danni o quelli che i nemici possono infliggere, rendendo il tutto una bolgia caotica che rischia di essere falciata in due fendenti o di cui venir travolti in pochi attimi.
La situazione è fortunatamente resa più bilanciata dalla meccanica in cui Apocalypse Party si dimostra più originale, ovvero il Multiplayer Online, che consente a fino un massimo di tre giocatori contemporaneamente la possibilità di affrontare le modalità storia o a orde infinite variando le proprie build in funzione di essere efficienti con qualsivoglia scelta che si intraprenda con i personaggi selezionati. Purtroppo però, forse dato anche dalla recente release del titolo, partecipare a una sessione multi giocatore è molto difficile data la mancanza di players o stanze disponibili.
Aspetto tecnico
Per concludere la sua nomea caotica, lo stile grafico e i comandi di Apocalypse Party non potevano certo essere esenti dal cozzare l’uno con l’altro in un modo stranamente armonioso.
L’artstyle presente nelle cutscenes, dettagliato ed elegantemente disegnato, si oppone allo stile low poly crudo del gameplay, che seppur bene animato e applicato nel combat, è abbastanza ripetitivo e simile in ogni personaggio e nemico, così come l’ambiente di gioco e gli effetti sonori presenti nel titolo.
Il sistema di controllo invece, disponibile sia per mouse e tastiera che per controller, è abbastanza semplice e intuitivo, dotato di meccaniche di agevolazione come l’auto-attack, ma fallace in scelte di design come in non poter fermare il gioco mentre si apre la mappa, occludendo la visuale e rischiando di intrappolarsi fra i nemici da soli, o la mancanza di lock-on system per poter sparare più facilmente utilizzando un controller.
Questa mancanza di stile artistico proprio e queste leggere pecche nei controlli però passano in secondo piano nel vivo dell’azione, dove il combattimento frenetico, il soddisfacente falcidiare orde di mostri e l’incalzante colonna sonora rendono questo prodotto una sorta di involucro, dove gli appassionati dei roguelike possono trovare tutto, ma proprio tutto ciò che li appassiona del genere stesso.